Pavia 27 Gennaio 2027
Basilica antichissima, considerata templum regium per la stretta dipendenza dal Palatium (il palazzo reale di cui non resta traccia) eretto dal re Teodorico, San Michele Maggiore sorge oggi all’interno del centro storico di Pavia, rompendo, con il suo imponente volume e il suo perimetro deciso l’ortogonalità dell’antico reticolo urbano.

Fin dalla sua prima erezione, nel VII secolo, la Basilica vide nei secoli svolgersi al suo interno riti solenni, cerimonie fastose e incoronazioni di re italici. Di una chiesa dedicata all’arcangelo Michele si fa menzione per la prima volta nel 622 e, successivamente, nel X secolo come chiesa palatina. L’edificio, distrutto in un incendio nel 1004, fu riedificato nel XI secolo, sicuramente entro il 1155, anno in cui Federico Barbarossa fu incoronato Re d’Italia sopra i cinque cerchi di marmo, punto della navata centrale in cui, secondo la tradizione, veniva posizionato il trono durante la cerimonia.
Si considera la basilica di San Michele l’esempio massimo di architettura romanica e il prototipo delle numerose chiese medievali di Pavia, anche se l’utilizzo estensivo della fragile pietra arenaria, sia nelle strutture che nell’apparato plastico decorativo, ne fa un unicum nel suo genere. La facciata a vento con terminazione a capanna – una delle più belle del romanico pavese – risulta costruita in modo perfettamente simmetrico sulla base di un semplice reticolo di linee ortogonali ed è inquadrata da massicci contrafforti e tripartita da eleganti lesene polistili, che creano una suggestiva messa a fuoco sullo splendido portale centrale.

Nonostante il severo deterioramento del repertorio scultoreo che la decora, i bassorilievi che l’adornano – sia a tema sacro sia profano – possiedono ancora una grande bellezza dal forte potere simbolico e comunicativo. Rispetto alle altre chiese medievali della città, un’ulteriore particolarità che differenzia la Basilica è l’assetto della pianta a croce latina il cui transetto, notevolmente sporgente rispetto al perimetro, costituisce quasi un corpo autonomo rispetto al complesso, come fosse una chiesa intersecata a quella principale. Dotato di un fronte vero e proprio con accesso indipendente a nord sull’attuale Piazzetta Azzani – anticamente rivolto verso il Palazzo e riservato alla nobiltà – questo era il punto da cui partiva la processione d’intronizzazione, che terminava con l’uscita del corteo dalla Porta Speciosa (oggi chiusa), posta sul lato meridionale del transetto.
Sotto la cupola ottagonale che s’innalza sull’incrocio tra la navata principale e il transetto, aggetta il volume del presbiterio che si situa molto in altro rispetto al piano della chiesa, sottraendo in gran parte ai fedeli la vista del rito liturgico.

Tale differenza di quota è dovuta alla presenza della bellissima cripta a oratorio che vi si sviluppa al di sotto: anticamente accessibile da quattro ingressi (due laterali e due frontali, ripristinati con i restauri di fine Ottocento), lo spazio interno è diviso in tre navatelle da sei campate ciascuna, sormontate da piccole volte a crociera sorrette da due file di colonnine impreziosite da capitelli di magnifica e singolare fattura.
Questi rivelano una sorprendente varietà e provenienza: quelli dai motivi decorativi più arcaici, il cui rilievo risulta basso e uniforme, denunciano un reimpiego dei capitelli in pietra della chiesa precedente; alcuni dei capitelli dal rilievo più accentuato, presumibilmente contemporanei alla ricostruzione del complesso, riflettono in finezza alcuni delle navate superiori e si configurano come reinterpretazione dei capitelli classici compositi. Senza dubbio i capitelli più pregiati della cripta si riconoscono nei gruppi in cui maggiore attenzione è data agli effetti plastici: draghi alati dai molteplici viluppi sinuosi si intrecciano sulle facce del volume in pietra e sviluppano le teste verso gli spigoli, dove affondano le zanne nelle spalle di figure maschili con copricapi di diversa fattura.

Le tra navatelle si raccolgono sul fondo in un’abside unica dov’è collocato l’altare che ospita le reliquie di San Massimo, San Pietro I – entrambi vescovi di Pavia – e quello che fino al 1863 si pensava erroneamente fosse il tesoro di San Brizio, vescovo di Tours. Lo spazio della cripta conserva un pregiato gruppo scultoreo di Madonna con Bambino, frutto di maestranze di scuola senese o pisana, risalente al XIII-XIV secolo e l’arca marmorea del beato Martino Salimbene.
Nonostante la fragilità dei materiali lapidei che la costringono a frequenti interventi di manutenzione per contrastare l’implacabile trascorrere delle stagioni, la Basilica regia conserva immutata nel tempo una maestosa potenza evocativa in cui riecheggiano i grandi trascorsi storici che ha ospitato.
Immagine di apertura: la splendida cripta della Basilica di San Michele a Pavia che risale all’XI-XII Secolo (foto di Alessia Rampoldi)