Milano 25 Aprile 2021

Sono italiani ma, in tempo di Covid, non vengono in Italia da molto tempo. Sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli, e il nostro Paese non ne ha dati loro abbastanza. Hanno sperimentato diversi percorsi di vita, studio o di lavoro, e hanno trovato una strada all’estero, anche se lo spirito del cambiamento rimane. E sembrano essere sempre in una situazione transitoria.

Sempre più giovani in Italia dopo la laurea vanno all’estero in cerca di una realizzazione che percepiscono impossibile nel nostro Paese, negli ultimi dieci anni 182mila (foto di Anatoly 777)

Sono giovani expat italiani: ragazzi che hanno seguito le loro ambizioni fuori dall’Italia e hanno raggiunto posizioni lavorative e indipendenza economica all’estero, alcuni proprio in periodo di pandemia. Situazioni sempre più frequenti: si calcola che 182mila laureati abbiano lasciato l’Italia negli ultimi dieci anni, 29mila soltanto nel 2019. Nella metà dei casi la destinazione è in Europa, nell’altra metà, America e Australia. Abbiamo raccolto tre storie, differenti e al tempo stesso simili, di italiani che, per forza e per piacere, vivono lontani.

Simone, 32 anni, nato e cresciuto a Torino. Fin da piccolo, grande passione per i motori e la robotica, per inventare e creare. Studia elettronica e meccatronica al Politecnico di Torino, si laurea nel 2013 e durante la Specialistica lavora come ricercatore all’Istituto Nazionale di Ricerca. Coltiva la sua passione per la ricerca applicata alle soluzioni tecnologiche. «L’Italia mi è sempre stata un po’ stretta. L’università è stata un luogo di grande crescita personale ma non professionale, non pensavo mi potesse offrire concrete possibilità di carriera».

Simone, 32 anni, torinese, laureato in elettronica al Politecnico del capoluogo piemontese. Da sette anni  lavora nell’industria automobilistica, da due a Detroit dove è project leader per “Nissan”.

Così, quando si tratta di scegliere se fare ricerca o entrare in azienda, sceglie l’industria; oggi lavora nell’industria automobilistica da sette anni anni, da due vive a Detroit e ricopre il ruolo di Project Leader dopo che nel 2018 gli si è presentata l’opportunità di lavorare per Nissan, prima in Giappone e poi in America. «Per me, grande appassionato di motori e macchine, entrare in questo settore è stata una grande opportunità. Il Michigan non è molto diverso da Torino: clima un po’ rigido, città industriale con un’importante presenza del settore automobilistico. Ma mi trovo a mio agio qui e mi piace la vita negli Stati Uniti. Dal punto di vista professionale c’è più meritocrazia; questa è davvero la terra delle opportunità. In Italia è più difficile essere riconosciuti e avere una carriera di successo».
«Per il momento non ho piani a lungo termine – prosegue – ; voglio rimanere in questo ruolo e vedere che cosa succede, magari valutare altre offerte. Penso di rimanere qui e poi, magari per la pensione, tornerò in Italia»

Eleonora, 32 anni, bolognese. Dopo aver fatto l’università a Torino, ha girovagato fra Ibiza e l’Inghilterra, finché si è stabilita a Barcellona, dove attualmente è manager in Europe Assistance. In Spagna dice di sentirsi a casa sua. Vive sul mare

Eleonora, 32 anni, nata a Bologna, a 12 anni si trasferisce con la famiglia a Ibiza, dove frequenta una scuola inglese. Torna in Italia, a Torino, per frequentare l’università e studia doppiaggio per prodotti audiovisivi spinta dal suo interesse per il cinema. Si laurea e vince una borsa di studio per frequentare un master in imprenditoria dello spettacolo: stesso ambito, ma qui è la passione per teatro e musica a spingerla. Concluso il master, lavora in un teatro di Bologna ma non trova stabilità e decide di tornare a Ibiza, dove fa diverse esperienze in strutture alberghiere. Poi vive due anni in Inghilterra, facendo lavori di amministrazione. Ritorna a Ibiza ma continua a viaggiare per diversi anni fino a quando arriva a Barcellona, dove vive ancora oggi. Dopo un mese dal suo arrivo a Barcellona, nel 2017, trova un impiego nella sua attuale azienda, Europe Assistance del Gruppo Generali. Entra come assistente di direzione, per poi passare nel dipartimento di direzione medica, dove dopo un anno arriva la promozione a team leader e poi a manager. Vive in un paesino sul mare fuori Barcellona.

L’affollatissima rambla di Barcellona. La città catalana è una meta ambita per molti giovani, attratti dalla sua vitalità sotto il profilo lavorativo e dalla vivacità della gente (foto di Nikolaus Bader)

«E’ Bellissimo  – dice -, ne sono innamorata, voglio rimanere qui. Sto anche cercando una casa da comprare. Sono felice di questa promozione e del mio nuovo ruolo, sto imparando molto. Non mi manca l’Italia, certo mi manca poter vedere la parte della mia famiglia che vive lì. Ma la mia casa è la Spagna». È dove vuoi rimanere? «Diciamo che per il momento sono felice. Mi do qualche anno di tempo e poi vedremo. Certo, la passione vera è l’arte, il cinema … per ora sto bene qui ma in futuro è lì che mi sposterò».

Andrea, 26 anni, di Torino. Si trasferisce a Hong Kong un mese prima dello scoppio della pandemia globale, nel 2020. Studia economia a Torino, e viaggia molto durante gli studi, trascorrendo un anno in Germania, tre mesi a Hong Kong, di cui si innamora, e un semestre negli Stati Uniti. Mentre scrive la tesi di laurea, trova lavoro in consulenza a Milano, ma l’Italia comincia a stargli stretta.

Andrea, torinese, 26 anni, fra i grattacieli di Hong Kong. Laureato in economia, dopo aver lavorato in consulenza a Milano, ha scelto di trasferirsi nella città asiatica nel 2020 poco prima dello scoppio della pandemia. Ora si trova molto bene

«Anche se apprezzo il mio Paese, ho sempre pensato che fosse molto indietro dal punto di vista lavorativo. C’è provincialismo e le condizioni lavorative non sono ideali: in una città come Milano, lo stipendio medio da neolaureato non ti permette di vivere. Ma, ancora più importante, c’è la questione dello sviluppo personale. Così quando mi hanno offerto il contratto in consulenza ho rifiutato e ho deciso di cercare altro». Ha un biglietto per Hong Kong proprio poco prima dell’inizio dello scoppio della pandemia e trasforma un viaggio di piacere nell’opportunità della sua vita. In cinque giorni ottiene un colloquio e subito dopo un’offerta dall’azienda in cui oggi lavora.

«Per come sono fatto, la scelta di vivere qui è stata naturale – racconta -. Ho sempre avuto la passione di viaggiare e cambiare spesso, scoprire. Non è sempre tutto così facile, ma non me ne sono mai pentito. In Asia le cose sono molto più veloci, accadono più in fretta, è facile fare business. Dell’Italia mi mancano gli affetti e la qualità della vita: il buon cibo, il clima, la bellezza dei paesaggi, cose che fanno vivere bene. Ma non mi manca certo l’orizzonte limitato del dibattito pubblico; in Italia non c’è lo stesso respiro internazionale che ho trovato qui».
Rimarrai?
«Per ora mi trovo bene, penso di restare almeno per un altro anno. Poi mi piacerebbe continuare a esplorare l’Asia…».

E il ritorno in Italia? Forse mai……

Immagine di apertura: foto di James DeMers

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