Firenze 27 Febbraio 2024
Alessandro Nocchi è un giovane poeta fiorentino di 34 anni. Il suo piccolo libro, Le parole del mio silenzio, pubblicato di recente da Polistampa, ha un carattere di eccezionalità: se il rapporto tra parlare/scrivere e tacere è normale per tutti noi e anche per i poeti, per lui diventa del tutto speciale. Da piccolo gli è stato diagnosticato un autismo non verbale; non parla, ma si esprime attraverso la poesia, rivelando grande interiorità e originalità di scrittura.
È stato amorosamente seguito anzitutto dalla madre, scomparsa tre anni fa, in un percorso di scrittura al computer, e successivamente dal fratello Jacopo. Alessandro non scrive manualmente e non disegna, ma si avvale, appunto, della tecnica della scrittura facilitata: è fondamentale che abbia accanto una persona in cui ha fiducia; in questo periodo la sua educatrice, Alice. Fino dalle elementari ha mostrato talento per la composizione in versi, incoraggiato poi anche da un’insegnante delle Superiori che gli ha proficuamente proposto la lettura e la scrittura di testi poetici. Proviene da un ambiente familiare culturalmente ricco; la nonna materna è la poetessa e scrittrice Miriam Cividalli Canarutto.
Della sua creatività Alessandro Nocchi ci consegna in queste poesie due immagini diverse: quella di un mago coi suoi esperimenti onirici (Mago), e quella, più dolce e fiduciosa, di un filatore dei gomitoli dei pensieri, che, pur aggrovigliati, prenderanno comunque forma (Dolci filati). Il suo silenzio, evocato fin nel titolo della raccolta, non è oggetto di rimozione, ma è una presenza costante con la quale dialoga. Un componimento è proprio dedicato all’autismo, in cui si contrappongono il voi rivolto a coloro che vivono «una realtà normale» e il noi di coloro che chiedono di essere accolti:
Un mondo a parte, per certi bizzarro. / La sensazione di non essere parte di una realtà normale ./ La leggerezza di alcuni pensieri. / La pesantezza del groviglio di alcune idee. / Il nostro nodo si scioglie solo con i nostri rituali. / Le stereotipie che a volte vi danno tanto fastidio,/ per noi sono come dolci carezze calmanti./ I nostri sentimenti hanno forme a voi sconosciute ma/ Per noi è come se fossero un rifugio./ Le nostre emozioni sono vive ed aspettano solo di essere / comprese./ Ci dite che siamo affetti da autismo quando invece /
di una classificazione,/ vorremmo un po’ di inclusione e d’affetto ./ Far parte del vostro strano mondo (Autismo).
Alla rappresentazione di una realtà intensamente percepita e ripensata, ma che non si riversa nel flusso delle parole pronunciate, concorre l’immagine del mare, enigmaticamente privo di flora, la cui fauna è fatta di tutti i discorsi mai espressi. Alessandro si tiene però ben stretto alle bussole rappresentate dalla ricerca di libertà, di purezza, di fraternità e affettività. Ha uno sguardo saggio sul mondo, che gli fa apprezzare la bellezza della vita pur con le sue difficoltà («Tutto quello che serve / è la dolcezza di guardare fuori, / per vedere, ambiziosamente, dentro», Dolcezza; «Cadere nei minuti./ […] Sentirsi leggeri./ […] La vita è un continuo cadere. / E rialzarsi./ Da ogni caduta diversi», Cadere; «Adesso sono sicuro:/ pura e minuscola / deve essere una vita / per essere grande», Purezza).
Alessandro dimostra una sana insofferenza verso gli aspetti più nevrotici della vita di oggi dai quali è difficile non essere condizionati: i rumori, lo smog, la quotidianità, la fretta. E alle sensazioni disturbanti, conscio che «Sentire è fortemente vivere» contrappone immagini lievi: il calore di un abbraccio, ma perché no? di un cibo, associato al suo profumo e al suo buon sapore – e anche il sapore dolce dei gelati e dei biscotti –, le carezze del vento sui capelli, «leggere voci», «il delicato suono / del respiro». Molte sono le occasioni di conforto e di forza: guardare senza paure il buio della notte, accarezzare il viso della madre, abbandonarsi ad un senso d’espansione in mezzo alla natura estiva.
Gli affetti famigliari percorrono l’intero libro per assumere, tuttavia, valenza universale. La poesia d’apertura, I quattro elementi, è dedicata al fratello, ma si avverte nel testo una fraternità più ampia («Voglio essere. / Posso essere. / Amici ritrovati, sorrisi e abbracci./ Di chi si è perduto e si è ritrovato dopo il lungo inverno./ Finendo stretti l’uno all’altro, in una danza che profuma di fiori», Sorrisi).
L’ultimo gruppo di poesie, Mia madre, è dedicato alla madre scomparsa (le altre due sezioni sono Il mio mondo e Felicità di vivere), evocata più volte attraverso il suo camminare per casa. Particolarmente intensa Libera, in cui la morte è sentita come una liberazione, dal soffrire e dal veder soffrire, ma anche come un esercizio di libertà da parte di chi resta: «Amarti, sempre./ Abbracciarti ma non tenerti ./ Liberi, ma non per scordarti». La stessa ansia di libertà Alessandro la esprime più volte nel suo libro e in modo emblematico e insistito nella poesia Liberi: «Liberi di essere. / Liberi di vivere ./ Mai prigionieri. / Sempre liberi».
Immagine di apertura: Alessandro Nocchi, giovane poeta fiorentino autistico, fotografato davanti al suo computer. E’ stata la madre ad avvicinarlo all’uso del pc (foto: luce.lanazione.it)