Firenze 27 Ottobre 2023

In Italia l’Ictus (termine latino che significa colpo), Stroke in inglese è la seconda causa di morte e, dopo l’infarto, è responsabile del 9-10 per cento di tutti i decessi, ma soprattutto è la prima e più importante causa di invalidità. Nel nostro Paese ogni anno si registrano circa 90.000 ricoveri dovuti all’Ictus; delle persone colpite, il 20-30 per cento muore entro un mese dall’evento e il 40-50 entro il primo anno. Purtroppo soltanto il 25 per cento dei sopravvissuti guarisce completamente, mentre il restante 77 sopravvive con qualche forma di disabilità e di questi, la metà ha un grave deficit, per lo più paralisi, tale da compromettere l’autosufficienza. Ma che cos’è esattamente l’Ictus? È un danno cerebrale che compare quando si interrompe improvvisamente l’afflusso di sangue ad un’area del cervello per la chiusura, dovuta ad un trombo, o per la rottura di un’arteria (ictus emorragico).

Nell’immagine è schematizzata la differenza fra l’Ictus ischemico, dovuto ad un trombo, e l’Ictus emorragico provocato dalla rottura di un vaso

L’Ictus richiede un trattamento immediato presso unità specializzate nell’ambito dell’ospedale: le cosiddette Stroke Unit, strutture dedicate al trattamento dell’Ictus. Punto cruciale è la rapidità della diagnosi che permette un intervento terapeutico mirato e precoce, essenziale per ridurre le conseguenze, che sono principalmente la paralisi e i disturbi del linguaggio. Eppure Le Stroke Unit, pur avendo segnato un indubbio progresso nel trattamento dei disturbi circolatori cerebrali, ancora oggi, sono in numero insufficiente in Italia. Servirebbero 300 Centri e ce ne sono solo 190, per l’80 per cento al Nord con una chiara penalizzazione del Centro e del Sud Italia. In conclusione, soltanto il 37 per cento delle persone colpite da Ictus è trattato con tecniche all’avanguardia. Di conseguenza oggi meno della metà delle persone colpite da questa patologia riceve cure adeguate e tempestive e meno del 40 per cento viene trattato con la trombectomia intracranica, l’intervento più innovativo per liberare i vasi dal trombo che si è fermato al loro interno, bloccando l’afflusso di sangue. Da sottolineare, ancora una volta, che il successo dell’intervento viene assicurato se questo non va oltre le 16/24 ore dalla comparsa dei sintomi. A tal fine anche l’organizzazione sanitaria esterna svolge un ruolo fondamentale; dal medico di medicina generale, il primo che dovrebbe accorrere al capezzale del paziente (ma sappiamo che ormai non è così), alla rapidità del servizio ambulanze per raggiungere il Centro specializzato.

Quando si verifica un Ictus è estremamente importante arrivare ad una struttura specializzata nel più breve tempo possibile

Le Stroke Unit indicate anche come Centri ictus o Unità neurovascolari, sono organizzate con specialisti e attrezzature per arrivare, nel più breve tempo possibile, ad un trattamento mirato. E’ un ictus emorragico o ischemico? Quanto tempo è trascorso dall’inizio dei sintomi?
Gli obiettivi più importanti, di fronte ad un paziente colpito da Ictus è identificarne la patologia sottostante e selezionare il trattamento più idoneo. Il mezzo più adeguato per studiare un danno cerebrale in modo accurato è la Risonanza Magnetica (RM) che permette di scoprire la lesione in una fase più precoce rispetto alla Tomografia Computerizzata (TC), meno sensibile nell’individuare un danno cerebrale nelle prime 12 ore. Altro importante mezzo per lo studio del sistema arterioso è l’angiografia ottenuta mediante la Risonanza Magnetica (MRA). Si arriva così all’approccio più razionale per i diversi tipi di ictus.
Il trattamento più importante dell’ictus ischemico e quello più praticato attualmente è la Trombolisi, utilizzando una sostanza (indicata come attivante il plasminogeno tissutale) che, iniettata per via endovenosa in una vena del braccio, arriva al circolo cerebrale e scioglie il coagulo che blocca il flusso di sangue verso il cervello. Il farmaco deve essere somministrato entro tre ore dall’inizio dei primi sintomi dell’Ictus e i benefici si possono ottenere già dopo 4-5 ore dal trattamento. La tempestività di un tale terapia è fondamentale per limitare il danno cerebrale fino ad assicurare il completo ripristino della funzione.

Il disegno mostra la Trombectomia, ovvero l’aspirazione del coagulo che ha ostruito l’arteria cerebrale mediante un catetere introdotto dall’arteria femorale (fonte: Medtronic Inc.)

Altra procedura praticabile presso le Stroke Unit è la rimozione del trombo mediante un lungo e flessibile catetere inserito all’inguine nella arteria femorale fino ad arrivare ai vasi del collo e al cervello, dove raggiunge l’arteria occlusa e aspira il trombo (Trombectomia). Questo intervento si sta rivelando molto efficace, e diventa la scelta obbligata nei pazienti dove non si può ricorrere alla trombolisi perché sono a rischio di emorragie.
Per l’ictus emorragico, che si manifesta ed evolve rapidamente, l’intervento farmacologico deve essere immediato e va dalla riduzione dei valori pressori se necessario, all’uso di vitamina K. Altre procedure attuate per trattar eventi emorragici dovuti ad aneurismi (dilatazioni lungo la parete dell’arteria) consistono nella loro eliminazione chirurgica o nella loro esclusione dalla circolazione con l’impiego di spirali, che, introdotte nella cavità dilatata, ne occupano lo spazio eliminando ogni rischio di sanguinamento.
In linea generale, i suddetti trattamenti e interventi rapidi riescono a modificare sostanzialmente il futuro delle persone colpite da Ictus, riducendo il numero dei disabili e il carico economico sulla società. Allora perché non potenziare le Stroke Unit? Il pubblico deve essere al corrente di queste opportunità.

Immagine di apertura: foto di OpenClipart-Vectors

Nato a Reggio Calabria, fiorentino di adozione, neuropsichiatra e geriatra. Laureato in Medicina presso l'università di Messina, dopo l’esperienza di medico condotto in Aspromonte, si è trasferito a Firenze presso l’Istituto di Gerontologia e Geriatria diretto dal professor Francesco Maria Antonini. Specializzato in Gerontologia e Geriatria, Malattie Nervose e Mentali, presso l'Ospedale I Fraticini di Firenze si è occupato del settore psicogeriatrico. È stato docente di psicogeriatria all'Università di Firenze. Ha collaborato al "Corriere della Sera" con una rubrica dedicata alla Geriatria.

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