Firenze 28 Ottobre 2022

Dal mondo anglosassone da alcuni decenni abbiano “importato” la festa di Halloween con il suo corredo di streghe, zombie, mostri e zucche. In realtà la nostra tradizione di streghe ne ha una invidiabile collezione decisamente horror, se pensiamo alle tante donne che sono finite sul rogo dal Trecento a metà del Settecento. Il latino strige, o strix, da cui deriva la parola strega, nella mitologia romana era un uccello notturno di cattivo auspicio. Ma era anche una donna che operava incanti e malefici notturni, pronta a minacciare e maledire chiunque non le piacesse. Così era considerata diabolica, responsabile di ogni male.

Uno sguardo d’insieme sul borgo di Triora, paese di 400 abitanti nell’entroterra ligure, in provincia di Imperia. Il suo passato di persecuzione delle streghe è diventato una attrattiva turistica

Nel Medioevo la strega, detta anche lamia, veniva generalmente identificata in una donna vecchia, brutta e cattiva. Il suo potere consisteva nel trasformarsi, rimpicciolirsi, ingigantirsi, entrare attraverso una porta chiusa, diventare uccello o cane, vecchia o giovane, bruttissima o bellissima, fuoco o fumo. In Italia il nome varia a seconda della località: Masca in Piemonte, Bàsura in Liguria, Borda in Emilia Romagna e in altre aree padane, Coga in Sardegna, Stiàra o Macàra in Puglia.
La caccia alle streghe iniziò con l’Inquisizione. Per più di quattro secoli, dal 1329 al 1785, anno dell’abolizione dei tribunali per stregoneria, ci furono processi, feroci torture, roghi, impiccagioni. La persecuzione causò in Europa tra le 35.000 e le 50.000 vittime. In Italia, un po’ in tutte le regioni, ci sono luoghi con testimonianze di questo lugubre passato. In Liguria, nella Valle Argentina, in provincia di Imperia, sulle Alpi Marittime, c’è Triora, un “borgo delle streghe”, ben conosciuto ai turisti. Qui si tennero diversi processi alle streghe dal 1587 al 1589, quando molte donne vennero accusate di stregoneria e malefici vari, torturate e condannate.

La “cabotina”, l’antro dove si narra  che si svolgesse il Sabba delle streghe. Si trova appena fuori le mura di Triora (foto di Davide Papalini)

I documenti dei processi ed i verbali di interrogatorio sono conservati presso l’Archivio di Stato di Genova. Furono tacciate di stregoneria trentacinque donne; diciannove furono incarcerate e di loro cinque morirono dietro le sbarre. Fu il più grande processo italiano per stregoneria della fine del XVI secolo, così feroce da far soprannominare il paese la Salem d’Italia (dalla città degli Stati Uniti, nel Massachussets, dove si tenne un famoso processo alle streghe nel 1682). Alla memoria di questi avvenimenti, è dedicata la festa della Strigora, che si tiene ogni anno la prima domenica dopo Ferragosto.
In Piemonte a Rifreddo, un paese in provincia di Cuneo, vicino al Monviso, nel 1495 ci fu un processo alle streghe famoso perché i verbali, conservati in Comune, sono giunti sino a noi. Così, a Rifreddo ogni anno la penultima domenica di ottobre si rievoca questa triste vicenda in un evento chiamato “Le notti delle streghe”. È una manifestazione in cui si ricordano le parti più cupe del processo quando le donne accusate dovevano ammettere ogni genere di misfatto, dopo essere state imprigionate e torturate, per poi arrivare alla condanna per impiccagione o rogo.

L’antico municipio (risale al XV secolo) di Rifreddo, in provincia di Cuneo, che conserva i verbali del processo alle streghe del 1495

Nel Lazio, vicino a Roma, c’è Calcata, un borgo vicino al fiume Treja, che si può raggiungere solo a piedi. Lì l’atmosfera è misteriosa e sembra di tornare indietro nel tempo. Per le strade, alcuni dicono che si sentono rumori e canti strani, forse provocati dal vento. La leggenda vuole che siano le streghe che cantano, si lamentano o fanno incantesimi.
Nelle Marche, in provincia di Pesaro e Urbino, c‘è Urbania,  il paese della Befana, la vecchietta con la scopa che porta carbone e regali ai bambini la sera dell’Epifania. La sua casa è il palazzo civico, trasformato nella casa della Befana visitabile tutto l’anno, ma che nella prima settimana di gennaio diventa il fulcro dei festeggiamenti: più di 400 calze appese lungo le vie del centro, eventi musicali e di animazione, mercatini e spettacoli. In Abruzzo, a Castel del Monte, nella valle del Tirino, molte sono le leggende che riguardano storie di streghe. Per scacciare i malefici che queste operavano contro i bambini, le madri facevano il “giro dei sette sporti“, passando sotto i sette archi presenti nel paese. Questo rito viene rievocato il 17 agosto di ogni anno.

il municipio di Urbania illuminato durante i festeggiamenti del 6 gennaio per la Befana (foto: festadellabefana.com)

In Puglia striàra o macàra è il termine che indica le streghe, quelle donne che nelle notti di luna piena si trasformavano in creature malefiche che danzavano con il diavolo in una grotta in riva al mare. Non poteva mancare, perciò, nel Salento la grotta delle Striàre; si trova sulla costa di Santa Cesarea Terme e l’ingresso è localizzato nella falesia che collega il Porto di Castro a Porto Miggiano. L’entrata della grotta, divisa in due da un pilastro in pietra, è cupa e buia. Lì davanti gli occhi altro non vedono che nero, ma l’immaginazione corre, alimentata da un senso d’inquietudine. La leggenda narra di Striàre che dentro la caverna si riunivano per danzare con il diavolo. All’entrata della grotta, si nota la presenza di rocce con una forma che ricorda mani femminili affusolate e con unghie lunghissime, come le mani di una strega. In Campania, Benevento è conosciuta come “La città delle streghe”. Capoluogo di un ducato Longobardo, nato nel 571 e durato ben cinque secoli, si chiamava allora Maleventum. Lì, sotto ad un grande albero di noce, i Longobardi adoravano il dio Odino con rituali pagani lungo le rive del fiume Sabato. Narra la leggenda che, quando l’albero fu abbattuto, dalla radice uscì un serpente velenoso, simbolo del legame col diavolo.

L’ingresso della grotta delle Striàre; si trova sulla costa di Santa Cesarea Terme e l’ingresso è localizzato nella falesia che collega il Porto di Castro a Porto Miggiano. Si raggiunge in barca (foto di Antonio Cretì)

Da alcuni verbali risulta che ci fosse un rito di iniziazione: la strega maestra sputava in bocca alla nuova adepta, la ungeva e la mandava al noce di Benevento. Lì trovava altre streghe e Satana, da cui veniva ufficialmente iniziata. Le streghe erano di tre tipi: le Zoccolare, chiamate così per gli zoccoli rumorosi che indossavano di notte quando correvano per le strade. Le Janare che di notte potevano volare; non erano state cresimate e si introducevano in banchetti e danze per maledire e torturare considerate, quindi,  la causa di ogni male. La Manolonga era una donna morta per essere caduta in un pozzo, che, divenuta strega, si divertiva a tirare di sotto quelli che vi si affacciavano. A Benevento è molto conosciuta la filastrocca che le streghe cantavano sempre: ‘‘nguento ‘nguento, mànname a lu nocio ‘e Beneviente, sott’a ll’acqua e sotto ô viento, sotto â ogne maletiempo’.(Unguento, unguento, portami al noce di Benevento, sotto l’acqua e sotto il vento e sotto ogni altro maltempo). Pare che nell’archivio arcivescovile di Benevento fossero conservati circa 200 verbali di processi per stregoneria, in buona parte distrutti nel 1860 per evitare di conservare documenti che potessero infiammare le tendenze anticlericali che accompagnarono l’unificazione italiana. Un’altra parte fu distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.

il noce di Benevento in una famosa illustrazione

Anche i castelli della Valle d’Aosta sono ricchi di leggende oscure e hanno le loro vittime della caccia alle streghe. Le più note, Johanneta Cauda bruciata sul rogo nel Castello di Cly, vicino a Saint Denis, nel 1428 e Peronetta da Aquiano alla quale era toccato lo stesso destino nel Chatel –Argent un secolo prima, nel 1339.
In Trentino Alto Adige sono numerose le credenze sulle streghe, qui chiamate con gli appellativi di Strie o Zòbiane, da zobìa, cioè giovedì, il giorno in cui si riunivano per i loro Sabba. In Val di Non si credeva che i temporali fossero generati dalle streghe; perciò, per allontanare il maltempo, sulla porta di casa si facevano delle croci con la catena del focolare. In Val di Fassa, in particolare, c’era la convinzione che il maltempo fosse opera di uno stregone nella zona tra il Catinaccio e il Ciampedie. In Trentino a Pejo, c’è il museo delle streghe più piccolo del mondo, appena 35 metri quadrati, ma da vedere perché ricchissimo di reperti.

Immagine di apertura: foto di Alexandr Ivanov

Toscana, ha vissuto l’infanzia a Siena per poi studiare lingue a Firenze e conseguire il diploma in Langue et Civilisation Françaises Université de Grénoble. Pittrice, ha esposto le sue opere a Villa Bottini a Lucca nel 2005 (personale), alle Terme Tamerici e alle Terme Tettuccio di Montecatini Terme (dove vive) nel 2006, alla Versiliana di Marina di Pietrasanta nel 2007. Si interessa ad ogni forma d’arte, specialmente se insolita o curiosa.

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