Monza, 27 gennaio 2025

Si parla tanto della guerra in Ucraina con il suo carico di morti, ma poco si dice dei soldati in prima linea, dei feriti nelle trincee, di quanto viene fatto per loro. Senz’altro la medicina sul campo di battaglia è sempre stata fondamentale per salvare vite umane, ma in passato era rudimentale. Al tempo delle campagne napoleoniche i morti in battaglia erano migliaia e tantissimi i mutilati, eppure Georges Blond, in La Storia della Grande Armée (Rizzoli) si chiede chi fossero gli uomini che, nonostante quanto avessero sopportato, sopravvissuti a terribili stragi, comunque si alzavano in piedi per il loro Imperatore ed addirittura tornavano alla guerra da “mutilati volontari”.

La copertina del libro “Storia della Grande Armée” di Georges Blond, pubblicato da Rizzoli

Nell’armata di Napoleone dal 1802 al 1815 si contavano ben 1.600.000 francesi oltre a tutti gli altri soldati e mercenari provenienti da diversi Paesi europei. Le loro vicende erano contenute nei Bulletin de la grande Armée distrutti durante la Restaurazione dalle amministrazioni comunali. I racconti in esse contenuti proseguirono per generazioni in tutti gli angoli della Francia ed avrebbero poi infiammato le fantasie romantiche.
Le perdite delle guerre dipendono dalle formazioni di battaglia (cavalleria, fanteria) e dalle armi a disposizione: archi, frecce, lance e armi da fuoco. Queste ultime hanno cambiato i parametri della battaglia, come succede ora nella guerra in Ucraina con i droni. Ma partiamo dalle armi da fuoco e da cosa è successo all’organizzazione sanitaria militare. Il concetto di assistenza medica distaccata non esisteva e i feriti morivano dissanguati in breve tempo. Il primo servizio rudimentale di ambulanza sui campi di battaglia venne istituito da Isabella di Spagna verso la seconda metà del 1400. Fu invece un chirurgo militare francese, Ambroise Paré (1510 – 1590) ad introdurre le prime pratiche di pronto soccorso, migliorando la sopravvivenza dei feriti con metodi meno cruenti e più efficaci. Ad esempio, sostituì la cauterizzazione con ferri roventi o olio bollente con una pomata fatta di tuorlo d’uovo e olio di rosa ed inventò la ligature dei vasi sanguigni dopo l’amputazione per diminuire il dolore ed il rischio di infezioni. Inoltre, abbreviò i tempi d’intervento portando il soccorso ai margini del campo di battaglia.

Ambroise Paré (1510-1590) in un ritratto di fantasia dipinto nell’Ottocento da William Holl

La diminuzione della mortalità avvenne con l’introduzione degli ospedali da campo. In Francia, durante l’assedio di Amiens nel 1597, fu istituito il primo servizio di Sanità, composto da ospedali fissi e da ambulanze che seguivano le armate. Con Napoleone queste postazioni mediche divennero un vero e proprio servizio sanitario di guerra ma lavorare come medico di guerra era problematico. Si legge che «i chirurghi, aiuto chirurghi e infermieri che (li) operavano e curavano erano purtroppo poco numerosi, sovraccarichi di lavoro e molto spesso privi di strumenti e di materiale sanitario».
Erano previste addirittura differenze di trattamento a seconda del corpo militare: la Guardia, ovvero le truppe scelte, avevano un trattamento privilegiato con migliori medici, chirurghi, più infermieri, bende, medicazioni e addirittura più ambulanze. A riportare il tutto ai giorni nostri, c’erano anche i commissari di guerra, ovvero dei civili nominati ufficiali incaricati della direzione generale e gestione degli ospedali militari e ambulanze che consideravano i medici degli scocciatori, solo perché chiedevano i mezzi per poter lavorare. Come dire, in due secoli, nulla è cambiato.

Louis-Francois Lejeune, “Il barone Jean Dominique Larrey cura un soldato nella battaglia di Mosca del 1812”

Riguardo al Triage, pratica che assegna la priorità di trattamento in base all’urgenza, è da ricordare Dominique Larrey (1766-1842), medico chirurgo che già da giovane si distinse durante la Rivoluzione francese e che in seguito Napoleone portò con sé in ogni conflitto per organizzare l’intera gestione sanitaria, come chirurgo in capo della Guardia. Sua è l’invenzione dell’”ambulanza volante”, chiamata così perché prima della fine della battaglia – quando era ancora vietato intervenire – Larry ed alcuni infermieri, quasi volando, portavano i feriti meno gravi in un posto sicuro per essere operati immediatamente e su quaranta, ne morirono solo 4. L’altro chirurgo militare innovatore che, insieme a Larrey, pose le basi per la chirurgia d’urgenza nella Grande Armée fu Pierre-François Percy (1754-1825), precursore nel campo dell’igiene con un test di fondamentale importanza: Della salute delle truppe della Grande Armée.

Antoine Jean Gros, “Napoleone durante la battaglia di Eylan”, 1808, olio su tela, Parigi, Museo del Louvre. Percy è raffigurato a sinistra dell’Imperatore mentre incita i soccorsi

Tentò di far approvare a Napoleone un progetto di riforma, “la creazione della chirurgia di Battaglia” per aumentare l’organico, ma chiedendo anche per i medici il titolo di ufficiali, ma quest’ultima richiesta non piacque a Napoleone che voleva tenere ben distinti i ruoli tra militari e civili: i primi utili per il suo obiettivo principale, i secondi no.

L’ambulanza volante, disegno tratto dal libro “Storia della grande Armée” di Georges Blond (Rizzoli)

L’organizzazione strutturale e la presenza di personale adeguatamente addestrato portò ad una svolta fondamentale per la sopravvivenza dei soldati feriti, pur lasciando ancora su campo un numero di morti impressionante. Per far un esempio, la grande Armée, nella battaglia di Lützen, perse 18.000 uomini tra feriti e morti e nelle file russe e prussiane se ne contarono 22.000. Ci sono però fattori esterni alla battaglia in sé che contribuiscono ad aumentare le vittime come le condizioni metereologiche, la conoscenza del territorio e la sua conformazione, le vie di comunicazione ed i movimenti delle truppe, oltre alla tecnologia bellica disponibile. Oggi, in particolare, è la tecnologia a disposizione che ha cambiato completamente le variabili della guerra. Come riporta un articolo recente della rivista medica inglese Lancet Ukrainian Battlefield (il campo di battaglia ucraino), quanto succede in Ucraina con l’utilizzo dei droni ha cambiato totalmente la medicina militare e la possibilità di soccorrere le vittime. I fronti del conflitto ucraino sono tre: il Donbas, la Crimea e Kiev. Questi tre fronti rendono particolarmente complesso il soccorso ma la discriminante vera è che gli staff medici in Ucraina vengono bombardati dall’artiglieria e dai droni in violazione delle leggi umanitarie internazionali. Non sono cambiate le pratiche mediche, ma tutto il contesto intorno relativo alla sicurezza. Inoltre, alcune attrezzature, come i respiratori, emanano delle emissioni elettroniche che vengono lette molto bene dai droni, facilitando gli attacchi.

La brigata Azov alla parata di Mariupol 2021 (foto di Wanderer 777)

Per aggirare il ritardo nell’evacuazione dei feriti dal campo di battaglia, ci sono dei “punti di stabilizzazione” a meno di un chilometro dal fronte dove si interviene anche chirurgicamente. Esistono linee guida per formare alla medicina militare anche personale non medico e le trasfusioni di sangue eseguite da militari adeguatamente addestrati direttamente al fronte è stato uno dei maggiori successi ucraini. La prima di queste trasfusioni in trincea è stata eseguita l’11 novembre 2023 dalla brigata Azov. Riguardo ai principali sistemi salvavita sul campo, oltre l’importanza dell’accesso al sangue, possiamo citare i tourniquet, dei particolari dispositivi per stabilizzare le emorragie agli arti. Il problema non è metterli, ma saperli togliere e l’addestramento è fondamentale per garantirne l’efficacia. Anche se, come ai tempi di Napoleone, il recupero dei feriti dal fronte di battaglia resta una delle discriminanti principali, l’addestramento adeguato dei soccorritori militari per salvare le vittime risulta un’arma fondamentale, ma non compresa appieno da chi è responsabile delle decisioni dall’alto e si preoccupa solo degli armamenti.

Un tourniquet, laccio emostatico di grandi dimensioni

In conclusione, possiamo dire che la guerra dei droni trasporta tutti noi in un contesto degno di tanti film di fantascienza, dove le perdite umane aumentano e le macchine sopravvivono. Le nuove tecnologie rendono i conflitti ancora più disumani. Invece di inviare armi, faremmo meglio ad inviare altri tipi di risorse fondamentali come sangue, attrezzature mediche e tourniquet, per aiutare a salvare quante più vite è possibile.

Immagine di apertura: un soldato ucraino cerca di soccorrere un compagno ferito durante l’attacco a Kursk (fonte: analisidifesa.it)

° Ha collaborato Sabrina Sperotto

Classe 1952, monzese, cardiochirurgo emerito, ha diretto per molti anni il Centro di Cardiologia e Cardiochirurgia De Gasperis di Milano all'ospedale Niguarda. È stato presidente dei cardiochirurghi italiani e si è sempre occupato di trapianto cardiaco, di chirurgia dell’insufficienza cardiaca, valvolare, dell’aorta, coronarica, mini invasiva ed in particolare, ha acquisito un'esperienza più che trentennale nell’ assistenza meccanica al circolo (Cuore artificiale). Ha eseguito oltre 2000 interventi e 300 trapianti di cuore. È membro di diverse società scientifiche come l’International Society for Heart and Lungs Transplantation, la Società Italiana di Ecografia Cardiovascolare ed ha partecipato alla commissione “Audit and Guidelines” della Società Europea di Chirurgia Cardio-Toracica. .È stato direttore di dipartimento e responsabile della definizione delle linee guida e dei protocolli diagnostici e terapeutici cardiochirurgici, dello sviluppo della ricerca scientifica e delle iniziative di innovazione clinica delle Unità Operative di Cardiochirurgia degli Ospedali Humanitas in Lombardia fino alla fine del 2014. È autore di oltre 300 pubblicazioni sulle più prestigiose riviste nazionali ed internazionali. Ha sviluppato insieme a Sabrina Sperotto, il progetto di educazione medico-culturale “HE-ART & Science” per gli istituti scolastici.

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