Roma 27 Marzo 2023
«O mio dio! Ma quello è… sì quello è proprio lui…».
Napoli, 17 aprile 1967, giorno del funerale di Totò. Nella folla che si accalca lenta, accaldata, ondeggiante in piazza Mercato davanti alla Basilica di Santa Maria del Carmine Maggiore, un fiume di gente attonita, addolorata e scomposta rende l’estremo omaggio ad Antonio de Curtis, morto due giorni prima a Roma.
La Questura parla di centoventimila persone, una ressa incredibile ma non imprevedibile, che rende difficile, quasi impedisce alla compagna dell’attore, Franca Faldini, e alla figlia Liliana di seguire la bara. Una donna col fazzoletto nero in testa lancia un grido stridulo, additando un individuo che procede lento dietro al feretro. «Sì! Oddio! È proprio lui!». Un uomo esclama: «Guardate là! Totò è vivo! Totò non è morto! è resuscitato!». Gli fa eco un’altra popolana che stringe il rosario tra le mani… emozionata, il fiato strozzato in gola, le manca il respiro, si piega sulle gambe e sviene. Ma che cosa sta succedendo?
Il personaggio che viene indicato è praticamente sconosciuto ai più, ma per molti anni è stato a fianco del grande attore: lo ha seguito, sostenuto e spesso sostituito, soprattutto da quando Totò divenne completamente cieco. Dino Valdi ne è stato infatti la controfigura, affezionata, devota, ma anche e soprattutto un alter ego di Totò. Ed è proprio Dino Valdi (al secolo Osvaldo Natale) a diventare il protagonista del mio spettacolo L’ombra di Totò, con Yari Gugliucci nel ruolo del protagonista, per la regia di Stefano Reali.
Intorno a questa particolarissima figura, ho imbastito un’altra delle mie “interviste immaginarie”, così come ho fatto per i precedenti spettacoli: quelli dedicati a Oriana Fallaci (interpretata da Monica Guerritore) e a Marina Berlusconi (impersonata da Laura Lattuada).
Lo spunto per raccontare questa storia, in maniera immaginaria, mi è stato dato proprio dal funerale.
Infatti, durante il secondo dei tre funerali che furono celebrati in onore del defunto, immagino che Valdi venga avvicinato da una giovane giornalista del quotidiano Il Mattino di Napoli (interpretata da Annalisa Favetti) la quale, incuriosita dalle urla e dagli svenimenti, gli chiede di rilasciarle un’intervista, proprio per raccontare, a modo suo, la vita del Principe della risata.
Lo spettacolo teatrale è dunque un dialogo inventato, una finzione drammaturgica, che intende tracciare una biografia non autorizzata. La vita di Totò viene raccontata in maniera assolutamente inedita da colui che ne ha rappresentato l’ombra. L’umile Dino diventa, almeno una volta nella sua vita, improvvisamente e inconsapevolmente protagonista assoluto di una storia che non è la sua: per la prima volta gli viene offerta l’occasione di uscire dal cono d’ombra. Attraverso i suoi ricordi, riemergono i fatti e i personaggi del percorso artistico e familiare, pubblico e privato, del celebre attore.
Straordinaria e misconosciuta la vita di Valdi, parallela, da un certo punto in poi, a quella del Principe. Napoletano come Totò, ma più giovane di 24 anni (era nato il 1 giugno 1922), Dino inizia il suo rapporto con il notissimo attore nel 1947 nel film I due orfanelli di Mario Mattioli. Poi è al suo fianco in Bellezze in bicicletta. Inizialmente il suo ruolo era simile a quello di uno stuntman: faceva da controfigura nelle scene in bici, per esempio in Totò al Giro d’Italia.
Poi, a partire dal 1957, quando il grande attore perde la vista e si dedica prevalentemente al cinema, Dino diventa insostituibile: in Uccellacci uccellini di Pasolini, Totò appare solo nei primi piani, Dino in tutto il resto delle inquadrature. Insomma, un legame fortissimo tra i due, che però non fu tutto rose e fiori. Già all’epoca di Guardie e ladri ebbero un primo screzio: Valdi, malgrado il rapporto di stima e di affetto che li legava, si sentiva di meritare di più e, per un certo periodo, le loro strade si separarono. Dino provò a mettersi in proprio, creando una propria compagnia, ma Totò ne sentiva la mancanza: va a vedere a teatro un suo spettacolo, fanno pace e il buon Valdi torna all’ovile, al suo servizio. Insomma, non solo un servitore devoto, ma anche un amico sincero, tra ammirazione e una vena di rimpianto personale.
Ma nello spettacolo, un’altra attrice si aggiunge alla rappresentazione. Vera Dragone impersona infatti le donne importanti nella vita del mitico Totò, descrivendone pregi pubblici e, innegabili, difetti privati dell’uomo: da Liliana Castagnola, la celebre soubrette che si suicidò per lui, a Diana Bandini, la moglie di Totò che gli diede l’unica figlia, Liliana de Curtis, e Franca Faldini, sua ultima compagna di vita.
Dopo la morte di Totò, il buon Valdi provò a ripartire, tentando ad approdare anche al grande schermo, ma senza successo, perché in realtà restò schiacciato dalla maschera che aveva indossato per vent’anni.
Un uomo solo, quasi misantropo. Non c’è quasi traccia di lui, sembra quasi un personaggio immaginario e anche della sua vita privata si sa ben poco. Il suo destino è stato quello di aver dato un contributo importante al percorso di un grande attore, ma nel 2003 morirà dimenticato.
Immagine di apertura: Totò e Dino Valdi nel 1958 sul set del film La legge è legge, regia di Christian-Jaque. La somiglianza è notevole
Dopo essere stato in Calabria, in Toscana e in Veneto, il 31 marzo lo spettacolo sarà a Taranto, il 1 e 2 aprile ad Altamura, il 14 ad Asti, il 21-22-23 aprile a Catania, il 28 aprile a Salerno e infine l’11-12-13-14 maggio a Roma al Teatro Quirino