Pavia 27 Giugno 2023
Hortus, i, termine latino, è arrivato a noi soltanto nel significato di piccolo appezzamento di terreno coltivato a livello familiare, ma la meraviglia della parola originaria risiede nel suo doppio significato di “orto” e “giardino”, che permette di riferirsi simultaneamente alla sfera utilitaristica e a quella ricreativa.
Sebbene l’orto sia stato decisamente ridimensionato dallo sviluppo delle città – nonostante sopravviva come denominazione di orti botanici e alcuni parchi, ad esempio gli Orti Farnesiani sul Palatino a Roma – usare questo temine nel senso di giardino può avere un sapore letterario, ricercato, ma in realtà risponde all’esigenza, sorta da diversi anni, di riappropriarsi di certi spazi da sottrarre ai ritmi urbani per restituirli alla vita lenta propria della sfera domestica, rendendoli luoghi di mediazione sociale, culturale, lavorativa e culinaria.
È questa la filosofia alla base del progetto dei nuovi Orti Borromaici di Pavia sotto il nome di Horti, appunto, che corrisponde al desiderio di valorizzazione del patrimonio storico dell’Almo Collegio Borromeo – il più antico collegio universitario di merito d’Italia – e di riapertura al pubblico con una proposta formativa il cui cardini sono Arte, Natura ed Etica.
Il futuro ha un cuore antico, e Horti affonda le sue radici negli antichi orti affacciati sul fiume Ticino, dove un tempo sorgevano i coltivi di ortaglie e frutteti estesi sui tre ettari e più di terreno. La salvaguardia e la valorizzazione della biodiversità di flora e fauna è uno degli aspetti caratterizzanti di questo nuovo progetto che, con la collaborazione dell’Università di Pavia e dell’Oasi di Sant’Alessio, si traduce in un parco perfettamente progettato per essere il rifugio naturale di diverse specie animali e volatili durante i periodi di migrazione e riproduzione.
Leggermente al di sotto rispetto alla quota del viale che costeggia il fiume, il parco degli antichi Orti Borromaici sembra vivere in una dimensione in cui il tempo scorre diversamente, offrendo uno spazio di rifugio non solo alla fauna selvatica ma anche all’uomo, che qui può godere di una sosta dal mondo esterno. Tutta l’area è piantumata con essenze arboree meticolosamente selezionate ed è dotata di un sistema d’acqua che alimenta i due bacini artificiali che affacciano a sud e che tiene insieme la sfera naturalistica e la sfera artistica. Il parco, infatti, è disseminato di imponenti sculture di artisti contemporanei, grandi ed emergenti, tra cui Arnaldo Pomodoro, Nicola Carrino, Gianfranco Pardi, Luigi Mainolfi, Marco Lodola, Mauro Staccioli, Salvatore Cuschera e dipinti murari creati su commissione dagli artisti Ivan Tresoldi e David Tremlett.
Il giardino è diviso in quattro grandi aree, ognuna definita da un diverso allestimento della vegetazione: a ovest quella trattata a prato inglese con un piccolo orto aromatico, a nord, il giardino fiorito spontaneo a ridosso delle residenze dedicate ai laureati del Collegio, l’area di ristoro allestita nell’antico cascinale secentesco, alle cui spalle sono stati rinvenuti i resti della chiesa romanica di San Marco in Monte Bertone. Infine, l’area est, dal carattere decisamente più boschivo, contenuta da un lato da un importante muro in mattoni e dall’altro dall’edificio del dormitorio comunale San Carlo, la cui parete fa da supporto a IN.SEME, opera murale di Tresoldi, una rielaborazione in chiave pittorica di parole di identità in un gioco di richiami cromatici alla vegetazione e alle ombre degli alberi.
Ogni singolo elemento compositivo di Horti ne definisce imprescindibilmente il carattere. Il percorso è scandito dalla presenza di imponenti sculture, alcune massive e altre incredibilmente effimere, che si presentano al visitatore lentamente ed esercitano un forte potere attrattivo ed evocativo. Effetto in parte dovuto al fatto che le opere scultoree non hanno basamenti o piedistalli, ma poggiano direttamente a terra, alcune spuntano dalle pareti degli edifici preesistenti, mentre altre, come Triade, sembrano fluttuare sopra la superficie calma dello specchio d’acqua, dando vita a una scena dai riflessi fantascientifici. Il contrasto dato dalla presenza di questi oggetti alieni – che sembrano gemmati spontaneamente dal terreno – crea un panorama sorprendente, avviando un dialogo tra la natura, l’opera e l’osservatore basato su prospettive e scorci inaspettati.
La scelta di far convivere due mondi apparentemente tanto distanti appare vincente: la selezione delle opere e la loro collocazione rivelano la loro magia espressiva al mutare del tempo meteorologico e delle stagioni, nel breve e nel lungo periodo, assecondando i cambi di luce e colori e offrendo uno spettacolo costantemente differente pur non cambiando mai.
Il funzionamento di questa macchina singolare è strettamente dipendente dai cicli naturali: gli orari, i giorni di apertura al pubblico e l’accessibilità all’area dipendono dalle ore di luce naturale – l’illuminazione artificiale è stata limitata esclusivamente ai sentieri d’ingresso da Via Tosi e dal Lungo Ticino Sforza verso il bistrot – dai periodi di nidificazione, di accoppiamento, di semina e di crescita delle specie arboree.
Horti, progetto voluto da Alberto Lolli, Rettore del Collegio Borromeo, reinterpreta magnificamente il concetto dell’hortus conclusus proprio della tradizione medievale, con un richiamo fortissimo alla storia della città di Pavia e dello stesso collegio e, allo stesso tempo, sancisce un cambio di paradigma che ne determina il successo, restituendo alle persone un luogo in cui potersi spogliare dei ritmi imposti dalla vita urbana riappropriandosi di un sentimento di appartenenza alle leggi della natura.
Immagine di apertura: scorcio del giardino degli Orti Borromaici di Pavia con la coltivazione di erbe aromatiche. Sullo sfondo il Collegio Borromeo (foto di Alessia Rampoldi)