Firenze 25 Maggio 2021
Per anni il sesso nell’anziano è stato considerato un tabù, soprattutto per la donna: venuta meno la sua funzione procreativa con la menopausa, parlare di sessualità sembrava per lo meno anacronistico, se non addirittura sconveniente. Fin ad epoca recente è stato prevalente il rifiuto dell’idea che un anziano abbia ancora un sesso.
Che cosa pensano i giovani della attività sessuale dei loro nonni e persino dei loro genitori? Quasi imbarazzante, più facile negarla, per ragioni profonde di cui si è occupata la psicoanalisi. Il senso di colpa che si accompagna alle prime esperienze sessuali di trasgressione che da adulti abbiamo imparato a controllare, mal si accompagna all’idea del “vecchio saggio” che abbiamo interiorizzato.
Non è forse l’età anziana sexless, un’età senza sesso, come è stata per tanto, forse troppo tempo, considerata anche a livello di studio? Le ricerche in un passato non proprio remoto sembravano confermare l’assunto che in età anziana il sesso fosse assente come interesse e come pratica. Gli studi venivano influenzati da una ridotta aspettativa da parte dei ricercatori di trovare attività sessuale negli anziani e i risultati delle indagini sembravano confermare questa ipotesi. Come emergeva dal Rapporto Kinsey, due volumi intitolati l’uno Il comportamento sessuale dell’uomo (1948), l’altro Il comportamento sessuale della donna (1953), entrambi opera del sessuologo statunitense Alfred Charles Kinsey, che costruì il suo lavoro su ben 18.000 interviste.
Un aspetto metodologico che ha sempre avuto un’influenza negativa sulla valutazione del sesso in età avanzata è quello della raccolta dei dati come parte di un’indagine clinica, spesso falsati dalla presenza di malattie croniche come problemi circolatori, diabete, effetti secondari di alcuni farmaci per il trattamento dell’ipertensione o la presenza di una depressione. Tutte condizioni spesso responsabili di una riduzione del desiderio in entrambi i sessi, o di compromissione dell’erezione.
In contrasto con l’ipotesi del declino sessuale con lo scorrere degli anni, William Masters e Virginia Johnson a metà degli anni Sessanta con loro ricerche dimostrarono che la risposta sessuale femminile in termini di potenziale orgasmico non conosce declino in tarda età. Caposaldo il loro volume del 1966, L’atto sessuale nell’uomo e nella donna. Secondo i dati del rapporto del 1981 di Bernard Starr e Marcella Bakur Weiner sulla sessualità in età matura (un altro caposaldo delle ricerche in questo ambito) le donne al di sopra dei sessant’anni hanno più orgasmi anche dopo la menopausa. D’altro canto, come abbiamo già notato, soprattutto negli anni passati un sottile atteggiamento di difesa e di negativismo verso la ricerca sulla attività sessuale negli anziani ha limitato gli studi sull’argomento. Anche se oggi una aspettativa di vita più lunga e un maggior numero di anziani sani, spinge un numero sempre maggiore di studiosi ad occuparsi di sesso nelle persone anziane.
Purtroppo l’enfasi sulla performance ha caratterizzato la storia delle ricerche in questo ambito. Avendo come riferimento l’erezione nel maschio, espressione compiuta di ogni rapporto sessuale, qualsiasi difficoltà nel raggiungerla e mantenerla veniva spesso vissuta come la fine dell’attività sessuale, con la rassegnazione di quanto ineluttabilmente sarebbe comunque dovuto accadere “data l’età”. Tuttavia le ricerche oggi confermano che un rapporto completo per molti uomini è ancora possibile anche dopo gli ottant’anni.
Ma l’attività sessuale per entrambi i sessi non comporta soltanto la considerazione dei fenomeni visti alla luce della fisiologia, mediati dal sistema neuroendocrino che sostengono il desiderio dell’uno verso l’altro, l’erezione nel maschio e le secrezioni vaginali della donna, quindi la penetrazione. La sessualità è un bisogno psicologico oltre che fisiologico ed è determinante nel mantenimento della propria identità anche in età avanzata.
Sotto l’aspetto psicologico la sessualità è vicinanza, condivisione, prossimità, comunicazione, tenerezza, scoperta dell’altro negli aspetti più autentici in quanto spontanei. E l’intimità con l’altro può essere l’aspetto più appagante in presenza di possibili difficoltà alla penetrazione. Mentre nei giovani spesso prevale la sessualità come conquista o dominio da esercitare sull’altro, soprattutto presso determinate culture maschiliste, nell’anziano può contribuire a soddisfare il bisogno di sicurezza, di sostegno, di conforto, di presenza.
Un ruolo importante è svolto dal tatto. Nel sesso si è accarezzati e sfiorati da un altro essere vivente. Il tatto è una delle forme più appaganti di gratificazione che abbiamo tutti sperimentato sin dalla nascita. Diventa pertanto un bisogno fondamentale anche da vecchi quando temiamo che la pelle rugosa ci allontani dal piacere di toccare un’altra persona e di essere toccati.
La sessualità è così un’esperienza molto ricca e poliedrica da non contenere soltanto in una visione finalizzata alla procreazione da cui la popolazione anziana è esclusa. Alla domanda la sessualità è solo genitalità e penetrazione come una certa cultura vorrebbe far credere? Sappiamo tutti che non è così. Nell’anziano di cui ci stiamo occupando il sesso è anche benessere. Una vita sessuale attiva (Butler and Lewis, 1976) nella popolazione anziana, riduce l’insonnia e dà sollievo dal dolore articolare, aumentando il livello del cortisone nel sangue. Oggi si ritiene che la sessualità, in qualsiasi modo vissuta e praticata nei suoi vari aspetti e sfumature, costituisca un importante fattore di adattamento nella terza età. Ci auguriamo che l’argomento non vada a finire nel cassetto e che la ricerca possa continuare superando pregiudizi e stereotipi.
Immagine di apertura: foto di Rodnae Production