Firenze 27 Gennaio 2024

È una lunga storia quella degli integratori, insieme di sostanze di origine vegetale, minerale o animale destinate a colmare eventuali carenze alimentari. Già all’inizio del secolo scorso appaiono sulle pagine della Domenica del Corriere le prime inserzioni pubblicitarie di prodotti allora presentati come “ricostituenti”. Per citarne soltanto alcune, espresse con lo stile retorico dell’epoca, si va dall’olio di fegato di merluzzo alla Emulsione di Pitiecor con ipofosfiti di calcio e sodio per la cura di “rachitismo, scrofola e malattie esaurienti”, all’Ischirogeno a base di fosforo, ferro, calce, chinina pura, coca e stricnina.

Una vecchia confezione di Bioplastina Serono, ricostituente considerato miracoloso nei primi decenni del Novecento (foto: Pharmakoteka)

Il preparato, “ricostituente mondiale che viene preferito dai colossi della scienza, irrobustisce il giovane, sviluppa la donna e fortifica il vecchio” è stato commercializzato fino agli anni Cinquanta del secolo scorso. Poi il Proton, ricostituente jodio-fosfo-ferruginoso per bambini gracili e anemici, la Bioplastina Serono a base di lecitina d’uovo per iniezioni intramuscolari, preparato che ha accompagnato più generazioni, fino agli anni Cinquanta, il ricostituente più longevo. La maggiore disponibilità economica, di cui la maggior parte della popolazione ha cominciato a godere in Italia dagli inizi degli anni Sessanta, ha dato spazio alla attività fisica. Mantenersi in forma per potenziare la sensazione di benessere e migliorare il proprio aspetto, ha aperto le porte delle palestre. È iniziata la fase degli integratori assunti spesso di propria iniziativa, per aumentare il volume muscolare e la forza fisica sul modello di alcuni eroi, sempre vincenti, dello schermo. Sono integratori derivati dal testosterone, ormone maschile, indicati come “anabolizzanti” che incrementano la fase di costruzione del tessuto muscolare, alterandone l’equilibrio naturale. Esistono molte riserve riguardo all’uso di tali integratori visti gli effetti sull’apparato cardiocircolatorio e sul metabolismo.

Al momento attuale gli integratori occupano interi scaffali nelle parafarmacie, ma anche le farmacie sono ben provviste (foto di moakets)

C’è un altro importante settore di particolare attualità e in continuo sviluppo, favorito dallo maggiore aspettativa di vita. Si vive più a lungo grazie alle migliori condizioni socioeconomiche ed a un sistema sanitario più efficiente rispetto al passato. Oggi la popolazione anziana, sollecitata da una pubblicità televisiva martellante, tende a ricorrere agli integratori, soprattutto ai cosiddetti antiossidanti, e  a vitamine di ogni tipo, nonostante abbia una buona alimentazione. Negli Stati Uniti il fenomeno è dilagante: gli anziani, nelle ultime due decadi, risultano i maggiori consumatori di supplementi dietetici; vi ricorre il 70 per cento della popolazione americana in questa fascia di età. In Italia gli integratori vengono utilizzati da 8 soggetti su 10 al di sopra dei 65 anni (studio recente condotto dal Future Concept Lab). Negli ultimi 12 mesi l’83 per cento degli italiani ha utilizzato almeno un integratore, nella terza età soprattutto supplementi per le ossa e le articolazioni. Tra i più adoperati dalla “silver generation” ci sono gli integratori per i problemi intestinali: ne fa uso il 25 per cento degli anziani. Il messaggio pubblicitario è che un migliore equilibrio della flora batterica intestinale – il cosiddetto microbiota – contribuisce al benessere e al potenziamento della risposta immunitaria.
Tuttavia, sempre nella popolazione in là con gli anni, non vanno sottovalutati i rischi dell’eccesso di vitamine liposolubili come la vitamina A, la E e la D che tendono all’accumulo nell’organismo dando luogo ad effetti tossici. Anche l’interazione tra farmaci ed integratori può dar luogo ad effetti dannosi, tenendo presente che oltre la metà degli ultra sessantacinquenni assume più di cinque medicinali al giorno.

L’integratori a base di vitamine hanno un grande successo fra la popolazione anziana. In realtà sono superflui e quelli a base di vitamine liposolubili (A, E e D) possono avere effetti negativi (foto di Clker-Free-Vector-Images)

Una attenzione particolare merita l’assunzione contemporanea di integratori e farmaci anticoagulanti: i rischi sono quelli di ridurre o di esaltare l’attività di quest’ultimi con il rischio di gravi eventi emorragici.
La conclusione di questa breve sintesi sull’uso, sempre più diffuso, degli integratori, soprattutto nella popolazione anziana, impone una valutazione attenta da parte del medico. L’integratore non può essere considerato come un alimento. E la domanda chiave alla fine è questa: è necessario un apporto esterno di vitamine o comunque di integratori per mantenersi in buona salute a settant’anni? Scorbuto, beriberi, pellagra, malattie da carenza vitaminica non si osservano più ad eccezione dei Paesi sottosviluppati dove la malnutrizione è più diffusa. Da noi una dieta come quella mediterranea dove figurano carboidrati (pane, pasta), legumi (fagioli, ceci, lenticchie), pesce azzurro (sgombro, sarde, alici) olio d’oliva extravergine, verdura e frutta (soprattutto quella rossa come mirtilli, fragole, bacche di Goji, melograno), è ricca di sostanze antiossidanti e vitamine. Un tale regime alimentare è sufficiente per stare bene, non servono integratori.

Immagine di apertura: foto di BruNo

Nato a Reggio Calabria, fiorentino di adozione, neuropsichiatra e geriatra. Laureato in Medicina presso l'università di Messina, dopo l’esperienza di medico condotto in Aspromonte, si è trasferito a Firenze presso l’Istituto di Gerontologia e Geriatria diretto dal professor Francesco Maria Antonini. Specializzato in Gerontologia e Geriatria, Malattie Nervose e Mentali, presso l'Ospedale I Fraticini di Firenze si è occupato del settore psicogeriatrico. È stato docente di psicogeriatria all'Università di Firenze. Ha collaborato al "Corriere della Sera" con una rubrica dedicata alla Geriatria.

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