Firenze 27 Febbraio 2023
A volte si riscoprono abitudini antiche, ma non è sempre un bene. Come la fasciatura del neonato con teli e mussole di cotone, pratica antichissima (non a caso lo si indica ancora come il “bambino in fasce”) abbandonata nel dopoguerra che ora torna in auge con il nome, moderno e intrigante, di Swaddling. Il suo fine sarebbe dare al neonato un senso di contenimento, di benessere, di protezione.
In passato nel nostro Paese, come in molti altri, la fasciatura era ritenuta indispensabile per modellare il corpo del bambino e per riportare alla normalità le parti del suo corpicino che si fossero deformate durante il parto. Oltre a questo si credeva, nella sua efficacia per prevenire le cattive posizioni nella crescita, proteggendo con sicurezza le ossa. Una tecnica però che dal punto di vista ortopedico pediatrico è negativa e può avere conseguenze. Conseguenze certamente più gravi sui neonati che già soffrono di displasia (lussazione) dell’anca, un’anomalia dello sviluppo dell’anca che determina un rapporto articolare non stabile tra la testa del femore e l’acetabolo, la cavità ossea che la contiene. Si tratta di una patologia frequente, che colpisce in Italia l’1-2 per cento dei neonati calcolando anche le forme molto lievi, con alcune Regioni endemiche con l’ Emilia Romagna, la Lombardia e la Puglia con un’incidenza di circa 1 maschio su 7 femmine.
Chi mette in guardia da questa tecnica, che sta diventando troppo di moda, Maurizio De Pellegrin, per molti anni Responsabile dell’Unità Funzionale di Ortopedia e Traumatologia Infantile dell’Ospedale San Raffaele di Milano, esperto in displasia dell’anca e cofondatore della Società Multidisciplinare per la Salute del Bambino, piattaforma di informazione e divulgazione corretta.
Come è nata questa pratica e prevalentemente in quali zone?
«La fasciatura dei bambini era diffusa soprattutto perché il bambino stava più caldo, stiamo parlando di inizio secolo, epoca in cui le case erano prive di riscaldamento anche se è un’usanza che risale a secoli fa. Non a caso era molto diffusa nei paesi più freddi del mondo come la Lapponia, la Cina del Nord, il Cile dove per questioni di latitudine fa freddo, ma veniva usato anche in Italia. Possiamo subito dire che esiste una correlazione diretta con la malattia dell’anca perché in questi paesi c’è una alta incidenza di displasia. Lo stesso governo cinese ha provveduto in anni recenti a bandire questa usanza e a divulgare invece il posizionamento del neonato a gambe flesse e aperte».
Molti oggi pensano che possa servire a calmare il bambino…..
« Quando si dice che la fasciatura calma il pianto del bambino e che gli dà una sensazione di benessere, si tratta di un messaggio subdolo. Ci sono genitori che oggi, molto più che in passato, vanno in ansia per il pianto del bambino e cercano soluzioni. Addirittura c’è chi sostiene che la fasciatura ricorda il grembo materno! Niente di più sbagliato: il feto assume in utero una posizione con le gambine flesse e aperte, non certo con le gambe diritte attaccate al corpo. Per rassicurare il neonato, la cosa migliore da fare è metterlo a contatto con la propria pelle; il contatto fisico è importantissimo mentre la fasciatura fa il contrario. Non dimentichiamo che il bisogno naturale del bambino è di muoversi e la fasciatura lo impedisce creando un possibile ritardo nello sviluppo motorio. É di fatto una forzatura».
Quali sono le conseguenze possibili della fasciatura?
«Dobbiamo pensare che la lussazione dell’anca, che è la situazione più grave, in realtà è poco frequente alla nascita, parliamo di 1 caso su 1000; la displasia lieve è molto più frequente, ma noi non sappiamo se il neonato ce l’ha o meno perché i bambini con displasia lieve non hanno segni clinici. Sappiamo solo se il piccolo ha una lussazione perché segni come lo “scatto” di Ortolani (dal pediatra Marino Ortolani, che per primo descrisse la manovra nel 1935) ci indicano quando è presente.
Quindi se io non li identifico e li posiziono con la fasciatura peggioro uno stato preesistente, ma lieve, aggravandolo. La posizione dello swaddling è dannosa non soltanto per le anche. I bambini vengono fasciati come mummie, anche le braccia sono lungo il corpo, in una posizione del tutto innaturale senza alcuna possibilità di movimento degli arti, neppure per le prime esperienze di contatto con le mani, con il proprio viso, contatto che come sappiamo dalle ecografie fatte “in utero” il nascituro cerca già nelle ultime settimane di gravidanza».
“Indossare il proprio bimbo” può invece avere dei vantaggi?
«Indossare il bambino è la traduzione letterale dall’inglese babywearing. Sta a significare l’avvolgimento del bimbo al proprio corpo. Per affrontare questo argomento possiamo prendere ad esempio le donne africane. In Africa incidono certamente il clima e le usanze, nessuna madre tiene il bambino con le gambe attaccate; tutte lo tengono con le gambe divaricate e flesse. Sta di fatto che gli africani non hanno displasia!
Se dovessimo fare uno screening ai nati per assurdo non dovremmo farlo in Africa, è questione di posizionamento ma anche di genetica che li rende esenti da questa patologia. I bambini spesso dormono tenuti con una fascia proprio sulla schiena delle madri, mentre svolgono le faccende domestiche».
L’uso del doppio pannolino può condizionare la posizione delle anche?
«Tutti lo consigliano ma nessuno lo ammette, si fa riferimento ad un vecchio retaggio di Ortolani che ha scoperto il segno dello “scatto” (definito appunto scatto di Ortolani) e che nel 1936 curava i neonati affetti da lussazione dell’anca mediante dei teli rigidi in modo da garantire la posizione aperta e flessa della anche. Qualche tempo fa mi sono occupato in prima persona di uno studio, abbiamo preso un campione di bambini per studiare la posizione delle anche da nudi, con un pannolino e poi con due; abbiamo così misurato le anche per capire se il doppio pannolino influenzasse la posizione delle stesse e il risultato è stato negativo. Nella pratica, non cambia niente con il doppio pannolino Se vogliamo influenzare positivamente lo sviluppo dell’articolazione delle anche basta posizionare il bambino sul fianco di un adulto con le anche piegate e aperte, all’africana per capirsi».
Perché i genitori hanno bisogno di tornare indietro adottando vecchie usanze?
«Spesso prevale l’idea che tornare alle origini sia sinonimo di sano, di fare le cose in modo naturale, ma in questo caso tornare alla fasciatura è negare l’evoluzione delle conoscenze e, nel nostro caso, della medicina stessa. Mi viene in mente un esempio, non inerente al mondo medico, ma che bene fa comprendere il concetto. Pensiamo ai deliziosi vini che vengono oggi prodotti nel mondo e pensiamo al cosiddetto “vino del contadino”. Non vi è alcun dubbio che i vini di oggi, prodotti sfruttando le conoscenze acquisite negli anni, siano migliori. Ciò che si faceva prima viene visto come sinonimo di semplicità, garanzia, soprattutto nei ceti medio alti, quasi a voler dimostrare di essere all’avanguardia con uno sguardo al passato. Non ci dobbiamo dimenticare che la medicina è andata avanti. La riscoperta non tiene conto di un’evoluzione medica e di ciò che noi oggi sappiamo; per quanto riguarda le anche, infatti, la medicina ha dimostrato dimostra che per svilupparsi bene devono stare in una posizione cosiddetta accovacciata, definita anche squatting che è esattamente il contrario del famigerato swaddling!»
Immagine di apertura: fonte: pianetamamma.it