Milano 27 novembre 2024
Andrea Romanzi insegna lingue e letteratura scandinava all’Università di Milano. Buon conoscitore del mondo norvegese – ha insegnato all’università di Bergen – ha tradotto per Mondadori, dove è in uscita nei primi mesi del 2025, il libro “Da vi var yngre” (Quando eravamo più giovani) del diciannovenne Oliver Lovrenski, pubblicato in Norvegia dalla casa editrice Aschehoug, subito bestseller. Il romanzo descrive il mondo giovanile multietnico di alcune zone di Oslo, città in cui è ambientata la storia. Ma quello che più ha colpito Romanzi è il linguaggio del libro, frutto del multiculturalismo, della globalizzazione e della pervasività dei nuovi media nelle nostre vite. Un linguaggio nuovo che cerca di raccontarci……
Nell’autunno del 2023, un nome ha riecheggiato senza sosta tra le mura delle case editrici norvegesi: quello di Oliver Lovrenski. Non ancora ventenne, mentre attraversa i Balcani in autobus – un viaggio che assomiglia più a una fuga che a una vacanza – Oliver Lovrenski comincia a digitare sullo schermo del suo smartphone e a raccontare una storia molto simile a quella della propria vita. Pochi mesi dopo, quelle pagine digitali prendono la forma di un lungo manoscritto che raggiunge le scrivanie degli editori del paese scandinavo. Da quel momento in poi, non si fa altro che parlare di Oliver e il suo romanzo Da vi var yngre (Quando eravamo più giovani), viene pubblicato dalla casa editrice Aschehoug alla fine di settembre 2023 diventando immediatamente un bestseller.

Gli scaffali delle librerie si svuotano non appena vengono riforniti, le recensioni lo acclamano, le presentazioni del libro assomigliano a concerti rock, e le candidature a premi letterari si susseguono. Il romanzo conquista rapidamente lettori e critica, consacrando il diciannovenne Lovrenski come uno degli autori emergenti del panorama letterario contemporaneo. Anche le case editrici straniere si accorgono del fenomeno Lovrenski. Inizia la corsa per accaparrarsi i diritti all’estero, e ora il romanzo è in traduzione in oltre dodici lingue. In Italia, è stato acquistato dalla casa editrice Mondadori e l’uscita è prevista per i primi mesi del 2025. La storia segue le vicende di Ivor, Marco, Arjan e Jonas, quattro adolescenti che vivono nella zona orientale di Oslo, tra i quartieri Tøyen e Grønland. In un contesto segnato da difficoltà sociali, disuguaglianze e tensioni culturali, i protagonisti cercano di costruirsi una identità propria, districandosi tra le aspettative della società in cui vivono e le complessità derivanti dalla loro condizione di immigrati di seconda generazione. Alla ricerca di una svolta, abbagliati dai modelli di fortuna e facili ricchezze resi popolari dai social media, i quattro amici rimangono invischiati nei meccanismi della microcriminalità della capitale norvegese, tra consumo di droga, spaccio, rapine e lotte tra gang rivali. Ma la vera protagonista del romanzo di Oliver Lovrenski è la lingua usata dall’autore: una fotografia iperrealista e ipercontemporanea del linguaggio giovanile e multiculturale.

Tradurre Da vi var yngre è stato uno dei lavori più impegnativi e affascinanti che mi siano capitati negli ultimi anni: il romanzo mi ha permesso di misurarmi con una dimensione linguistica e culturale in continua evoluzione, una lingua che si confronta con fenomeni sociali attualissimi come il multiculturalismo, la globalizzazione e la pervasività dei nuovi media nelle nostre vite. Questo linguaggio, vivo e pulsante, si caratterizza per una complessità stilistica e sociolinguistica unica. Lovrenski combina elementi dello slang giovanile, linguaggi dei social media, influenze di lingue diverse e frammenti transculturali che riflettono la multietnicità di alcune zone di Oslo, città in cui è ambientata la storia. La varietà linguistica predominante, nota in Norvegia come kebabnorsk (norvegese kebab), oggi spesso chiamata urban norsk (norvegese urbano), si è sviluppata negli ultimi decenni nelle aree orientali e nord-orientali della capitale norvegese. Questo multietnoletto, come è stato definito in ambito sociolinguistico, è il risultato del contatto tra diverse lingue e culture, una caratteristica tipica delle comunità multiculturali. Nel caso della lingua usata nel romanzo di Oliver Lovrenski (nato da papà norvegese e mamma croata), si fondono elementi di norvegese, inglese, arabo, somalo, croato e altre lingue parlate dalle comunità immigrate della città. Questa forma di linguaggio non è solo uno strumento di comunicazione, ma rappresenta anche un mezzo per esprimere identità sociali complesse e appartenenze culturali. Lovrenski cattura magistralmente questa realtà, rendendo il suo romanzo una testimonianza autentica della vita della capitale norvegese, rendendo visibili le voci di chi vive una condizione identitaria sfaccettata all’interno della società globalizzata e post-migrante.

In questo senso, la lingua utilizzata dall’autore gioca un ruolo fondamentale: il kebabnorsk non è solo il mezzo di comunicazione tra i personaggi, ma anche un simbolo di appartenenza. Come ha dichiarato Lovrenski, il suo obiettivo era raccontare il mondo attraverso gli occhi dei giovani protagonisti, senza filtri, utilizzando un linguaggio vivo e pulsante. Tradurre un’opera così radicata in un contesto culturale e linguistico specifico ha richiesto un approccio meticoloso. Ho scelto di mantenere il più possibile termini ed espressioni originali, corredandoli di un glossario esplicativo, in linea con la scelta di Lovrenski, che ha incluso un glossario nella versione norvegese.
Cercando di evitare di collocare il testo in un’area geografica italiana specifica, rispettando così l’ambientazione originale, ho tentato di preservare l’atmosfera di alterità culturale e sociale, mantenendo il linguaggio provocatorio e gergale che pervade il romanzo.

Lovrenski non è il primo autore scandinavo a utilizzare il multietnoletto nella propria scrittura: prima di lui, esempi famosi sono quelli dei connazionali Zeshan Shakar e Gulraiz Sharif, o gli svedesi Mikael Niemi e Jens Lapidus, o il giovane poeta danese Yahyah Hassan.
Oliver Lovrenski afferma di voler «bruke erfaringene til noe godt», ossia usare le sue esperienze – le stesse che lo hanno spinto a scrivere questo romanzo – per qualcosa di buono. «Spero che il libro venga letto anche a scuola», confida in un’intervista per il quotidiano norvegese VG, «forse tra due anni arriverà un nuovo esordiente che scriverà la sua storia grazie al mio libro».
Immagine di apertura: giovani per le strade di Oslo (foto di Nick Night)