Milano 23 novembre 2020

Un libro che racconta la Sicilia, passato e presente, con tutto l’amore di un figlio, ma con gli occhi spalancati su giganteschi mali e infinite contraddizioni. È Baci a occhi aperti (TEA libri) di Matteo Collura, giornalista e scrittore, agrigentino di nascita, milanese di adozione. La fierezza per remoti tempi gloriosi si intreccia con la delusione per le riforme sociali tradite dal Risorgimento e dalla Repubblica. Il trasformismo della classe dirigente, le clientele, i poteri criminali: tutto inchioda il territorio allo status di colonia, a secolari ritardi.

Matteo Collura in uno scatto recente. Nato ad Agrigento, ha lavorato per molti anni al “Corriere della Sera” a Milano. Fra i suoi molti libri ricordiamo “Sicilia sconosciuta” (Rizzoli), “Il maestro di Regalpetra, Vita di Leonardo Sciascia” (Longanesi), “Sicilia. La fabbrica del mito”, e “La badante”, anche questi per Longanesi.

Il libro è la radiografia dell’anima siciliana. Ne emergono ambiguità di fondo, luci e ombre, sensualità e morte, riflessi nella collocazione geo-culturale: estrema propaggine dell’Europa o Far West di conquista di altre civiltà? In tremila anni il caleidoscopio della Storia vi ha insediato, a iniziare dai Fenici, una quantità di dominazioni straniere. L’Unità d’Italia è passata da qui, ma i Mille erano salpati da Quarto e a Cassibile si sono concentrati gli Alleati per liberare l’Europa da Hitler. L’isola come porta d’ingresso di operazioni nate da fuori e costate caro ai locali. Paesi e città ridotti a presepi dai bombardamenti del 1943-44, come si vede nelle foto di Robert Capa.
L’atavica diffidenza, la compiaciuta ironia, le doti sofistiche notate già da Cicerone, hanno lontane radici: necessità di sopravvivere alle giravolte della Storia, adattarsi senza identificarsi con l’occupante di turno. Restiamo, spiega amaramente Collura, “inquilini” nella nostra terra, sempre a rischio di sfratto.

La copertina del libro “Baci ad occhi aperti” che Matteo Collura ha appena pubblicato con TEA libri

In un serrato confronto con i grandi conterranei dell’Otto e Novecento – da Verga a Pirandello; da Brancati a Tomasi di Lampedusa, da Vittorini a Quasimodo, a Sciascia, a Buttitta, a Bufalino – Collura rielabora articoli e saggi di una vita dedicata a scavare nella storia e nella cronaca, nella cultura e nelle tradizioni, nella miseria e nella nobiltà della madre terra in cerca, sotto le tante maschere, di un’identità sfuggente. Ci aveva già provato Goethe, “stregato” dalla vita avventurosa e maledetta di Cagliostro. Ora Collura segue Bufalino che, per coprire l’intero spettro della sicilianità inventa la parola isolitudine. Cioè mondo a sé anche se a quattro chilometri dal continente. Gli isolani spinti “a farsi isola dentro l’isola”. Il Gattopardo metafora del tradimento di ogni illusione di rinascita, di un territorio “irredimibile”. Dominano morali distorte, politiche corrotte, miti bugiardi, senso di abbandono, cecità sul passato, tesori d’arte in rovina.

Un’immagine suggestiva della Valle dei Templi ad Agrigento (foto di Benoit Brochet)

Dalla Valle dei Templi si precipita oggi nel “sacco” edilizio, nella frenesia dei motori, in una industrializzazione fallita a soffocare gli spazi delle memorie, a deturpare paesaggi. Humus per la mafia, Stato nello Stato che non c’è.
È sempre stato difficile distinguere in Sicilia “liberatori” da “invasori”, la verità dal mito: oscure complicità internazionali hanno sostenuto l’armata brancaleone di Garibaldi. La leggenda del bandito Giuliano alfiere dell’indipendenza ha coperto la realtà di un “Turiddu qualsiasi”, braccio sanguinario dei potenti nella strage di Portella della Ginestra. Il “boss da operetta” Genco Russo onorato da eminenti politici negazionisti (della mafia). Le battaglie per l’autonomia? Schermo per nuovi privilegi e franchigie (Sciascia). La solita storia del tutto cambi perché…… eccetera, eccetera.

Villa Palagonia a Bagheria, testimonianza della sfarzosa aristocrazia siciliana (foto di Nikki Dawson)

Nel presente, un’infinità di cippi, obelischi, insegne funerarie per le vittime del terrorismo mafioso, lasciate tragicamente sole contro la criminalità e le collusioni in alto loco (Dalla Chiesa è stato fatto venire in Sicilia “per preparargli un sontuoso funerale”), testimoniano che in questa guerra le manette non bastano. La mafia è soprattutto una “forma mentis”. Sotto “gli occhi aperti” di Collura si dispiega l’ampia fenomenologia dell’isolitudine. La Sicilia barocca, un bisogno dell’eccessivo che evoca anche il tramonto: i ruderi antichi come i salotti fuori dal tempo degli ultimi Gattopardi. Ridondanza barocca nel lutto: in un riverbero di luci e ombre, nelle catacombe dei cappuccini a Palermo si celebra un macabro carnevale; paghi un euro e 50 e accedi a un’orripilante esposizione di cadaveri, divisi per censo e professioni, avviluppati in vesti polverose.

Le suggestioni notturne di Modica (foto di Websi)

E poi la Sicilia dei misteri, il naufragio della nave di Nievo con i documenti segreti dei Mille, il giallo Majorana, l’aereo di Mattei precipitato al ritorno da un sopralluogo nell’isola per il rilancio economico, l’ossessione patriarcale sulla figura femminile e il sotterfugio del matrimonio riparatore. Un destino inesorabile? Forse Collura non crede al Fato degli antichi abitatori greci. Alla “disperazione” di certi autori oppone una puntigliosa ricerca di cause storiche e sociali da rimuovere, indica responsabilità, scopre luoghi, pochi, dove passato e presente convivono formando una topografia dell’anima, da Taormina a Cefalù (“si avverte il divino”), a Naro ( “Barocco fiammeggiante”).
Forse l’anima siciliana custodisce un’arma segreta di liberazione: la “corda pazza” di Pirandello, via di scampo per molti suoi personaggi da una condizione quotidiana questa sì alienante. L’Enrico IV, Il fu Mattia Pascal… Ecco, forse per invertire il senso della storia occorre avventurarsi verso l’ultima spiaggia della ragione dove i confini con la pazzia sono frastagliati. Come avverte l’insegna della vecchia Casa dei Matti di Agrigento: “Non tutti ci sono, non tutti lo sono”.

Immagine di apertura: una bella immagine della Cattedrale di Noto, trionfo del barocco siciliano (foto di Herbert Bieser)

Giornalista professionista dal 1971. Milanese, si è laureato in Filosofia alla Statale. A fine 1969 l'ingresso al "Corriere della Sera" dove ha percorso tutta la vita professionale, a parte un paio di libri e qualche pubblicazione extra. In via Solferino cinque anni di gavetta, l'ingresso nella redazione del "Corriere d'Informazione" e poi il "Corrierone" occupandosi per lo più di cronache, fino alla pensione.

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