Pavia 27 Giugno 2023

La scena si apre con un coro che, rivolto agli spettatori, grida il ritornello «siamo sani, siamo sani, siamo sa…, siamo sa..», come cantando sulle note di «Frà Martino campanaro…». Sono gli attori dell’Accademia della follia, la compagnia teatrale dei “Matti di mestiere e Attori per vocazione”. Siamo a Venezia, dove una manifestazione giunta alla sua tredicesima edizione dichiara di seguire lo stesso impulso di Franco Basaglia (1924-1980), lo psichiatra nato nella città lagunare che mise in moto il processo che ha portato alla chiusura dei manicomi (legge Basaglia 180/1978): ricondurre la follia “là dove essa ha origine, cioè nella vita”. È il Festival dei matti.

Franco Basaglia (1923-1980), psichiatra, in uno scatto della maturità (fonte: Fondazione Franca e Franco Basaglia)

Questa parola cruda ci riconsegna subito a ricordi di tanti anni fa. Ai vecchi manicomi del secolo scorso, agli elettroshock da fare a tutti i pazienti, tutti i giorni. Al fetore degli escrementi di chi veniva legato al letto per giorni; agli sguardi vuoti e senza speranza. Però ci ricorda anche che dopo questo inferno è successo qualcosa, è passato qualcuno che con attenzione e scrupolo, come ha scritto lo psichiatra Franco Rotelli, uno dei primi collaboratori di Basaglia, “si è preso in carico i loro errori che hanno permesso la nostra intelligenza”, cioè: «Noi pazienti siamo gli errori che permettono la vostra intelligenza». Ed è proprio rincorrendo la scia di Franco Basaglia e di sua moglie Franca Ongaro che Anna Poma, psicoterapeuta e filosofa, ha ideato questo appuntamento sulla laguna che dal 2009 è occasione di incontro e confronto per chi si occupa di psichiatria e cura, ma anche di filosofia, letteratura, riabilitazione.
In Italia, ma anche nel resto del mondo occidentale, possiamo definire conflitto quell’inquietudine che attraversa la storia della psichiatria e che si confronta quotidianamente con una forma dello Stato sempre più neoliberale, che vorrebbe che tutti noi ci considerassimo soltanto dei consumatori, trasformando così le nostre vite in un prodotto commerciale. Inoltre ci si deve misurare sempre più con un oceano mediatico ingombrante che non ci permette di individuare il vero dal falso.

Lo spettacolo TU CHE MI FAI presso il teatro Politeama Rossetti di Trieste (foto di Simone De Luca)

La delimitazione tra normalità e follia, cioè tra chi può essere accettato e chi deve essere escluso, prende a prestito la manicomialità come tecnica, che diventa così un modello di esclusione e controllo sempre più raffinato.
A ricordarci che quella di Basaglia è stata una grande operazione di “immaginazione politica e terapeutica” ci pensa la compagnia teatrale, ospite fissa del Festival, nata proprio all’interno del vecchio ospedale psichiatrico di Trieste, coinvolgendo attori che sono portatori di disagio e disturbi mentali. «La compagnia produce uno spettacolo teatrale all’anno – spiega Cinzia Quintiliani, organizzatrice del gruppo e compagna di Claudio Misculin, attore e regista fondatore del gruppo, scomparso nel 2019 -. Per tre anni consecutivi abbiamo attraversato il Brasile con Stravaganza, un testo teatrale di Dacia Maraini che racconta le avventure di cinque pazienti ricoverati in manicomio, due donne e tre uomini, che si raccontano a partire dal giorno in cui vengono a sapere che è stata approvata la Legge 180 e che da quel momento se ne dovranno tornare a casa, con tutti i problemi che ne seguiranno».

Claudio Misculin scomparso nel 2019 (in primo piano) e Dario Kuzma

Una tragicommedia che tuttavia fotografa quello che realmente è accaduto a tutti i vecchi ospiti dei manicomi. «Dopo il grande successo ottenuto – racconta Cinzia Quintiliani – la cosa fantastica fu che in Brasile ci chiesero di fare per loro qualcosa di simile. Ne uscì La nave della libertà, O navio da liberdade, una piece che è ancora in cartellone». Ora l’Accademia della follia sta preparando lo sbarco in Colombia. «Sono opere valide in qualunque posto e per qualunque psiche» aggiunge.
L’Accademia della follia, fondata nel 1992 da Claudio Misculin (che già nel 1976 aveva creato il primo teatro di matti), Cinzia Quintiliani e Angela Pianca, oggi è costituita da Angela Pianca, psicologa e attrice, Sarah Taylor, ballerina e coreografa, Alice Gherzil, psicologa, musicoterapista e cantante. Per l’anno prossimo, in cui ricorreranno i 100 anni dalla nascita di Franco Basaglia, sta preparando uno spettacolo dal significativo, ma per ora provvisorio, titolo: La follia racconta Basaglia.
Tutte le prove vengono fatte presso l’ex ospedale psichiatrico di Trieste, dal lunedì al venerdì al Parco di San Giovanni, via Edoardo Weiss, mentre per quanto riguarda gli spettacoli gli attori si spostano ovunque vengano chiamati, solitamente al Teatro stabile di Trieste, il Politeama Rossetti, ma sono andati spesso anche a Firenze nell’”Estate fiorentina”, per non parlare delle tournée all’estero.
Il metodo di Claudio Misculin, nato nel 1954, attore e regista teatrale che si è formato nell’esperienza pratica dell’ospedale psichiatrico di Trieste collaborando attivamente con il gruppo dei basagliani, è incentrato su un profondo lavoro sul corpo ma soprattutto sulla “memorizzazione dinamica” che lui stesso ha inventato. I suoi Matt-attori, come li chiamava, imparano i testi correndo.

Foto di gruppo presso la Direzione del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste

Considerando giustamente il cervello come l’organo più stressato, cercava in questo modo di legare le capacità mnemoniche al corpo stesso, così da renderle indelebili. Equivarrebbe all’esempio del balbuziente che non incespica solo quando canta.
«Era solito affermare – conclude la moglie Cinzia – che il matto può diventare un talento artistico se si creano opportunità di esplorare e di mettere in scena altre maschere oltre a quella unica di malato, e che l’arte ha in sé una magia, oppure non è arte».

Immagine di apertura: Manifesto dello spettacolo Noi sappiamo i nomi  (foto di Valentina Ambrosi)

  • le foto del servizio sono una gentile concessione dell’Accademia della follia

Nato a San Giorgio di Lomellina, ma pavese di adozione, si è laureato in Filosofia e Psicologia a Pavia, dove ha risieduto dal 1975 al 2015, mantenendo attività clinica e didattica e dal 1999 è stato docente di "Tecniche di riabilitazione psichiatrica" nell'ateneo pavese. Psicoanalista e Arteterapeuta, allievo di Sergio Finzi e Virginia Finzi Ghisi è membro dell'associazione "La Pratica Freudiana" di Milano, dove dal 2000 ha tenuto seminari. Fondatore di "Tracce di Territorio", associazione no-profit con sede in Lomellina, è tra i promotori di gruppi di studio di Psicoanalisi e laboratori di Arteterapia. Ha pubblicato con Selecta : "L'insonnia", "Problemi etici in psichiatria", "Guida illustrata ai farmaci in psichiatria" Disegnatore anatomico, ha lavorato per diversi ospedali e per il "Corriere della Sera". Le sue opere sono state esposte recentemente nelle sale del Museo per la storia dell'Università di Pavia.

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