Firenze 27 Maggio 2023

Albert Einstein, genio dell’umanità, punto di riferimento per capacità intellettive e creative, dormiva 10 ore per notte. All’opposto a Salvador Dalì bastavano sonnellini ad intervalli di due ore. Due geni e due originali, senza dubbio. Ma si tratta di condizioni decisamente stravaganti visto che l’eccesso di sonno, come la sua carenza, non ci mettono in grado di avere un risveglio sereno, di buon umore, pronti ad affrontare difficoltà ed imprevisti. Ma qual è il segreto di un sonno ristoratore tanto più ad una certa età? La risposta ci viene dalle Neuroscienze e, in particolare dalla Cronobiologia, la scienza che si occupa dei ritmi biologici, ovvero di quell’andamento periodico (ciclo) cui vanno incontro tutte le funzioni dell’organismo, dalla singola cellula ai diversi organi e sistemi, così da consentirci l’adattamento al continuo mutare dell’ambiente circostante.

Tutte le funzioni del nostro organismo sono soggette ad un andamento ritmico secondo un preciso orologio biologico (ritmo)

Il ritmo fa parte della natura, è insito in tutto l’universo, nel nostro pianeta con l’alternarsi del giorno alla notte e delle stagioni. L’ attività cardiaca (sistole/diastole, ovvero riempimento di sangue del cuore e successivo svuotamento), la respirazione (inspirazione/ espirazione), l’apparato digerente (peristalsi diurna/assente la notte) sono regolati da un ritmo.
Anche le trasformazioni chimiche degli alimenti che assumiamo, il metabolismo, gli ormoni che produciamo, i neurotrasmettitori cerebrali che regolano le nostre capacità fisiche e mentali mutano dalla mattina alla sera secondo un preciso un ritmo. Anche il sonno è regolato da un ritmo: il ciclo sonno-veglia, che si ripete con un periodo approssimativamente di 24 ore, indicato come “circadiano” (dal latino circa diem, intorno al giorno), controllato da due strutture nervose: l’ipotalamo e la ghiandola pineale, situati nel cervello, il primo nella superficie inferiore, la seconda al centro. Quest’ultima è importante perché regola la produzione di melatonina, l’indicatore “biologico del buio” strettamente correlato alla tendenza a dormire degli esseri umani.
I suoi livelli nel sangue aumentano al crepuscolo, raggiungono il picco alle 3-4 del mattino e diminuiscono verso l’alba. Anche se non si può definire l’ormone del sonno, la melatonina viene impiegata nell’insonnia dovuta al cambiamento di fuso orario, la cosiddetta sindrome da jet lag e quando è ipotizzabile una alterazione dei ritmi circadiani.

L voli transcontinentali espongono ad una brusca variazione di fuso orario a cui l’orologio biologico del nostro organismo fa fatica ad abituarsi. In questi casi può comparire insonnia, detta “sindrome da jet lag” (foto di Jason Toevs)

Lo studio più approfondito del sonno è stato possibile grazie all’elettroencefalogramma che, registrando l’attività elettrica cerebrale, ha permesso di individuare alcune fasi del sonno, dall’addormentamento al sonno più profondo. La fase REM, acronimo di rapid eye movement, si accompagna a movimenti oculari rapidi in entrambi gli occhi e scomparsa del tono muscolare, eccetto nei muscoli oculari. È la fase in cui il soggetto sogna e, se viene risvegliato, può raccontare la scena onirica ed è molto importante ai fini del recupero delle energie fisiche e mentali. Alla fase REM si alternano altre tre fasi con movimento oculare non rapido indicate come NREM.
Le funzioni del sonno non sono limitate al recupero delle energie fisiche e psichiche. È dimostrato che durante il sonno ha luogo un potenziamento delle difese immunitarie, ma anche il consolidamento delle informazioni acquisite durante il giorno, con un effetto benefico sulla memoria. Altrettanto importante la funzione dell’oblio, una sorta di “pulizia” che evita il sovraccarico di informazioni irrilevanti al nostro equilibrio emotivo e alla nostra sopravvivenza.
Si delinea così una funzione polivalente del sonno che spesso non è conosciuta come meriterebbe. Sarebbe pertanto auspicabile una informazione adeguata, sin dalle prime classi elementari, sul sonno e sui più semplici comportamenti da mantenere per una sana crescita e sviluppo. Che cosa facilita il sonno sempre ma specialmente nella persona anziana? Non mangiare fuori orario, praticare attività fisica di mattina alla luce del sole, evitare lunghe esposizioni allo schermo televisivo e l’uso prolungato del cellulare prima di coricarsi.

I medici di famiglia prescrivono con facilità farmaci per dormire ai soggetti avanti negli anni, pratica inutile e rischiosa perché questi preparati deprimono il tono muscolare, favorendo le cadute (foto di Cottonbro Studio)

Ma  è assolutamente da sfatare lo stereotipo che l’età avanzata riduca il bisogno di sonno. Varie ricerche hanno dimostrato che quando si verifica, è conseguenza di un minore impegno diurno, o delle ripetute “pennichelle” cui è facile indulgere se non si ha niente da fare. Ricordiamo poi che i farmaci antinfiammatori e la nicotina inibiscono la produzione endogena di melatonina e alterano l’orologio biologico e la struttura dei ritmi circadiani, incluso quello del sonno. Capita di non riuscire a dormire per motivi di stress familiare o lavorativo o in seguito ad una perdita, ad un lutto. Il rimedio immediato sono i cosiddetti tranquillanti, di solito le benzodiazepine, di cui si fa un uso quasi sconsiderato, complice la facilità e la disinvoltura con cui i medici di medicina generale li prescrivono. In realtà vanno evitati per la riduzione dell’attenzione che provocano, con possibili effetti negativi sulla memoria, ma, soprattutto, nei soggetti anziani per il rischio di instabilità posturale e di cadute dovuto alla riduzione del tono muscolare che questi farmaci inducono.

Immagine di apertura: foto di Marjonhorn

Nato a Reggio Calabria, fiorentino di adozione, neuropsichiatra e geriatra. Laureato in Medicina presso l'università di Messina, dopo l’esperienza di medico condotto in Aspromonte, si è trasferito a Firenze presso l’Istituto di Gerontologia e Geriatria diretto dal professor Francesco Maria Antonini. Specializzato in Gerontologia e Geriatria, Malattie Nervose e Mentali, presso l'Ospedale I Fraticini di Firenze si è occupato del settore psicogeriatrico. È stato docente di psicogeriatria all'Università di Firenze. Ha collaborato al "Corriere della Sera" con una rubrica dedicata alla Geriatria.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.