Firenze 23 Luglio 2020
A Copenhagen, Copenhill, unica collina in un panorama piatto, è diventata una vera attrazione turistica. Sembra incredibile, ma nella città nominata dall’Unesco Capitale mondiale dell’Architettura per il 2023, il problema dello smaltimento dei rifiuti è stato risolto con una struttura architettonicamente spettacolare e concepita come un luogo ricreativo dove praticare sci, escursionismo, arrampicata sportiva, fitness e passeggiate, coronata da un ristorante alla sommità, così particolare da diventare un luogo simbolo della capitale. C’è anche una pista da sci, sul livello del mare, lunga 400 metri con un manto sintetico erboso in cinque tonalità diverse di verde, realizzato da una ditta italiana. Considerato un gioiello nella gestione dei rifiuti, progettato dall’architetto danese Bjarke Ingels, il termovalorizzatore Copenhill, o Amager Bakke (dal nome dell’isola dove è costruito), inaugurato nel 2017, occupa uno spazio di oltre quattro ettari: bruciando rifiuti (400mila tonnellate all’anno) produce calore per il riscaldamento di 140.000 abitazioni e fornisce elettricità a 500mila abitanti. Non dimentichiamo che la Danimarca ha una lunga storia in questo campo: il primo inceneritore fu costruito nel 1903.
Come funziona un termovalorizzatore? È una tecnologia che smaltisce rifiuti mediante un processo di combustione a temperatura elevata. Dal processo si ricava vapore, utilizzato per poi produrre energia elettrica e termica. Inquina poco perché l’alta temperatura distrugge le sostanze organiche pericolose e i fumi prodotti vengono ulteriormente abbattuti, producendo alla fine solo vapore acqueo e pochi residui solidi. Grazie anche a questa tecnologia avanzata, Copenhagen conta di ottenere entro il 2025 l’ambizioso primato di carbon-neutrality, ovvero zero emissioni di carbonio, importante passo avanti per arrivare alla neutralità climatica ambita per il 2050.
Quello della capitale danese non è un caso isolato: in pieno centro a Vienna, vicino alla Cattedrale di Santo Stefano, è situato Spittelau, il termovalorizzatore che produce calore e aria condizionata in estate per circa 60.000 famiglie, con basse emissioni sempre controllate, divenuto, anche lui, un’attrazione turistica. Costruito nel 1987 dall’architetto viennese Friedensreich Hundertwasser ha una decorazione colorata ed allegra, molte finestre, cespugli ed alberi.
Dello stesso architetto è il termovalorizzatore Maishima di Osaka, in Giappone, che oltre a risollevare l’economia locale è oggetto di visite turistiche: se ne può visitare l’interno, come si fa con i classici monumenti storici. Evidentemente, “la mano” dell’architetto fa la differenza, trovando soluzioni di grande suggestione, come le piastrelle colorate sui muri e il fumaiolo-minareto.
Da noi i termovalorizzatori non sono stati pensati come luoghi da mostrare, ma relegati in zone lontane dal centro delle città. Ne sono attualmente in funzione una quarantina (il 60 per cento al Nord). Non molti: in Francia ci sono impianti per 220 chili di rifiuti ad abitante, in Austria per 294, in Germania per 243. Il nostro Paese si ferma a 104 chili per abitante: il resto finisce in discarica. Il termovalorizzatore di Brescia è il più grande ed il più efficiente, vincitore di prestigiosi premi internazionali, eletto nel 2006 miglior impianto del mondo. Quello di Sesto San Giovanni riesce a produrre energia termica al servizio di una popolazione di oltre 350.000 mila abitanti nell’area milanese di Nord Est, ma produce anche energia elettrica che viene ceduta alla rete elettrica nazionale. Ciò ha consentito di abbassare le tariffe di smaltimento. Dal 2023 il termovalorizzatore e il depuratore adiacente si completeranno e si trasformeranno in una bio-piattaforma dedicata all’economia circolare. Questo nuovo impianto sarà carbon neutral grazie all’impiego di tecnologie per il contenimento dei fumi e degli odori e permetterà di utilizzare i fanghi di depurazione e la frazione umida dei rifiuti per produrre biometano, energia pulita, eco-fertilizzanti e ottenere acqua depurata.
I termovalorizzatori non sono, e soprattutto non saranno in futuro, la strada di elezione per liberarsi dei nostri materiali di scarto. Ma al momento, pur al centro di polemiche e di conflitti politici, se utilizzati correttamente, non sembrano pericolosi: sono poche le prove che dimostrano la loro nocività per l’ambiente. Anche sul fronte del rischio di tumori, i tanti lavori condotti non sono arrivati a conclusioni convincenti. Ad alimentare, però, la diffidenza nei loro confronti c’è il fatto che in Italia, nonostante le normative vigenti, non sono mancati casi di infrazioni al tonnellaggio di rifiuti inceneriti ammesso per legge (sono ben note le infiltrazioni delle criminalità organizzata in questo settore). Fra febbraio e giugno del 2007, ad esempio, l’inceneritore di Trieste è stato posto sotto sequestro per il superamento dei limiti nell’emissione di diossine, superiori anche di 10 volte a quelli autorizzati. E, purtroppo, Trieste non è un caso isolato.
Immagine di apertura: Il termovalorizzatore di Copenhill a Copenhagen con la pista da sci (foto di Kallerna)