Milano 27 Settembre 2023
Presentato pochi giorni fa alla Mostra del Cinema di Venezia fuori concorso, assente il regista Roman Polanski, The Palace ha sollevato le critiche più irose del festival. Zero stelle, bollino nero dell’inclassificabile, invettive lapidarie: un gioco al massacro montato in un crescendo di sdegni e sconcerti di rara acredine e violenza. Quasi che la critica, dopo averlo lodato per tanti film, avesse deciso di concerto di regolare i conti una volta per tutte e conferire all’autore polacco, dopo l’Oscar, le Palme e i Leoni d’oro, la pietra tombale alla carriera.

Che Polanski sia regista scomodo e divisivo non è certo una novità. Basti ricordare il flop del suo Macbeth, biasimato per le scene di violenza e di nudo, le staffilate a L’inquilino del terzo piano (bollato da qualche fine intenditore come “non solo brutto ma imbarazzante” salvo poi a finire iscritto nell’empireo dei cult movie) a La morte e la fanciulla dove un illuminato luminare gli dette del “democratico a senso unico” visto che non concedeva attenuanti a Pinochet.
Invettive smemorabili, riaffiorate dal pozzo del nulla per scagliarsi con singolare virulenza contro questa sua nerissima commedia, ambientata tra le lussuose nevi svizzere, in un hotel pinnacoluto e luccicante come un castello delle fiabe. E come nelle fiabe popolato di mostri di ogni tipo. Vivi, morti o finti morti che siano. Un gruppetto di zombi miliardari più o meno disfatti dalla chirurgia estetica, cadaveri truccati da vivi, vivi che paiono cadaveri. Impellicciati, ingioiellati, imbalsamati. Trasudanti puzzo di vecchio, di morte. Morti e decomposti, ma decisi a festeggiare il Capodanno imperdibile, che li sbarcherà nel 2000, in uno dei luoghi più esclusivi del mondo, dove magnati e malavitosi, categorie che spesso coincidono, si ritrovano nella certezza del porto franco a ogni loro bizzarria, volgarità, insolenza.
In quella notte di passaggio epocale, dove l’apocalisse incombe con mille sinistre profezie, la compagnia dei ricchi si ritrova nel Castello incantato portandosi appresso quello che ha di più caro.

La marchesa affamata di sesso (una magnifica Fanny Ardant) il suo cagnolino stitico, l’ex porno star Bongo (Luca Barbareschi, anche produttore del film) il suo fallo XXL ormai inservibile, un decrepito nababbo (John Cleese, ex Monty Python) la sua nuova moglie tutta tette, degli oligarchi russi le debite escort e un set di valigie farcite di banconote, l’americano cafone (Mickey Rourke plastificato modello Berlusconi) un piano per mettere a segno un colossale imbroglio finanziario.
Uso a ogni follia, il direttore dell’hotel, Olivier Masucci, non batte ciglio davanti a nulla. Con piglio da generale dà istruzioni al suo esercito di cuochi e cameriere affinché tutto vada per il meglio, ovvero che quella marmaglia danarosa sia debitamente ingozzata di caviale, ubriacata di champagne. Tutto il resto, escrementi e vomiti da pulire compresi, fa parte del servizio. E i servitori tutto eseguono puntuali, magari tappandosi il naso con una molletta o cantando sottovoce l’Internazionale.

Scritto con l’amico regista Jerzy Skolimowski, The Palace è la satira feroce di una società da museo delle cere. Così ottusa da non vedere i meteoriti veri che stanno per abbattersi. In quella notte fatale la tv mostra uno Eltsin alticcio che dà le dimissioni in diretta e indica come suo successore tale Vladimir Putin. Dopo 90 anni vissuti sotto il segno della persecuzione, famiglia sterminata dai nazisti, moglie incinta massacrata da fanatici moralisti, moralisti fanatici che da 46 anni lo inseguono per aver molestato nel ’77 una minorenne che oggi vorrebbe tanto chiudere il caso, Polanski si concede il suo film più horror. Non solo perché ci scappano un paio di morti e un paio di sepolti vivi, ma perché quella sarabanda surreale che mette in scena, compreso il pinguino bunueliano che si accoppia con il cagnolino stitico, è lo specchio del suo legittimo ribrezzo cosmico per un’umanità non più umana, destinata a sprofondare nel più fondo dei gironi infernali. Senza essere rimpianta da nessuno.
Immagine di apertura: una scena di The Palace
* le foto del servizio sono di Malgosia Abramowska