Milano 27 Giugno 2024

Sono diverse per storia di vita, formazione, statuto. Ma sono unite da un unico desiderio: individuare i moventi della lunga scia di delitti che ha insanguinato l’Italia nei decenni passati. Il dolore e gli inesplorati buchi neri sulla strage di via d’Amelio (1992), sui delitti della Uno bianca (1987-1994) e sui comunicati eversivi della Falange Armata (1990-1994) hanno spinto i famigliari delle vittime a costituirsi in associazione. Il Movimento Agende Rosse, l’Associazione vittime della Uno bianca e l’Associazione Famigliari vittime della Falange armata sono tre presìdi di memoria civile, il cui impegno negli anni si è tradotto, nei primi due casi, in contributo giudiziario.

L’ultima intervista prima della morte, rilasciata da Paolo Borsellino ai giornalisti francesi Jeanne Pierre Moscardo e Fabrizio Calvi (Canal +) il 21 maggio 1992

Il 19 luglio 1992, nella palermitana via d’Amelio, vennero uccisi da Cosa Nostra e da soggetti a essa esterni il magistrato Paolo Borsellino e gli agenti di Polizia Agostino Catalano, Claudio Traina, Eddie Walter Cosina, Vincenzo Li Muli ed Emanuela Loi. Il Movimento Agende Rosse nasce su input di Salvatore Borsellino, che vuole avere risposte sulle omissioni delle misure di sicurezza in via d’Amelio e sollecitare la memoria di alcuni rappresentanti istituzionali che incontrarono il fratello nelle sue ultime settimane di vita e che conoscono elementi decisivi per ricostruire lo scenario in cui maturò l’accelerazione della strage. Nei suoi ultimi mesi di vita, il magistrato riportò parte del contenuto delle sue investigazioni su un’agenda rossa ricevuta dall’Arma dei Carabinieri. Ripose l’agenda nella sua borsa di cuoio poco prima di recarsi dalla madre, in via d’Amelio, il 19 luglio 1992. Nella borsa trovata dopo l’esplosione l’agenda non c’era: chi se ne è appropriato può utilizzarla come potente strumento di ricatto nei confronti di coloro che, citati nelle sue pagine, scesero a patti con Cosa Nostra.

Eccidio di via d’Amelio. La foto mostra il capitano dei Carabinieri Giovanni Arcangioli mentre si dirige verso via Autonomia Siciliana con la borsa contenente l’agenda rossa del magistrato Paolo Borsellino

Nel 2019, la svolta. Angelo Garavaglia Fragetta, tra i fondatori del Movimento, riunisce ed esamina con il suo talento informatico tutti i frame dei video girati in via d’Amelio dopo la strage, così realizza un filmato che mostra i movimenti della valigetta del magistrato. Giunge alla scoperta di nuovi dettagli. Un uomo in divisa, l’allora tenente colonnello Emilio Borghini, comandante del nucleo carabinieri di Palermo, lascia l’auto di servizio in via Autonomia Siciliana per dirigersi a piedi, tra idranti, fumo e macerie, verso la Croma blindata di Borsellino, appena morto. Sono le 17.28. L’ora, calcolata da Garavaglia misurando l’ombra del sole sul muro del palazzo di via d’Amelio, è quella del prelievo della borsa del magistrato con l’agenda rossa. Alle 17.31, l’allora capitano Giovanni Arcangioli si allontana dal luogo dell’esplosione, con la borsa del giudice in mano, e si dirige verso via Autonomia Siciliana. Grazie al lavoro di Garavaglia che ha dimostrato il coinvolgimento di apparati dello Stato nella vicenda, proiettato in aula, Borghini e Arcangioli hanno deposto nel processo per il depistaggio di via d’Amelio e la Corte ha individuato e interrogato altri testimoni dei movimenti di quella valigetta: il giudice Nicola Mazzamuto e l’ex pm Giuseppe Ayala.

Bologna, 13 ottobre 2023. La presidente dell’associazione “Vittime della Uno bianca,” Rosanna Zecchi, commemora le vittime al monumento a loro dedicato nel giardino di viale Lenin

Una svolta processuale frutto dell’impegno civile di un’associazione delle vittime ha recentemente investito pure uno dei cold case italiani più torbidi: la banda della Uno Bianca, un gruppo di killer che  nell’arco temporale tra il 19 giugno 1987 e il 21 novembre 1994, attuò 103 azioni criminali, che causarono 24 morti e 102 feriti. Questo l’agghiacciante curriculum del sodalizio criminale che seminò il terrore tra Emilia Romagna e Marche fin quando i suoi membri, tutti clamorosamente nelle forze dell’ordine – i fratelli Roberto, Fabio e Alberto Savi, Pietro Gugliotta, Marino Occhipinti e Luca Vallicelli – non furono arrestati. Vito Tocci, carabiniere che con due colleghi fu oggetto di un agguato della Uno bianca, nel 1995 fondava a Rimini l’Associazione vittime della Uno bianca. Siccome il potenziale di violenza omicida delle azioni criminali della banda era sganciato dalla necessità, sproporzionato e in molte occasioni privo di scopo di lucro, crebbe nei decenni il sospetto che quei poliziotti fossero delle “pedine”, mosse in uno scacchiere di destabilizzazione nazionale.

I carabinieri Otello Stefanini, Andrea Moneta e Mauro Mitilini, appena uccisi dai killer della Uno bianca a Bologna, il 4 gennaio 1991

Il germe del dubbio si è consolidato al punto che il 24 maggio 2023, alcuni famigliari dell’Associazione, assistiti dai legali Alessandro Gamberini e Luca Moser, hanno consegnato alla Procura di Bologna e alla Procura nazionale antiterrorismo un esposto di 250 pagine, chiedendo la riapertura delle indagini. La richiesta è stata accolta dal Procuratore capo di Bologna Giuseppe Amato, nei primi giorni di gennaio. E così, per la prima volta dopo trent’anni, si è aperto un nuovo fascicolo d’inchiesta sulla Uno bianca per concorso in omicidio volontario a carico di ignoti. Le indagini sono state delegate a Digos e Ros. Secondo l’esposto, la Uno Bianca fu una banda di terroristi, «il cui obiettivo era in primo luogo spargere panico fra la popolazione», all’interno di un disegno eversivo più ampio, teso ad alimentare la strategia della tensione. Non sarà facile ottenere un successo giudiziario su omissioni e depistaggi: i reati sono prescritti, ma questo non preclude ai pm la possibilità di chiarire molti punti oscuri.

Roma, 25 marzo 2023: Presentazione dell’Associazione dei familiari delle vittime della Falange Armata alla Biblioteca Interculturale Cittadini del Mondo

Il 25 marzo 2023, a Roma, si costituisce l’Associazione dei famigliari delle vittime della Falange Armata. La Falange Armata comparve l’11 aprile 1990: con una telefonata all’Ansa di Bologna, rivendicò l’omicidio dell’educatore carcerario Umberto Mormile, colui che assistette ai colloqui tra uomini dei Servizi e ‘ndranghetisti. Dal ’90 al ‘94, la sigla di copertura del Sismi emise un migliaio di comunicati, firmò e rivendicò centinaia di crimini, che provocarono 51 morti. Scopo: giungere a una pacificazione tra le mafie e settori degli apparati di Stato. Processualmente, i suoi crimini sono rimasti privi di una visione d’insieme. L’Associazione, il cui promotore è Stefano Mormile (fratello di Umberto), vuole collocare i fatti in un disegno unitario, proprio come il procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, che ha indagato sulle commistioni tra organizzazioni mafiose, Falange armata e ambienti politici-massonici di quegli anni. Le sue risultanze sono state accolte dalla Corte d’Appello, con una sentenza emessa lo stesso giorno della nascita dell’associazione.

Immagine di apertura: Manifestazione in via d’Amelio del Movimento delle agende rosse

Classe 1987, lombardo, ha studiato Filosofia all’università di Bergamo, ma continua a fare ricerca sui temi che lo interessano. Appassionato lettore e amante della scrittura, ha intrapreso un’attività giornalistica per varie testate cartacee e online. Molto attento alle vicende di storia e di intelligence, ha collaborato con Ferruccio Pinotti al libro “Untold, la vera storia di Giangiacomo Feltrinelli”, pubblicato da Round Robin nel 2022. Nel 2023, insieme a Maurizio Fiorentini, ha pubblicato "The Masquerade" con Frascati & Serradifalco Editori. Si divide tra la ricerca storico-filosofica e il giornalismo.

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