Milano 25 Maggio 2021
Il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), la declinazione italiana del Recovery Plan europeo volto al rilancio economico post pandemia, è ormai avviato. Si tratta di un programma di investimenti senza precedenti, del valore di 222 miliardi di euro, che toccherà vari comparti economici, con particolare attenzione alla digitalizzazione e al contrasto al cambiamento climatico. Mentre permangono dubbi (si spera infondati) su tempi e modalità di erogazione dei fondi da parte di Bruxelles, anche i risparmiatori si interrogano sugli strumenti su cui investire, alla luce del nuovo volano finanziario. Posto che obbligazioni e titoli di Stato continueranno almeno per qualche anno a pagare cedole ridotte, è il mercato azionario a essere maggiormente “gettonato”.

Ma su quali comparti e su quali titoli puntare? Molti analisti si sono già esercitati in proposito. E le conclusioni sono state più o meno le stesse: privilegiare le azioni delle cosiddette utilities (società che erogano servizi di pubblica utilità), delle infrastrutture, delle telecomunicazioni e del digitale. Per quanto riguarda la Borsa italiana, la scelta non è vastissima, ma non mancano le aziende “papabili”, tenendo conto anche di altre caratteristiche importanti, come la dimensione e soprattutto la solidità patrimoniale. Fra le blue-chips, le società primarie che compongono il paniere dell’indice Ftse-Mib, non possono mancare per esempio A2A, Hera e Terna, ma anche Italgas e Snam, che potrebbero a loro volta trarre beneficio dallo sviluppo delle tecnologie legate all’idrogeno. Una grossa fetta dei finanziamenti europei (oltre un terzo del totale) dovranno poi essere destinati all’ambiente. E in questo campo molti puntano su Enel, che già oggi è una delle più importanti produttrici di energia verde a livello mondiale, con quasi 40 gigawatt di potenza installata.
Un report di Deutsche Bank ha ribadito di recente l’apprezzamento nei confronti del colosso elettrico italiano per quanto riguarda sia la crescita degli utili sia i consistenti investimenti effettuati nelle energie rinnovabili.

Poi c’è il capitolo telecomunicazioni. Secondo uno studio di Intermonte Sim, «gli incentivi previsti per la transizione 4.0 delle piccole e medie industrie relative alla digitalizzazione e all’adozione del cloud dovrebbero indirettamente dare impulso al profilo di crescita di Tim». Le azioni della società telefonica, tra l’altro, nonostante i recenti progressi, sono considerate da molti osservatori ancora sottovalutate. Sul fronte delle infrastrutture, Buzzi-Unicem e Cementir hanno buone chances di sviluppo in quanto produttori di cemento, mentre Webuild, il colosso delle costruzioni nato dalla fusione tra Salini Impregilo e Astaldi, potrebbe aggiudicarsi gran parte delle grandi opere, un settore nel quale è leader mondiale.
C’è poi chi scommette sullo sviluppo dei pagamenti digitali. E in questo caso il titolo maggiormente citato è quello di Nexi che dopo l’annuncio della fusione con Sia ha gettato le basi per la nascita di un campione nazionale nel settore, con un valore in Borsa stimato intorno ai 15 miliardi di euro.

Altre società coinvolte nella realizzazione del Piano (sottoposto, è bene ricordarlo, alle periodiche verifiche dell’Unione Europea sul rispetto dei tempi di attuazione) sono StMicroe-lectronics, colosso italo-francese leader mondiale nella produzione di semiconduttori; poi Falck Renewables, la cui stessa ragione sociale rimanda proprio alle energie rinnovabili. Grandi prospettive, infine, potrebbero aprirsi per tutte le aziende coinvolte a vario titolo nel processo di digitalizzazione del Paese, che occupa una parte importante del documento inviato dall’Italia a Bruxelles. Qualche nome? Innanzi tutto Tinexta, in pole position per la parte che riguarda la pubblica amministrazione. Poi Reply, Sesa e Inwit, leader nelle infrastrutture per le comunicazioni.
In conclusione, la scelta va fatta sempre con ponderazione. Molti dei titoli citati hanno già fatto molta strada e potrebbero quindi avere già incamerato nella quotazione le aspettative degli operatori. È bene dunque esaminare caso per caso, guardando alle performance già raggiunte e, soprattutto, ai cosiddetti “fondamentali” delle singole imprese, cioè i dati economici di base (ricavi, patrimonio, redditività) confrontati con quelli dei competitor e con quelli medi del settore di appartenenza.
Immagine di apertura: foto di Gerd Altmann