Milano 27 Settembre 2023

Accolgono i visitatori uccidendoli con le frecce, o, se va bene, mostrando loro il fondo schiena. Nel 2006 e nel 2018, hanno fatto la pelle a chi ha osato avvicinarsi, o tentato di sbarcare: due pescatori di frodo ubriachi e un fanatico missionario dell’Alabama. Nel 1975 rischiò di restare infilzato anche il controverso Leopoldo III re del Belgio, che in esilio si dilettava di difendere flora, fauna e popoli in via di estinzione. Una freccia gli sfiorò il naso e lui si disse molto eccitato. Dal 1880 hanno permesso lo sbarco pacifico solo rarissime volte. Chi li vuol vedere, deve usare i droni, se il governo indiano autorizza. Da ciò la nomea di isola più misteriosa e pericolosa del mondo. Non è così, ma i miti sono facili a crescere e duri a morire.

L’isola di North Sentinel fotografata nel 2005 (AP Photo/Gautam Singh)

Ma di che parliamo? Dell’isola di 50 mila anni prima, direbbe Umberto Eco. Si chiama North Sentinel Island, o Isola di North Sentinel, o Sentinella del Nord. Fa parte dell’arcipelago Andamane-Nicobare, nel Golfo del Bengala, uno degli otto territori della Repubblica indiana, a 1300 km da Chennai. È vasta 60 km quadrati, tre volte Lampedusa; ha (forse) 50/200 abitanti che vivono nudi, parlano una lingua indecifrabile, vengono da molto lontano…Il professor Peter Underhill, ricercatore del Dipartimento di Genetica dell’università di Stanford (California), autore di uno studio sul popolo delle Andamane, afferma: «I loro tratti fisici – bassa statura, pelle nera, capelli scuri, glutei prominenti – sono caratteristici dei Pigmei africani. Sembrano provenire dall’Africa, vivono su un pugno di isole in mezzo all’Oceano Indiano». Ma che ci fanno dei Pigmei a 8 mila chilometri dalla casa natia? Secondo un’ipotesi attendibile, deriverebbero da “migranti” partiti dall’Africa 50 mila anni fa. Fino a poco tempo si diceva che questa piccola porzione di terra non fosse rintracciabile su Google map. Un falso, come tante altre “storie” costruite sulla Sentinella. Ad esempio, che i sentinellesi, o sentinelesi, (questo il loro nome) amassero fare un solo boccone di chi osasse avvicinarsi.

Una delle poche immagini carpite a un sentillenese già pronto ad aggredire con arco e frecce

In realtà nelle carte geografiche la Sentinella ci è finita nel Settecento, epoca in cui, con il romanzo di Robinson Crusoe, le isole divennero l’archetipo del luogo al di fuori della società moderna, o civile, in cui vivere secondo regole legate al ciclo della natura. Effettivamente questo micro-territorio corrisponde a un certo immaginario planetario. La lontananza e l’isolamento hanno contribuito a crearvi intorno un alone di fascino, alimentato da una narrazione che risale a Tolomeo, a Plinio il Vecchio e a Marco Polo. Il veneziano, senza esservi stato, scrisse: «Sono idolatri, hanno una feroce faccia da cane, divorano tutti quelli che non sono dei loro». Ad alimentare leggende e paure ha contribuito, naturalmente, il comportamento degli abitanti, che sempre hanno difeso con archi e frecce il loro micro-paradiso. Essi sono stati talmente isolati che perfino il governo indiano si è scordato di loro nel primo censimento (1951).

Uno scatto dall’elicottero su un sentinellese che gli lancia contro le frecce. Siamo nel 2004 dopo lo tsunami (foto: Indian Coastguard Survival)

A fasi alterne come le maree o i monsoni, l’isola appare e scompare. Se è consentito un ricordo personale, chi scrive, il 4 gennaio 2005 sbarcò a Porto Blair, capitale delle Andamane-Nicobare, per seguire, per Il Corriere della Sera, le devastanti conseguenze dello Tsunami del 26 dicembre precedente. Numero imprecisato di morti (almeno 3 mila), spiagge stupende divorate dalla furia dell’oceano, coste devastate… Mi spinsi fino all’isola di Haveloc, meraviglia turistica, ridotta in condizioni spaventose, non molto distante dalla Sentinella, che nessuno citò mai. Si parlò solo di una sperduta, irraggiungibile, vietata, porzione dell’arcipelago, dove gli abitanti “primitivi” si erano salvati rifugiandosi sulle colline. La millenaria esperienza aveva insegnato loro a intuire l’arrivo dello tsunami. Tempo dopo si disse che un elicottero governativo per verificare l’esistenza di eventuali sopravvissuti venne accolto da una salva di frecce. Erano i sentinellesi, poi caduti nell’oblio. Tornarono alla ribalta il 26 gennaio 2006 quando uccisero due pescatori di frodo che si erano ubriacati e addormentati nella barca finita sulla barriera corallina. Per 12 anni, di nuovo il silenzio sulla tribù tra le più auto-segregate del Pianeta (secondo Survival International sono più di 100 i gruppi che vivono come loro).
Il 17 novembre 2018 il faro mondiale si riaccese sui Sentinellesi: avevano fatto la pelle a un missionario evangelista dell’Alabama, John Allen Chau, 26 anni. Chau, con una testardaggine suicida alimentata da un fanatismo senza pari, si era fissato di voler convertire “l’ultimo bastione di Satana sulla Terra”. Ignorando, fra l’altro, che avrebbe avuto difficoltà a spiegare agli isolani il mistero della Trinità. Pare, infatti, che sappiano contare solo fino a due… Comunque, le autorità si guardarono bene dal perseguire i colpevoli. Le leggi parlano chiaro: vietato avvicinarsi a meno di 9 km.

La copertina del libro “L’sola della sentinella” dello storico Benjamin Hoffmann, appena pubblicato da Gremese

Poi l’isola e i suoi sparuti popolatori si inabissarono di nuovo. Ora sono tornati a galla grazie al libro L’isola della Sentinella del francese Benjamin Hoffman, appena pubblicato in Italia da Gremese editore. Hoffman, 38 anni, francese, docente presso l’Ohio State University, si cimenta in una storia di due amici accomunati da una medesima ossessione: quella per questa isola e questo popolo tagliati fuori dalla civiltà moderna. Il merito del romanzo  è aver resuscitato l’interesse per questo testimone del nostro passato che non gradisce contaminazioni con il nostro presente. Il libro di Hoffmann, però, nel mischiare realtà e finzione, appare depistante: scrive che i sentinellesi sono scomparsi. Niente di più falso. Sono rimasti in pochi, ma resistenti e difesi dal governo indiano.
Nel 1880, l’ufficiale inglese, Maurice Vidal Portman, ne portò due gruppi a Port Blair, per ragioni di studio (disse), in realtà lascivamente colpito dalla loro nudità (misurò perfino il loro pene!). Una parte morì e gli scampati vennero riportati a casa. Lasciamoli in pace. La loro vita è tutta lì, in un ciclo che avrà fine solo quando madre natura toglierà loro quello che ha concesso.

Immagine di apertura: foto di Geralt

Nato e cresciuto in Sardegna, milanese di adozione, giornalista professionista dal 1973, alla sua carriera manca solo l’esperienza televisiva. Per il resto non si è risparmiato nulla: giornale del pomeriggio (La Notte), quotidiano popolare (l’Occhio), mensile di salute (Salve), settimanale familiare (Oggi), una radio privata per divertimento (Ambrosiana) e quindi 20 anni di “Corriere della Sera”, dove si è occupato di attualità nazionale e internazionale. Ha avuto anche un’esperienza di (mini) direttore per quasi due anni al Corriere, quando gli è stata affidata la responsabilità di “Corriere anteprima”, freepress pomeridiana. Laureato all’università Cattolica a Milano in Lettere Classiche, ma con una tesi sul cinema, ha provato a scrivere un libro (guida turistica) e non c’è riuscito.

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