Tra le bellezze di Genova, oltre al Porto Antico, all’Acquario, alla Biosfera, al nuovo Ponte San Giorgio, al Teatro Carlo Felice, alla Cattedrale, al Palazzo Reale e al Palazzo Ducale, vi sono tre tesori d’arte, poco noti, che però vale la pena di scoprire.
La Chiesa di San Pietro in Banchi è probabilmente una chiesa unica al mondo perché si erge sulle botteghe di Piazza Banchi: davanti all’edificio fa bella mostra di sé la coeva Loggia della Mercanzia mentre sul retro corre il Vico delle Compere. Il connubio tra sacro e profano rende interessante conoscere la genesi di questa chiesa sopraelevata rispetto al livello della strada.

Il primo edificio venne fondato nel IX secolo, poco fuori le mura, da certo Agostino, chierico, che ne fece donazione ai Monaci Benedettini dell’abbazia di S. Colombano di Bobbio. La chiesa prese il nome dalla vicina Porta di Banchi che al tempo fungeva da ingresso alla città. Quasi completamente distrutta da un incendio nel 1398, appiccato durante uno scontro tra i guelfi e i ghibellini, venne dapprima restaurata e poi soppressa definitivamente alla fine del XV secolo. Su quella stessa area il Doge Giannotto Lomellini volle edificare il suo palazzo. A seguito della peste che flagellò Genova nel 1579, per un pubblico voto espresso durante l’epidemia, il Senato genovese finanziò la ricostruzione della Chiesa che dedicò a Maria Immacolata. Contemporaneamente dette avvio alla costruzione della Loggia dei Mercanti.
I lavori iniziarono nel 1583 e l’esigenza espressa dalla committenza obbligò l’architetto svizzero Bernardino Cantone, responsabile degli interventi di rinnovamento urbanistico, a concepire la collocazione della chiesa sul primo piano dell’ex Palazzo Lomellini che venne in parte demolito. La facciata fu orientata verso la piazza e non verso ponente come la precedente. Dalla fusione architettonica risultò che i negozi erano parte integrante dell’edificio sacro: era nato il primo centro commerciale della Storia! L’edificio religioso è raccordato alla piazza mediante uno scenografico scalone che conduce ad un’ampia terrazza. La facciata è caratterizzata da un porticato a tre arcate con volte a crociera affrescate e da due piccoli campanili ai lati. La chiesa è sormontata da una cupola ottagonale rivestita di scaglie d’ardesia ed un campanile, più grande dei due sopra la facciata, sul lato posteriore.

All’interno, tra le varie opere, colpisce nella seconda cappella di destra il calco in gesso di un Cristo senza mani. La scultura, di autore ignoto, ben si associa al primo versetto della poesia-preghiera attribuita al filantropo e poeta francese Raoul Follereau: «Cristo non ha mani, ha soltanto le nostre mani per fare oggi le sue opere»; un chiaro monito ad esercitare la carità nel mondo.
Prima di procedere verso la Cattedrale è da segnalare il Palazzo Podestà: conosciuto anche come Palazzo Nicolosio Lomellino, dal nome del nobile che ne volle la costruzione tra il 1559 e il 1565. Si trova al numero 7 di Corso Garibaldi e fa parte dei palazzi patrimonio dell’Unesco. Bernardino Cantone nel 1563 aveva avviato la costruzione del palazzo per Nicolosio Lomellino su progetto di Giovanni Battista Castello detto il Bergamasco con le decorazioni in stucco di Marcello Sparzo. Il Palazzo fu acquistato nel 1609 da Luigi Centurione, un’altra potente famiglia aristocratica genovese, che commissionò al pittore Bernardo Strozzi la decorazione di tre stanze al piano nobile.

Nel 1711 il palazzo passa ai Pallavicini che dettero avvio ad importanti lavori di ristrutturazione. Coprirono con un controsoffitto gli affreschi dello Strozzi e modificarono il giardino e il cortile. A loro si deve la realizzazione di uno scenografico ninfeo progettato da Domenico Parodi e ispirato al mito di Fetonte. Nei primi anni del 2000 il Palazzo è stato sottoposto ad un’importante opera di restauro. Il palazzo ha così riacquistato la bicromia originale voluta dal Bergamasco e le opere dello Strozzi eseguite per Luigi Centurione. Anche il ninfeo del Parodi ha ritrovato il suo originale splendore.
Un altro luogo della Città, non particolarmente noto, è lo spettacolare Museo del Tesoro della Cattedrale di San Lorenzo. Nato su progetto dell’architetto Franco Albini nel 1956 il museo è composto da quattro sale circolari dove si trovano pezzi d’oreficeria d’arte sacra di eccezionale valore artistico, storico e devozionale.

Nella prima sala è esposto il Sacro Catino. Fu Jacopo da Varagine, arcivescovo di Genova nel XIII secolo, autore della Leggenda Aurea, che per primo gli attribuì una valenza religiosa. Il piatto fu recuperato durante la prima Crociata del XI secolo, quando Guglielmo Embriaco lo portò a Genova nel 1101 in seguito alla conquista della città di Cesarea. Secondo la maggior parte delle fonti il catino è nientemeno che il piatto color smeraldo usato da Gesù Cristo durante l’ultima Cena. L’opera è ancora oggi avvolta da mistero, ma non possiamo non riconoscerne il valore.
Immagine di apertura: due gioielli della Cattedrale di San Lorenzo a Genova, l’Arca processionale del Corpus Domini, in argento sbalzato, cesellato e dorato, opera cinquecentesca di argentieri genovesi, fiamminghi, tedeschi e lombardi; a destra, la Madonna Immacolata in argento sbalzato, cesellato e fuso (1747) di Francesco Maria Schiaffino, scultore tardo barocco (foto di Veronica Ferretti)