Milano 27 Luglio 2023
Un piccolo libro per un grande lascito. Il terzo tempio è l’ultima opera del grande scrittore e drammaturgo israeliano Abraham B. Yehoshua, dato alle stampe in Israele pochissimi mesi prima della sua morte, avvenuta il 14 giugno dell’anno scorso. Ora viene pubblicato in Italia da Einaudi nella traduzione di Sarah Parenzo, la ricercatrice italiana che ha affiancato l’autore nei suoi ultimi anni. Scrittore noto in Italia, nel 2003 gli è stato conferito il Premio Giuseppe Tomasi di Lampedusa per La sposa liberata, edito da Einaudi.
Yehoshua ci consegna l’atto finale del suo pensiero, della sua battaglia, durata tutta la vita, alla ricerca di una soluzione pacifica del conflitto arabo-israeliano, un ultimo messaggio di pace, che ha il sapore di un testamento redatto prima della morte. È un breve romanzo in forma di dialogo, una pièce teatrale che si svolge nella sede del rabbinato centrale di Tel Aviv, esattamente nel dipartimento delle agunòt (plurale di agunà, cioè le donne che non riescono ad ottenere il divorzio dal marito, o anche donne che non possono sposare certe categorie di uomini).
In questo ufficio si dipana, alla presenza del rabbino Shoshani, capo del dipartimento, una controversia tra una giovane signora francese, Ester Azulay, fresca di conversione all’ebraismo, e il rabbino di Parigi, Modiano, suo educatore, ma anche suo aspirante (e respinto) amante. La vicenda si complica quando il rabbino Modiano, perfido, escogita un cavillo della normativa ebraica per ostacolare il matrimonio di Ester con il bel giovane di cui si è innamorata, David Mashiah (Messia). I giovani non possono opporsi al Rabbino, ma Ester si ribella e ne invoca la revoca.
E così, la giovane innamorata, spinta dalla vicenda personale, espone una sua visione dell’ebraismo più libera, meno fanatica e meno dipendente dai rigidi precetti rabbinici.
Visione che rispecchia, ovviamente, l’idea di Yehoshua. D’altronde il Messia, al cui avvento per la redenzione credono tutti gli Ebrei, fino al momento della sua venuta è “libero come un uccello”, non soggetto alle restrizioni formalistiche di un moderno scriba/fariseo.
Uno dei punti sui quali Ester si mostra determinata con il titubante rabbino Shoshani è proprio l’edificazione del terzo tempio, che dovrebbe seguire la venuta del Messia. E che dà il titolo al libro. «Non lo si può costruire – dice Ester – senza distruggere la chiesa e la moschea sorte sulle rovine del nostro tempio. Si incendierebbe il mondo con una terribile guerra fra le due grandi religioni nate dalla nostra. Dovrebbe invece trattarsi di un santuario modesto che cerchi di abbracciarle»…..
Ester mostra anche il luogo scelto per l’edificazione, fuori dalle mura della città vecchia tra la tomba di Assalonne e la valle di Genna e lì «non vi si eseguirà nessun sacrificio, né si rinnoveranno rituali, ma gli inni e i canti faranno sì che i nostri morti risorgano a nuova vita. Perché i nostri morti sono fin troppi».
È questo il grande lascito di Yehoshua: non può esistere un futuro di Israele senza il rapporto (dialogo) con gli arabi. Tutti gli ultimi drammatici avvenimenti (si pensi alla recente vasta operazione militare dell’esercito israeliano a Jenin) lo dimostrano. Testo breve ma intenso, ricco di spunti sia di riflessione sia di conoscenza. Il grande scrittore ha saputo fondere in poche righe pennellate di società israeliana, un compendio di dottrina religiosa e un grandioso messaggio di pace. Nella vicenda gioca un ruolo importante la presenza dei rabbini e delle loro ambizioni di potere. Il presidente del Tribunale di Tel Aviv, Halfon, che aspira ad ottenere il rabbinato di Parigi, in concorrenza con Modiano, si serve della giovane ebrea francese per mettere in cattiva luce Modiano e impedirgli di ottenere il prestigioso incarico. Fra i tre, solo Soshani appare quello integerrimo, rispettoso delle tradizioni e dei doveri familiari, ma allo stesso tempo sensibile e consapevole delle “colpe” dei colleghi e della deriva di Israele. Piange, infatti, dopo il discorso di Ester. Gli altri due tramano intrighi con l’ausilio della fede.
Il segretario è l’aiutante pratico, ironico che conosce i meccanismi politici e che incoraggia il rabbino Shoshani ad ascoltare la demonizzazione di Modiano per favorire sia il trasferimento a Parigi di Halfon, sia la loro ascesa al suo posto al piano superiore.
La teste francese rappresenta l’ebrea convertita dalla mente aperta e innovativa.
I dialoghi, accompagnati da un glossario finale, permettono di rinfrescare la memoria sulle basi della religione e della mentalità ebraiche e di risalire alla storia e alle vicissitudini di questo popolo. Alcuni passi del racconto di Ester sono chiare citazioni di due capisaldi della nostra letteratura come Dante e Manzoni. Non si può non pensare a Paolo e Francesca dell’Inferno dantesco e a certi personaggi de I promessi sposi!È un libro interessante che va letto come un aggiornamento su quella terra di Israele, bellissima, ricca di natura e di storia, incrocio di popoli che resta (e chissà per quanto ancora lo sarà) uno dei focolai di tensione del nostro pianeta.
Immagine di apertura: Isidor Kaufmann (1853-1921), Ritratto di un rabbino con lo scialle da preghiera, olio su tavola, collezione privata