Milano 27 Novembre 2024

Che il sonno sia “il miglior balsamo di tutti i mali” lo sosteneva già William Shakespeare e la saggezza popolare lo ribadisce da secoli: “Dormici su”, “La notte porta consiglio”, “Ne riparliamo domattina”. Ora una ricerca pubblicata su PNAS, la rivista dell’Accademia nazionale delle Scienze degli Stati Uniti, condotta dalla Scuola IMT (acronimo di Istituzioni, Mercati, Tecnologie) Alti Studi di Lucca in collaborazione con l’Università di Firenze, dimostra le basi fisiologiche sottese al sapere comune e aggiunge un tassello che si chiama aggressività, connessa appunto alla carenza di sonno.

La stanchezza legata alla carenza di sonno può giocare brutti scherzi, può renderci litigiosi e conflittuali (foto di Ivana Tomaskova)

Sei stanco? Allora risulti anche più litigioso, aggressivo, propenso ad andare in conflitto, anche se non ti conviene affatto e faresti meglio a respirare forte e a riflettere. Ma non ce la fai, perché certe aree del tuo cervello “ronfano”, gli impulsi aggressivi incalzano e addio lo scudo del self control e della razionalità. È quanto emerge dallo studio progettato dal Molecular Mind Lab della scuola IMT, diretto dallo psichiatra Pietro Pietrini, prima autrice Erica Ordali. Un passo avanti importante nei traguardi delle Neuroscienze, attuale oggi più che mai, in tempi di conflittualità alle stelle. Caro Putin, caro Trump, vien da dire, «adda passà ‘a nuttata» prima di decisioni importanti.
“Sonno locale”, così si chiama il fenomeno studiato da Erica Ordali, neo-dottoressa in Neuroscienze: «In condizioni di riposo non ottimale o carente può succedere che il cervello “mandi a dormire” un’area cerebrale, sviluppando le onde lente tipiche del sonno – spiega la ricercatrice – . È come se quella parte di cervello non funzionasse per alcuni minuti o non lo facesse in modo ottimale. Ebbene, stando a quanto abbiamo osservato, in queste condizioni si è più propensi a comportarsi in modo ostile».
«La ricerca dimostra che l’esaurimento metabolico all’interno di alcune aree cerebrali influisce sui nostri processi decisionali – aggiunge il professor Pietrini –. Nel complesso, questi risultati hanno importanti implicazioni per molteplici situazioni della vita quotidiana, tra cui le transazioni economiche e gli accordi legali, perché dimostrano che quando il nostro cervello è stanco possiamo fare scelte contro i nostri interessi».

Una raffigurazione del nostro cervello. Sullo sfondo il tracciato dell’elettroencefalogramma che registra l’attività delle varie aree cerebrali

Tutta colpa della corteccia cerebrale frontale che fa il “pisolino”; è questa l’area considerata il “centro del controllo” del cervello, responsabile della pianificazione, della presa delle decisioni e dell’inibizione degli impulsi. Una corteccia frontale ben sviluppata aiuta di certo a controllare l’aggressività. Ma da sola non basta: sui comportamenti conflittuali influiscono la genetica, l’ambiente, le esperienze personali, ovviamente gli psicofarmaci. Anche il riposo, dicono oggi i neuroscienziati dell’IMT. E qui entra in ballo la loro ricerca, che dimostra come la fatica mentale prolungata possa mettere ko la capacità di autocontrollo e causare azioni aggressive dannose per chi le compie.

Un elettroencefalogramma: sulla testa del paziente vengono posizionati elettrodi che registrano dall’esterno l’attività cerebrale costruendo un tracciato che il neurologo poi analizza

Come è stato dimostrato? Attraverso l’elettroencefalogramma, un esame non invasivo che permette di indagare la funzionalità del cervello attraverso la registrazione della sua attività elettrica grazie ad elettrodi posizionati sulla testa in corrispondenza di determinate aree cerebrali. Il punto di partenza dei ricercatori è stata, appunto, la verifica di un aumento, da svegli ma in condizioni di stanchezza, nel tracciato dell’Elettroencefalogramma delle onde Delta tipiche del sonno. Un aumento cruciale proprio nella corteccia frontale, cioè nell’area deputata a prendere decisioni, che in alcune parti bellamente dorme e latita nel momento cruciale, pur essendo noi in stato di veglia: è il “sonno locale”, appunto. Pensiamo di essere lucidi, ma certe aree del nostro cervello sono in letargo. Un brutto guaio.

«La letteratura scientifica – osserva Pietrini – lo sa dai primi anni Duemila, da quando si parlava di ego depletion, cioè di “esaurimento dell’ego”, nel senso che l’autocontrollo, risorsa cognitiva limitata, si esaurisce quanto più viene esercitato, lasciando via libera agli impulsi». Ma di recente questa teoria è stata parzialmente messa in discussione; ora la ricerca dell’IMT  la rilancia, aggiustandone il tiro. «il sonno locale, secondo la nostra ipotesi, sarebbe la manifestazione neuronale dell’ego depletion, cioè dell’esaurimento» aggiunge il neuroscienziato.

Pietro Pietrini, psichiatra e neuroscienziato, dopo dieci anni di lavoro negli Stati Uniti, e la cattedra di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica all’università di Pisa, attualmente è ordinario della stessa materia presso la Scuola IMT Alti Studi di Lucca di cui è stato Rettore per diversi anni

Ma scientificamente, come si può affermarlo? Il lavoro dell’IMT è stato multidisciplinare e ha coinvolto anche analisti del settore economico sul versante dei comportamenti, passando al setaccio azioni rilevanti di cooperazione o di ostilità. Come spiegano Pietrini e Ordali, un gruppo di 44 volontari è stato sottoposto ad alcuni compiti faticosi della durata di un’ora – non i classici 15 minuti usati per questo tipo di studi – per rendere gli effetti della stanchezza massimamente evidenti. Poi al gruppo, già affaticato, è stato chiesto di svolgere alcuni giochi economici che richiedevano di scegliere tra azioni aggressive oppure cooperanti, con un numero di risorse limitate contese tra i partecipanti. Stessa prestazione è stata richiesta a un gruppo “riposato”, che non era stato sottoposto in precedenza a compiti faticosi. Ebbene, l’86 per cento di quest’ultimo gruppo ha avuto comportamenti cooperanti e flessibili contro il 41 per cento dei volontari affaticati. Tutti i partecipanti, durante il gioco, sono stati sottoposti a elettroencefalogramma: il gruppo stanco ha mostrato le onde Delta del sonno in alcune aree della corteccia frontale, onde che, al contrario, erano completamente assenti nell’altro gruppo. «Il nostro studio – osserva Ordali – dimostra che la fatica mentale ha effetti sul comportamento, aumentando l’aggressività». Per Ennio Bilancini, ordinario di Economia alla IMT, studioso del comportamento economico, se è vero che l’ostilità può essere vantaggiosa quando è rivolta verso chi è remissivo, «può, al contrario, essere estremamente dannosa se viene rivolta verso chi è altrettanto ostile, portando ad un conflitto doloroso per tutte le parti coinvolte. È importante, perciò, evitare che le persone accumulino stanchezza mentale sul posto di lavoro o in famiglia, al fine di ridurre conflitti e aggressioni».
Lezione da tenere a mente prima di prendere decisioni importanti. Facciamolo sapere anche ai potenti del mondo.

Immagine di apertura: fonte: caremind

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