Milano 27 marzo 2024

Il primo Paese europeo – e fino a questo momento anche l’unico – a varare una legge ad hoc è stato il Belgio, che nel febbraio 2022 ha dato il via libera alla possibilità per le aziende di introdurre la settimana lavorativa di quattro giorni a parità di stipendio per i lavoratori. Nel resto d’Europa le norme non ci sono ancora, ma il dibattito è comunque di grande attualità. Se ne parla molto e si fanno i primi esperimenti. L’ultimo in ordine di tempo è stato appena lanciato in Germania, accolto con entusiasmo dall’agenzia economica Bloomberg, che lo ha definito un passo decisivo per rivoluzionare il mondo del lavoro tedesco. Ma sono già scesi in campo anche la Spagna, l’Islanda, la Svezia e la Finlandia, con lo scopo di verificare gli effetti concreti di questa nuova forma di organizzazione del lavoro, mentre al di fuori dell’Ue ci sta provando il Regno Unito, dove tuttavia un test su un campione di 61 aziende ha portato alla conclusione che soltanto un terzo ha scelto di rendere permanente la rilevazione sperimentale.

Il grattacielo di Banca Intesa Sanpaolo, progettato dall’architetto Renzo Piano, a Torino. Il colosso bancario è stato il primo in Italia a prendere in considerazione e attuare la settimana corta

In Italia, se dal punto di vista legislativo non c’è ancora nulla di concreto, sono già molte e significative le iniziative avviate dalle singole aziende. Il primo ad affrontare il problema è stato il colosso bancario Intesa-S.Paolo. L’ultimo, in ordine di tempo, il costruttore di auto di lusso Lamborghini, che poco più di tre mesi fa (esattamente nella notte tra il 4 e 5 dicembre dello scorso anno) ha siglato un’ipotesi di accordo con i sindacati che prevede anche molte altre novità, come la riduzione dell’orario complessivo, l’aumento del salario annuo e 500 nuove assunzioni. Si discute inoltre (e lo rileviamo a puro titolo di cronaca) dell’aspetto, per la verità assai specioso, relativo alla giornata di lavoro da tagliare, sul quale è stato già condotto il solito sondaggio. Il lunedì, per chi vorrebbe allungare il week-end, ha ottenuto il 30% delle preferenze. Il venerdì, che lo anticiperebbe, ha ottenuto una maggioranza significativa (pari al 56% degli intervistati). C’è anche una minoranza di sostenitori del mercoledì, pari all’8%, che preferirebbe spezzare in due la settimana, con l’alternanza di due giorni di lavoro seguiti da uno di riposo, poi altri due giorni di lavoro prima del weekend.

L’esperienza dello smart working durante il Covid ha messo in risalto un aumento della produttività (foto di Tatiana Syrikova)

Tutto ha avuto inizio durante la pandemia da Covid, quando si è sviluppato in modo esponenziale il cosiddetto smart working, o lavoro da casa, scoprendo che in molti casi (molti di più di quanto si potesse immaginare) anche la produttività ne ha beneficiato. Da uno stato di necessità, insomma, sono nate nuove prospettive per tutti gli attori economici. Se infatti la riduzione dell’impegno a parità di salario è ovviamente vista con favore dai lavoratori dipendenti, non altrettanto scontata appare l’approvazione da parte delle aziende e in generale dei datori di lavoro. Ma gli esperimenti fin qui portati a termine dimostrano che nella maggioranza dei casi i risultati si sono rivelati positivi per tutti. In primis proprio per le aziende, che hanno beneficiato di un miglioramento della produttività, e quindi dell’efficienza, sia pure non ancora quantificabile con certezza e soprattutto non rilevato in tutti i settori lavorativi. Da parte sua l’Inail, sulla base di quanto riscontrato nel periodo della pandemia con lo smart working, ha dimostrato che il ricorso alla settimana di quattro giorni lavorativi migliora in generale la salute dei dipendenti, ma soprattutto favorisce la diminuzione degli infortuni sul lavoro. Perché, ha dichiarato il direttore generale dell’ente, Andrea Tardiola, «Un giorno di lavoro in meno significa un giorno in meno di esposizione ai rischi». Ipotizzando di conseguenza che, con la riduzione delle giornate di lavoro, si possa arrivare a ridurre anche il contributo all’Inail, obbligatorio da parte dei datori di lavoro, attraverso una specie di bonus-malus, simile a quello che si sta già applicando per chi investe in sicurezza.

Nell’esperimento di settimana corta portato avanti dal intesa-San Paolo l’adesione dei lavoratori ha superato le aspettative (foto di GraphicMamaTeam)

L’esperimento di Intesa-S.Paolo è in atto da più di un anno e ha già dato le prime indicazioni. L’adesione dei lavoratori ha superato le aspettative, spiegano i vertici del gruppo bancario, rilevando come «l’equilibrio tra i tempi di lavoro e i tempi di famiglia è un elemento fondamentale nel benessere di chi lavora, motivante per la persona e competitivo per l’azienda». Il 70% dei lavoratori ai quali è finora consentito l’accesso alla settimana super-corta (si tratta di circa 28.500 persone appartenenti al personale full time della direzione generale e di alcune filiali) ne ha chiesto l’applicazione. E di questi il 42% l’ha utilizzata nel periodo marzo-settembre 2023, per un totale di 30 mila settimane.

Il logo storico della Lamborghini, la casa automobilistica che ora fa parte del gruppo Wokswagen. Ha ha più di 1400 dipendenti (foto di elBarto 1980)

L’accordo sindacale approvato alla Lamborghini, invece, prevede meccanismi diversi per ciascuna tipologia di lavoratori. Quelli direttamente impegnati nella produzione su due turni potranno alternare una settimana tradizionale di cinque giorni con una di quattro giorni, mentre chi lavora su tre turni – mattina, pomeriggio e notte – l’alternanza sarà tra una settimana di cinque giorni e due di quattro. Altri esperimenti, infine, vedono protagonisti aziende tecnologiche, come Teamsystem (sede a Milano, quasi 3 mila dipendenti), o Lavazza, produttrice di miscele e di macchine per il caffè. In entrambi i casi il modello scelto è quello di integrare nel miglior modo possibile la riduzione dei giorni lavorativi con lo smart working.

Immagine di apertura: foto di Parmateneo

Nato a Rivanazzano Terme (Pavia) è giornalista professionista dal 1977. Per quasi trent'anni alla redazione Economia del "Corriere della Sera", è tuttora titolare della rubrica quotidiana sulla Borsa Valori. Prima di approdare nel 1986 a via Solferino, è stato Caporedattore a "Il Mondo" e in precedenza ha lavorato al "Sole24ore" e alla "Gazzetta del Popolo" di Torino. Tra i suoi libri, "Guida facile alla Borsa", Sperling & Kupfer (tre edizioni, l'ultima nel 2000) e "Meno Agnelli, più Fiat, cronaca di un cambiamento", Daniela Piazza Editore, 2010.Nel 2019 per Mind Edizioni è uscito il suo ultimo libro, "Difendi i tuoi soldi. Capire prima di investire".

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