Milano 23 Gennaio 2021
Essere colpiti da un tumore nella fase più impetuosa dell’esistenza, in quel periodo così magicamente inquieto che intercorre tra la pubertà e la vita adulta, significa venire inibiti da una museruola proprio nel momento in cui si scalpita per mordere il mondo. Ecco perché le cure “fisiche”, quelle offerte dalla scienza medica, non bastano. C’è anche bisogno di consentire a un giovane di esternare la rabbia. Sacrosanta. E la paura, altrettanto legittima. Nell’universo di questi pazienti così speciali, insomma, urge l’intervento di una medicina “ancillare”, ausiliaria.
Ma impagabile e potente. È questa: reinventare in qualche modo le coordinate della propria quotidianità esprimendo liberamente le angosce, le speranze, il desiderio di rivolta. Il dottor Andrea Ferrari lo sa benissimo. In forze all’interno della Pediatria oncologica, diretta dalla dottoressa Maura Massimino, dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, è il promotore e coordinatore del «Progetto Giovani». Creato nel 2011 grazie al sostegno dell’Associazione Bianca Garavaglia Onlus, il «Progetto Giovani» ha radicalmente rinverdito il concetto di “terapia”, costruendo in reparto, proprio a fianco delle stanze di degenza, delle salette multifunzionali. Qui gli adolescenti, accanto all’eccellenza dei trattamenti specialistici e al sempre prezioso supporto psicologico, possono contare su una comfort zone in cui diventa possibile sentirsi a proprio agio, nel pieno controllo della situazione. Un habitat unico, un club esclusivo per ritrovarsi con gli amici, trasmettersi reciprocamente l’energia necessaria per non mollare, confidarsi, abbracciarsi, ridere. E, sì, anche piangere.

Il pensiero di Ferrari è illuminante: «L’obiettivo è occuparsi non solo della patologia, ma anche del vissuto dei nostri ragazzi, alimentando all’interno dell’ospedale la loro normalità, la loro creatività». Ecco la parola chiave: creare. In seno al «Progetto Giovani», infatti, il disagio a tratti straziante di questi adolescenti non si limita a tradursi in un mero “sfogo” interpersonale. In una manciata di parole che… se ne vanno via nel vento, per dirla alla Bob Dylan. Ci s’inventa un nuovo domani anche e soprattutto attraverso il lavoro artistico. Già: il «Progetto Giovani» è alta qualità della cura (con l’accesso ai giusti protocolli clinici) e nel contempo grande palestra dell’anima. Perché i ragazzi che vi transitano, tra una seduta di chemio e l’altra, producono frutti artistici buonissimi e saporiti. L’arte, insomma, diventa percorso di cura, «portando la bellezza in ospedale», commenta Ferrari, «e regalando ai ragazzi strumenti nuovi per raccontarsi». E offrendo, aggiungiamo noi, un senso di futuro e di continuità con la vita, che è poi la migliore benzina per ripartire dopo la diagnosi di cancro e i cicli impegnativi di terapia.

E così dalla fantasia dei pazienti di Ferrari sono scaturite nel tempo numerose e acclamatissime iniziative: la video-canzone Palle di Natale, una strabiliante hit virale (su YouTube ha collezionato quasi 16 milioni di visualizzazioni), il fumetto Loop – Indietro non si torna (pubblicato da Rizzoli Lizard), la mostra fotografica Ri-Scatti (allestita al Pac, il Padiglione di Arte Contemporanea, di Milano) e da ultimo il calendario fotografico YOUth 2021 (www.abianca.org/bottega-natale), elaborato tra maggio e settembre 2020 e dunque in piena pandemia, una prova ulteriore – se mai ce ne fosse bisogno – di come la forza dello stare insieme, anche a distanza, smuova le montagne. «Questo lavorare tutti a braccetto, noi e i medici, è meraviglioso», dice Isabella, in cura per un osteosarcoma. «Sì, sono iniziative artistiche che ti fanno tornare la voglia di essere belli», aggiunge Martina, approdata qui per un rabdomiosarcoma. E Lorenzo, in terapia per un tumore cerebrale: «Per me il Progetto Giovani è entrare in questa stanza e… non aver bisogno d’altro».

E allora si capisce perfettamente il riconoscimento dell’Ambrogino d’Oro conferito al «Progetto Giovani» nel 2018 dal Comune di Milano: questa realtà ha dimostrato di rappresentare un modello innovativo di cura globale. Da esportare e diffondere sul resto del territorio nazionale. Perché il cancro ogni anno coinvolge 800 ragazzi italiani, fra i 15 e i 19 anni. Ma anche tra mille e 2 mila persone nella fascia d’età 20-29. Nel complesso, 20 mila individui in Europa. Adolescenti e giovani adulti colpiti da forme tumorali che – questo è il dilemma – sono invece tipiche dell’età infantile. Individui che pertanto, per la subdola ambivalenza della loro malattia, rischiano di subire drammatici ritardi diagnostici e terapie non specifiche. Per capirsi: un adolescente ha meno probabilità di guarire rispetto a un bambino con la medesima malattia. Il «Progetto Giovani» offre dunque la chance, come ribadisce la dottoressa Massimino, «di ricevere le cure giuste, nei tempi giusti e nei luoghi giusti». Ma con passione, professionalità, tanta fatica e parecchia… magia, i ragazzi e lo staff del Progetto hanno anche saputo trasformare l’ospedale – struttura pubblica che è emblema dell’eccellenza cittadina ma comunque soggetta alle regole che governano gli istituti di ricerca e di cura – in un luogo in cui si può arrivare a promuovere l’arte. E a generare cultura. Che è sempre un lenimento dell’animo umano.
Immagine di apertura: I ragazzi del “Progetto Giovani” dell’Istituto dei tumori di Milano posano con le felpe e le magliette YOUth, create da loro con l’aiuto della stilista Gentucca Bini. Foto: ilprogettogiovani.org