Milano 28 Ottobre 2022
Sarà che siamo un Paese per vecchi, dove tutti stiamo incanutendo a rotta di collo (e qualcuno, ovviamente non ancora nella categoria, pare disapprovare con stizza) ma fatto sta che sul fronte dell’amore, per la Terza e pure Quarta Età, il momento è d’oro. Leggere per credere il volumetto appena uscito da Mondadori L’amore da vecchia, dove la poetessa Vivian Lamarque traduce in versi i palpiti del suo cuore di ragazza di 76 anni. Guardare per sorridere Astolfo, film appena uscito per Lucky Red, scritto, diretto e interpretato da Gianni Di Gregorio, anni 73, maestro di un cinema ironico e garbato fin dai tempi di Pranzo di Ferragosto.
Come nei film precedenti, anche qui il protagonista è sempre lui, con la sua faccia arguta e malinconica, i suoi panni démodé, la sua aria da uomo perbene, mite, un po’ spaesato in un mondo che sempre meno gli somiglia.

Così come non somiglia a Astolfo, il protagonista della nostra storia, il cui nome ariostesco calza a pennello. Perché piuttosto che verso la Terra, il suo sguardo preferisce puntare alla Luna, il luogo dell’incanto, dove gli ardimentosi riescono a recuperare il senno perduto. Persino quello altrui. Non avendo a disposizione un Ippogrifo, Astolfo, pensionato sfrattato dalla sua casa romana, muove dalla città alla provincia a bordo di una utilitaria antica e acciaccata quanto lui. Ansimando in sincrono, insieme si arrampicano su su fino a Artena, paesino del Lazio, dove Astolfo possiede quello che gli resta, la casa di famiglia. Un palazzotto nobiliare, elegante nei tratti, malandato in tutto il resto.

Abbandonato da anni, ma non disabitato visto che, approfittando di una serratura logora, qualcuno si è infilato dentro senza chiedere permesso. L’inquilino inatteso non turba però più di tanto Astolfo, tollerante e generoso per natura. La casa è grande c’è posto per due e anche per tre o per quattro. E così in breve attorno al “padrone” di casa si raduna una piccola comunità di uomini soli, spiantati, marginali. Una famigliola raccogliticcia, perfetta per scambiare due chiacchiere, giocare una partita a carte, bere una bottiglia insieme. Insomma, tutto quello che serve, tranne le donne.

Ma il destino vede e provvede. E provvede benissimo, dato che gli fa incontrare una coetanea d’eccezione, Stefania Sandrelli, che sarà pure âgée ma pur sempre luminosa e appetitosa. Libero lui, libera lei, il colpo di fulmine parrebbe aver la via spianata.
E è proprio a questo punto che il rischio si fa grande. Per Astolfo e anche per Di Gregorio. Perché l’amore, e ancor più l’innamoramento, sono ardui da raccontare quando il corpo scavalca i canoni tradizionali del desiderio. Un desiderio che il regista romano giustamente non vuole stemperare in casta tenerezza. La passione, ci dice, esiste e resiste oltre l’età e le apparenze. La scena dove Astolfo e Stefania si abbracciano e sprofondano tra le spighe di un campo, ha il profumo dell’erba e di un amore fresco e emozionante come a vent’anni.
Ma se a vent’anni a creare problemi sono i genitori, a settanta i rompiscatole possono essere i figli. Sospettosi, forse invidiosi, non accettano che il loro padre o la loro madre possa amare di nuovo qualcun altro che non siano loro o i quei nipotini che tanto volentieri gli appioppano, incuranti che magari mica sempre se ne ha voglia. Persecutori come poliziotti li spiano, indagano, ricorrono a loschi preti per mettere zizzania, nel tentativo di separarli, di far finire in qualche modo quella storia “scandalosa”.
Se volete sapere come se la caveranno i nostri eroi dell’amore da vecchi andate al cinema. Luogo dei sogni e degli amori impossibili, frequentato ormai quasi esclusivamente da loro, gli amanti anziani, che nel buio si tengono la mano felici, senza che nessuno abbia da ridire.
Immagine di apertura: Gianni Di Gregorio e Stefania Sandrelli in una bella scena del film Astolfo appena uscito nelle sale
° Le foto del servizio sono di Sara Petraglia