Milano 21 Dicembre 2022
Contanti o carta di credito? Sostenitori e avversari di ciascuna delle diverse modalità di pagamento si sono affrontati sui social, nei dibattiti pubblici e sui giornali. La polemica (tutta italiana, poiché all’estero la materia non è di attualità come da noi) è spesso scivolata in una specie di scontro tra tifoserie. La polemica ha fatto comunque emergere una realtà non sempre ben definita. Da una parte i consumatori, dall’altra i commercianti, ma anche piccoli contro grandi esercenti. Senza tirare in ballo le considerazioni “etiche” (il contante favorisce il nero, le frodi e l’evasione fiscale), c’è un nodo di fondo, mai del tutto chiarito, che riguarda i costi. Uno studio di Bankitalia (peraltro datato: risale al 2016) dimostrerebbe che non è vero che il contante è totalmente senza oneri, perché bisognerebbe mettere in conto quanto si spende per la sicurezza (trasporto valori, assicurazione contro i furti, gestione delle casse) e addirittura il rischio di perdere un cliente se questi dispone soltanto del Bancomat o della carta.

Gli esercenti rispondono che gestire il Pos comporta il pagamento di commissioni ancora troppo elevate, che incidono maggiormente, in percentuale, sulle transazioni di piccola entità, come il costo di un caffè. Lo scorso anno il governo Draghi aveva tentato di spostare gli incentivi dai consumatori agli esercenti, portando al 100% il credito d’imposta sulle commissioni, ma la misura, in scadenza il 31 dicembre 2022, non è stata rinnovata. D’altra parte, incentivi a parte, il passaggio dal contante al digitale è tuttora in atto. Soprattutto in Italia. C’è in proposito un dato sorprendente: tra il 2017 e il 2021 secondo le statistiche ufficiali le transazioni portate a termine con le carte di credito da noi sono cresciute del 47%, contro una media europea del 18% (bisogna però ricordare che i principali Paesi dell’Ue erano partiti prima). Tra l’altro uno degli impegni legati al cosiddetto Pnrr, il piano destinato alla ripresa dell’economia dopo la pandemia da Covid, è proprio quello relativo al sostegno delle transazioni digitali.
Nel raffronto con il resto d’Europa, anche sul fronte delle commissioni richieste agli esercenti l’Italia si colloca già ora in una situazione migliore, con un costo medio dell’1%, mentre la media Ue è leggermente più elevata (tra l’1,1 e l’1,2%). Non solo. La maggiore piattaforma europea per i pagamenti digitali è italiana, così come ha sede nel Bel Paese la start-up che ha molte probabilità di diventare il maggiore operatore europeo nei pagamenti via telefono cellulare. Resta centrale il tema delle commissioni. Se è vero che negli ultimi anni i costi a carico dei commercianti sono diminuiti grazie alla concorrenza tra i vari operatori, è ancora viva la convinzione che il Pos (point of sale) sia troppo caro. Il pregiudizio riguarda la maggioranza degli esercenti. Ma c’è anche chi va contro corrente. I primi a puntare decisamente sull’esclusività del pagamento digitale sono alcuni esercizi di Milano: un polo ricreativo in zona Tortona, con bar, ristorante e spazi espositivi, e uno simile in zona San Siro, ai quali nello scorso mese di settembre si è aggiunta una catena di pasticcerie. Qui il contante è totalmente bandito. «Può essere che alcuni clienti se ne siano andati -, ha dichiarato il proprietario a un quotidiano – ma sicuramente sono più numerosi i nuovi che abbiamo acquisito. D’altra parte già prima di questa decisione, l’80% dei nostri incassi erano digitali».

La scelta di questi “pionieri” è stata dunque determinata dai minori costi complessivi, come ha dimostrato lo studio di Bankitalia? Oppure, più semplicemente, costi e benefici si pareggiano? Non esistono ancora, al momento, rilevazioni precise in proposito. Per il semplice motivo che è particolarmente difficile fare comparazioni scientificamente accettabili, tali e tante sono le condizioni contrattuali proposte dalle banche. C’è infatti chi fornisce il proprio Pos pagandolo 100 euro una tantum, cui si aggiungono commissioni contrattate singolarmente (ma anche l’esenzione totale per acquisti sotto i 10 euro). E chi ha già annunciato l’annullamento delle commissioni per il primo anno se la transazione è inferiore a 15 euro, mentre le altre variano tra un minimo dello 0,2% e un massimo del 3%. Poi ci sono le app extra-bancarie, che offrono commissioni competitive rispetto al circuito bancario e in molti casi l’azzeramento per acquisti al di sotto dei 10 euro.
Insomma, inoltrarsi nella giungla delle condizioni è particolarmente difficile. Oltre tutto gli adeguamenti e le modifiche legate a condizioni esterne sono all’ordine del giorno. Una regolamentazione è improponibile perché violerebbe il principio della libera concorrenza. È possibile, però, intervenire con incentivi fiscali, a favore sia degli esercenti sia degli stessi consumatori, fermo restando che questi ultimi manterranno la libertà di scegliere entro certi limiti quale sistema di pagamento usare, mentre i primi potranno decidere in base alla convenienza. Chi, come gli esercenti milanesi che hanno già fatto la scelta del pagamento solo digitale, potrà verificare nel tempo se perderà clienti o se ne acquisirà di nuovi. Infine, sarà necessario puntare sull’aspetto “culturale”, potenziando l’informazione e una comunicazione semplice e immediatamente recepibile.
Immagine di apertura: foto di Jonas