Playa Bavaro, Repubblica Dominicana
21 dicembre 2023

Si dios quiere è Natale. Nella Repubblica Dominicana il Padreterno c’entra sempre, financo nella Costituzione dove opera virtuosamente come guida generica. Fatalismo caribeño, che accomuna tutto e tutti sotto il sole cocente. Perciò la festa di Gesù Bambino vuole, si dios quiere, tutti riuniti in famiglia, dal bisnonno al bisnipote, per la grande abbuffata di sancocho. Stiamo parlando di un piatto che è il numero uno della tradizione e della ghiottoneria, il simbolo della festa dai tempi dei Tainos, le prime popolazioni amerindie che popolarono i Caraibi. Un po’ come il tacchino per gli americani e il panettone per noi italici.

Il sancocho, il tipico piatto domenicano delle Feste, uno spezzatino con vari tipi di carne, tuberi, verdure e spezie

Tutto il resto è contorno, dall’arrocito blanco (il delicato riso a grani piccoli cucinato in bianco, altra pietra miliare della cucina dominicana) ai dolcetti di miele che mandano in estasi i bambini. Comunque, per il resto del mondo ovviamente digiuno di cose caraibiche, il sancocho non è altro che un gigantesco spezzatino dove entrano in gioco tutti i tipi di carne, verdure, tuberi, legumi, aromi e spezie. Nella preparazione, lunga e complicata, serpeggia qualche segreto del cuoco, astuzie varie, trucchi e raffinatezze. Ciascuno ha le sue e non le rivela. Chi ama il cilantrico e chi punta sul cilantrancho (due erbe aromatiche che non tutti gli occidentali apprezzano per il loro profumo penetrante), ma la lista è lunga: bacche di malagueta, prezzemolo creolo, noce moscata, bija, curcuma e chissà che altro. Bisogna dire che il risultato è notevole.

Babbo Natale in versione black, di solito un haitiano che trascina una carriola piena di noci di cocco (foto di Graziella Carrera)

Un piatto ruspante come pochi, sostanzioso oltre ogni dire, saporito e anche un tantino euforizzante. Accompagnato da birra fresca, col suo bel contorno del già citato arrocito, e un’insalatona per sciacquare le arterie a questo punto un po’ provate.
Poi, nei paesi costieri tutti a la playa in batteria coi bambini che sguazzano, a cantare le canzoni del momento, a nuotare e a ballare con la radio portatile a manetta. Per qualcuno c’è la pallavolo, altri continuano con la Presidente, la birra dominicana leggera e aromatica che va giù come se niente fosse e si fa sentire soltanto dopo.

Uno dei tanti chioschi presenti su la playa, frequentatissima durante le vacanze natalizie (foto di RitaE)

Nelle campagne invece, si gioca a domino a oltranza: partite interminabili e agguerrite, ogni giocatore ha i suoi sostenitori; l’equivalente della nostra tombola e, secondo alcuni, con una marcia in più. Di sicuro è il grande passatempo nazionale. La messa natalizia, di mezzanotte o no, è una tradizione che ha i suoi fan ma non è tra le più gettonate. Il dominicano è molto religioso, ma a patto che la cosa non interferisca troppo con le sue affezionate abitudini di svago. È forse per questo che nell’isola fioriscono e prosperano almeno una dozzina di confessioni diverse, anche se l’ufficiale è quella cattolica.
Le stime sono contradditorie: c’è chi parla dell’ottanta per cento di cattolici e chi si ferma al 57 indicando i protestanti come secondi con una percentuale del 13 o forse del 23 per cento. Fate voi. A seguire, gli avventisti del settimo giorno, gli induisti, gli evangelici, gli agnostici, religioni cristiane diverse, spiritualisti. In una popolazione globale di dieci soli piccoli milioncini di individui, un bel match.

La facciata della Cattedrale di Nostra Signora dell’Incarnazione a Santo Domingo, in stile gotico, costruita all’inizio del Cinquecento, la più antica d’America (foto di Mariordo)

L’ibisco sostituisce la neve nelle decorazioni, grande passione caraibica insieme a quella delle strenne. Tutto fiammeggia contrassegnato dall’elegante forma dei grandi fiori tropicali rossi, che qui si chiamano Cayena e che si trovano anche nei colori bianco, rosa e crema.
I regali si sprecano, si fanno e si ricevono. I dominicani sono socievoli e generosi, e questi sono i giorni in cui spendono senza farci caso, l’importante è la festa. Manifestazioni natalizie ovunque, nei negozi, uffici, grandi magazzini, chiese, quartieri all’aperto, per le strade, perfino nelle banche.

Il grande fiore tropicale rosso simbolo della Repubblica Dominicana, detto Cayena (foto di PublicDomainPictures)

Babbo Natale è in versione black. Di solito è un haitiano nero come il carbone (il loro colore deriva dagli antenati centroafricani), che va in giro addobbato di tutto punto, maneggiando una carriola sgangherata piena zeppa di noci di cocco in offerta speciale natalizia (vedi immagine di apertura). Non è facile imbattersi in un presepe. Forse è un po’ troppo intimista e romantico per un paese chiassoso per natura, quindi non è tra le attrazioni più comuni.
Qui la notte santa è fatta soprattutto di luci e fulgori, ori e argenti, addobbi scintillanti, carta stagnola, alberi di Natale grandi e sfarzosi, stelle e doni: trenini, orsacchiotti e bambole di pezza, il telefonino high teck per i grandicelli ricchi e la più modesta calza coi biscotti fatti in casa per i piccoli poveri, che comunque squittiscono felici e contenti.

Decorazioni scintillanti a Playa Bavaro (foto di Graziella Carrera)

E poiché i bambini sono i veri protagonisti, qualche dettaglio in più. Tutti vestiti a festa secondo possibilità. E le bambine, delicate e minute come tante Barbie, si fanno la famosa cascata di treccine fini fini guarnite di perline colorate. Fanno parte della tradizione e della moda dominicana e (qualcuno ricorderà) da noi le ha importate Bo Derek in un celebre film degli anni Ottanta.
Alla fine, forse la grande differenza la fa la giornata di Santo Stefano: in questo Paese è la più silenziosa e tranquilla di tutto l’anno. Niente musica. niente merengue né chiasso né risate. Solo silenzio. Si dorme, serenamente stremati dalla grande fiesta, immemori di prodigi e comete.

Immagine di apertura: L’ingresso, addobbato per le feste natalizie, di uno dei resort più lussuosi di Playa Bavaro (foto di Graziella Carrera)

Milanese doc, giornalista professionista dal 1976, una vita spesa al “Corriere della Sera”, prima ad “Amica” poi a “Salve”, al “Corriere Medico” e infine al city magazine “Vivimilano” dove si è occupata per oltre vent'anni delle pagine degli spettacoli, del benessere e della bellezza. Qualche libro di servizio e diversi premi giornalistici, fra cui quello del reportage esclusivo per il settimanale “Oggi” in difesa del mare: due settimane in giro per il Mediterraneo con la nave dell'arcobaleno di Greenpeace, a caccia dei contrabbandieri di plutonio. Attualmente vive ai Caraibi con un ingegnere agronomo indio e quattro gatti.

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