Pavia 27 Luglio 2024

Reale e illusoria, solida e intangibile, presente e assente. Dalle opere dense di colore puro alle sculture monumentali, l’arte di Anish Kapoor prende forma attraverso un’intensissima indagine sul concetto di vuoto e di distorsione percettiva. La sua sperimentazione plastica tocca livelli altissimi, restituendo allo spettatore – parte fondamentale dell’opera, a cui è affidato il compito di interpretarne e ricomporne i contrasti – un’esperienza immersiva, destabilizzante per la sua potenza emotiva.

Anish Kapoor, Unless, 2022, Palazzo Manfrin, Venezia (fonte: Anish Kapoor)

Anish Kapoor nasce a Mumbai nel 1954, ma si trasferisce non ancora ventenne in Inghilterra per coltivare la propria passione per l’arte. Allievo di Paul Neàgu, sin dagli esordi negli anni Settanta manifesta un profondo interesse per i temi dell’androgino e della sessualità, colonne portanti di tutto il suo percorso artistico. Nel 1979 matura la consapevolezza di essere un artista di confine, un piccolo anello di congiunzione tra Oriente e Occidente, dopo essersi riconnesso con le proprie origini durante un viaggio in India. È come se Kapoor avesse trasferito questa consapevolezza nella propria arte, che si manifesta sotto forme enigmatiche, magneticamente attrattive, che rappresentano se stesse ma anche la propria antitesi, operando su un confine che tiene uniti gli opposti in uno stesso oggetto.

Anish Kapoor, “Void Pavillon”, 2018 (foto di Nobutada Omote)

Anish Kapoor è una figura di spicco nel panorama artistico scultoreo contemporaneo e un artista molto controverso che ha suscitato indignazione nella comunità internazionale degli artisti dopo l’acquisto, nel 2014, dei diritti esclusivi per l’utilizzo del Vantablack (Vertically Aligned NanoTube Arrays black) in campo artistico. Il materiale in questione, che Kapoor ha definito più una tecnologia che un pigmento, è stato inizialmente sviluppato dalla britannica Surrey NanoSystems. Il rivestimento – che frammenta la luce e la trasforma in calore, risultando in un’elevatissima capacità di assorbimento della radiazione luminosa – è più nero di ogni nero immaginabile, talmente denso da risultare irreale e l’artista ne riconosce immediatamente il grande valore per la propria opera.

Anish Kapoor, “Cloud Gate”, 2004-6, Millenium Park, Chicago, Usa (foto di Sean Pavone)

Contrariamente alle amate superfici specchianti che restituiscono forme e paesaggi, come il Cloud Gate di Millenium Park a Chicago, capaci di confondere i sensi e alterare la realtà, l’introduzione del nero più nero che esista nella sua opera lo conduce ad un elevato livello di sperimentazione sulla terza dimensione che si colloca al di là della sfera morale poiché risponde a un bisogno universale di ricerca del divino. In opere come Madonna o Void Pavillion (2018) i colori densi e pieni degli oggetti inducono l’osservatore ad allungare la mano nel tentativo di razionalizzare il nulla davanti ai propri occhi. Oltrepassata l’illusione della bidimensionalità, la mano penetra nello spazio improvviso del vuoto, dell’assenza o si scontra con protuberanze inattese. Tale gesto rappresenta una violazione dell’uomo che non sa fermarsi davanti all’incommensurabile e al sacro.

Anish Kapoor, “Madonna”, 1991, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia, Madrid, Spagna (fonte:andreapezzottablog)

Nel 2022 una grande retrospettiva sull’artista alle Gallerie dell’Accademia e Palazzo Manfrin a Venezia ha annunciato l’insediamento della Anish Kapoor Foundation in quest’ultimo edificio storico di Cannaregio, nel cuore del quartiere ebraico della città. Il palazzo, aperto eccezionalmente per l’occasione, ha accolto numerosissimi visitatori durante l’esposizione temporanea, ma è attualmente chiuso per i lavori di riqualificazione in vista dell’inaugurazione della fondazione.
L’edificio deriva da un antico palazzo dei Priuli edificato nella prima metà del Cinquecento, ancora visibile in alcuni resti sulla facciata posteriore. Dopo alcuni passaggi di proprietà, nel 1788 venne acquistato da Girolamo Manfrin che lo fece riadornare secondo i nuovi gusti neoclassici e ne riempì le stanze con una collezione di libri, di pezzi di storia naturale, ma, soprattutto, di quadri, rendendolo un vero e proprio museo, una sorta di anteprima delle Galleria dell’Accademia (istituite nel XIX secolo). Palazzo Priuli Manfrin presenta un’architettura pressoché unica nel panorama veneziano, con il salone a doppia altezza di tipica concezione palladiana e la facciata senza ornamenti che fanno di questo palazzo il prototipo di un proto-razionalismo che non trova altri riscontri nella città. La città di Venezia si arricchirà di un nuovo importante polo artistico culturale che promette di ospitare un denso programma di conferenze e laboratori per studiosi e artisti interessati alla storia, alle tecnologie e agli sviluppi della scultura.

Il Palazzo Priuli Manfrin nel quartiere ebraico di Venezia

Il progetto di recupero è stato redatto dallo studio veneziano FWR Associati e dallo studio UNA, con sede ad Amburgo, e si concentrerà sulla ristrutturazione degli spazi interni, mantenendo intatto l’antico apparato decorativo nell’ala di levante del Palazzo e assicurandone la conservazione. Benché non sia ancora noto il termine dei lavori, l’Anish Kapoor Foundation accoglierà al primo piano e al secondo piano nobile la collezione permanente con le sue opere più importanti e gli spazi dedicati alle mostre temporanee. I livelli superiori saranno riservati all’atelier, all’archivio e al deposito delle collezioni, mentre quelli inferiori ospiteranno le funzioni didattiche e ricreative.
La mostra estesa tra Palazzo Manfrin e le Gallerie dell’Accademia ha offerto una precisa anticipazione di quello che sarà il nuovo centro per l’arte contemporanea della città di Venezia: la scultura enigmatica e travolgente di Anish Kapoor invade gli spazi con una potenza viscerale, riempiendoli di interrogativi ai quali spetterà ai visitatori rispondere.

Immagine di apertura: Mount Moriah at the Gate of the Ghetto, Anish Kapoor, Palazzo Manfrin, Venezia 2022 (fonte: Anish Kapoor)

Giovane architetto pavese, formatasi al Politecnico di Milano e alla Pontificia Universidad Católica di Santiago del Cile, si è laureata con una tesi sulla valorizzazione paesaggistica del patrimonio UNESCO nel territorio tiburtino. Dal 2019 collabora a progetti di carattere editoriale con l’Accademia Adrianea di Architettura e Archeologia e alla didattica presso la facoltà di Architettura dell’ateneo milanese. Parallelamente agli studi prima e al lavoro poi, ha sempre coltivato una forte passione per l’arte, significativamente influenzata dall’insegnamento fondamentale di perseguire il bello nella realtà della vita quotidiana. Nel marzo 2022 scopre la pittura acrilica. Le sue opere sono state esposte in mostre collettive a Milano, Roma, Parigi e Berlino, dove è entrata a far parte degli artisti di Galeria Azur. Attualmente è collaboratrice di 24Ore Cultura per gli eventi presso Mudec, Palazzo Reale di Milano e GAM di Torino

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