Milano 23 Giugno 2021
Tipico dessert della cucina francese, l’ile flotante è una sorta di meringa galleggiante in un mare di crema. Un dolce mobile, incerto, pronto a scivolare e assestarsi or qua ora là nel piatto. Forse è per questo che piace tanto a Léa, bravissima vendeuse in un grande magazzino, attenta agli altri per mestiere e vocazione, pronta a coglierne ogni sussulto e adeguarsi per non creare problemi. Così, una sera al ristorante con il marito e una coppia di amici, al momento di scegliere come concludere la cena, il desiderio iniziale di Léa per quella delizia duttile si plasma e si riplasma di continuo sulle scelte degli altri. Dell’amica Karine che essendo a dieta vede i dolci come un vampiro, oppure, sulla scia dei due mariti, Marc e Francis, lasciar perdere l’oggetto del desiderio e passare dritti al caffè.
E mentre l’ile flottante si allontana sempre più, ecco che Léa (l’intensa Bérénice Bejo) si lascia andare a una confessione bomba: sta scrivendo un libro. Stupore e risatine tra i commensali. Una commessa che diventa scrittrice? Patetico solo a pensarlo. Ma Léa fa sul serio, in breve finisce il suo romanzo, che viene pubblicato al volo da un editore prestigioso e al volo finisce pure nell’ambitissima classifica dei best sellers. Travolta da improvvisa celebrità, l’esordiente autrice si ritrova a galleggiare nel dorato mare dei nuovi talenti letterari. Una ventata di fama che scompiglia, prima ancora che la sua, la vita di quelli che le stanno intorno, increduli, sospettosi e invidiosi di tanta inspiegabile fortuna.
La felicità degli altri, nuovo film di Daniel Cohen, dal 24 giugno nelle sale distribuito da Academy 2, prende a prestito un proverbio francese, “La felicità degli uni fa l’infelicità degli altri”, per trasformarlo in una parabola sul successo e l’insuccesso, sull’insondabile crinale che separa chi ce la fa e chi no. Protagonisti e antagonisti, quattro bravissimi attori: Bérénice Bejo è Léa, Vincent Cassel suo marito Marc, Florence Foresti e François Damiens gli amici del cuore Karine e Francis.
Che, pur sfoderando sorrisi di circostanza, non riescono a gioire della realizzazione dell’amica. La creatività di Léa scatena invidie, sollecita emulazioni. La più competitiva è Karine. Che subito prova anche lei a improvvisarsi scrittrice. Se l’amica ha fatto centro al primo colpo che ci vorrà mai? Peccato che il suo incipit risulti copiato pari pari da Lo straniero di Camus. Quanto a Francis, si cimenta con la musica elettronica, la coltivazione dei bonsai, la scultura… Un fallimento dopo l’altro, l’amicizia va in frantumi e pure il rapporto tra Léa e il marito. Marc la ama, ma la sua visione del mondo è limitata all’alluminio, il suo campo di lavoro, da cui la letteratura è bandita come “una cosa per intellettuali”. Maschio alfa, una moglie nell’ombra gli sta bene, una sotto i riflettori molto meno…
Da lieve e sorridente, la commedia di Cohen assume così tonalità amarognole, sollecita riflessioni scomode, mette a nudo ipocrisie e frustrazioni diffuse. Specie in un’epoca in cui la ribalta dei social è diventata il privilegiato terreno d’incontro e scontro per una generazione di invisibili affamati di notorietà effimera, pronti a tutto pur di guadagnarsi un like sul proprio profilo, in mancanza di medaglie da appuntarsi sul petto.
La felicità degli altri è un film scippato al teatro. Scritta dallo stesso Cohen, la pièce non ha fatto in tempo ad andare in scena che il cinema, fiutando l’attualità del soggetto, già si era fatto avanti. Rimodellata secondo tempi e ritmi del grande schermo, la pièce è stata modificata anche il titolo, visto che l’originario, L’ile flotante, poteva far pensare a un film culinario, genere in cui Cohen vanta il fortunato precedente di Chef con Jean Reno. Prima o poi comunque la pièce in teatro approderà, assicura il regista. E intanto un nuovo proverbio è già stato coniato: “È nel momento del successo che si riconoscono i veri amici”.
Immagine di apertura: Bérénice Bejo (Léa), alle prese con la presentazione del suo libro in La felicità degli altri