Si avvicinano le elezioni americane e, a meno di colpi di scena in extremis, la partita si giocherà fra due ottuagenari (o quasi) Joe Biden, 81 anni e Donald Trump, 77. Comunque andrà, gli Stati Uniti saranno governati da un anziano. Sono lontanissimi i tempi del giovanissimo John Kennedy che divenne Presidente a 43 anni ma anche quelli di Barack Obama che andò al potere quando ne aveva 48. Ma non è solo l’America la patria attuale della gerontocrazia: Vladimir Putin, arrivato alla massima carica della Russia quando aveva 47 anni, è stato appena riconfermato e adesso di anni ne ha 71, anche se il suo viso inquietante sembra senza tempo. Nel 2023, a 69 anni in una rielezione senza precedenti Xi Jinping, 70 anni il prossimo giugno, ha ottenuto un terzo mandato alla guida del Partito comunista cinese mentre Narendra Modi, saldamente al potere, di anni ne ha 73. Il senatore Bernie Sanders, ancora figura di riferimento per i progressisti americani, 82. Qualcosa da eccepire? La mia formazione gerontologica e la mia personale battaglia contro i pregiudizi sulla vecchiaia, mi spingerebbero ad affermare che va bene così, la persona in là con gli anni ha esperienza, capacità di valutazione, maggiore furbizia di un quarantenne. E oggi un settantenne è come un cinquantenne di quarant’anni fa, anche nell’aspetto. Senza dimenticare che la difficilissima situazione internazionale impone una diplomazia gestita da persone esperte. Ma è proprio così? Di recente Jon Emont dalle pagine del “Wall Street Journal” ha sollevato molti dubbi in proposito: il nostro è un mondo che sta vivendo un cambiamento velocissimo dove compaiono realtà difficili da governare come l’intelligenza artificiale, visioni del tutto nuove dell’economia alla luce del cambiamento climatico, culture giovanili completamente diverse da quelle del passato. Una persona nata a metà del Novecento forse non può capire fino in fondo la complessità di questi mutamenti. E non basta che Joe Biden abbia aperto un profilo su TikTok per essere certi che sia al passo con i tempi…. Emont si chiede: una politica governata da una oligarchia di grandi vecchi non allontanerà ancora di più i giovani dall’idea di una partecipazione sociale? Forse ha ragione lui, ma è altrettanto vero che evidentemente in molte aree del mondo è mancato il ricambio generazionale al potere che è avvenuto in Europa, dove i premier sono relativamente giovani: Meloni 47 anni, Rishi Sunak 43, Pedro Sanchez 52, Gabriel Attal addirittura 35. Ma questo ricambio sta garantendo una diversa visione del presente e del futuro?

Toscana, milanese di adozione, laureata in Medicina e specializzata in Geriatria e Gerontologia all'Università di Firenze, città dove ha vissuto a lungo, nel 1985 si è trasferita a Milano dove ha lavorato per oltre vent'anni al "Corriere della Sera" (giornalista professionista dal 1987) occupandosi di argomenti medico-scientifici ma anche di sanità, cultura e costume. Segue da tempo la problematica del traffico d'organi cui ha dedicato due libri, "Traffico d'organi, nuovi cannibali, vecchie miserie" (2012) e "Vite a Perdere" (2018) con Patrizia Borsellino, editi entrambi da FrancoAngeli. Appassionata di Storia dell'Ottocento, ha scritto per Rubbettino "Costantino Nigra, l'agente segreto del Risorgimento" (2017, finalista al Premio Fiuggi Storia). Insieme ad Elio Musco ha pubblicato con Giunti "Restare giovani si può" (2016), tradotto in francese da Marie Claire Editions, "Restez Jeune" (2017). Nel gennaio del 2022, ancora con Rubbettino, ha pubblicato "Cavour prima di Cavour. La giovinezza fra studi, amori e agricoltura".

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