Milano 23 Maggio 2020

È il momento delle accuse e delle controaccuse. Di mezzo c’è la politica e l’economia; la Sanità è solo collaterale. Il tema è la pandemia in corso. Il teatro dello scontro sono stati finora i media e i rapporti diplomatici, ma ora lo diventa la 73esima Assemblea annuale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, in sigla OMS. I veri contendenti sono gli Stati Uniti (o meglio il Presidente Donald Trump) e la Cina, ma sotto accusa è tutta l’organizzazione. A Ginevra, in videoconferenza, 116 paesi hanno annunciato nella giornata di apertura di sostenere la bozza di risoluzione presentata dall’Unione Europea. Il testo chiede un’inchiesta indipendente sulla gestione della crisi sanitaria costata finora nel mondo oltre 5 milioni di contagi e 329.000 morti.

Il palazzo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha sede a Ginevra. L’istituto dell’Onu specializzato per la salute fu fondato nel 1946 ed entrò in funzione nel 1948. Attualmente conta 193 Paesi aderenti (foto Wikipedia.org)

Escono via via gli scheletri dagli armadi e la vicenda del coronavirus diventa un intreccio di malafede, interessi economici e politici, sottovalutazioni, pregiudizi. E tanta ignoranza, alimentata dai media e anche da esperti e pseudo-esperti pronti a dire la loro in ogni platea pur di mettersi in mostra. E ora c’è questa risoluzione che chiede un’inchiesta. Non è detto che dietro ci sia una volontà politica di proteggere l’OMS, e non di metterlo sotto accusa. La risoluzione ha, infatti, come matrice l’Unione Europea. L’alto rappresentante per la Politica estera Ue Josep Borrell, tramite una portavoce, ha ribadito la necessità di uno “sguardo indipendente” su quello che è accaduto, ma anche che «l’Europa dovrebbe stare fuori rispetto a questa battaglia fra gli Usa e la Cina che si lanciano accuse reciproche». In sostanza Bruxelles chiede una «valutazione imparziale, indipendente ed esaustiva» della risposta internazionale coordinata dall’OMS al Covid-19. Il Presidente cinese Xi Jinping, da parte sua, formalmente non si oppone all’inchiesta, ma vorrebbe dettarne i tempi. «Ci vorrà un’indagine esaustiva basata sulla scienza ed eseguita con professionalità, ma solo quando l’emergenza sarà sotto controllo», ha affermato, ribadendo che «la Cina ha agito con trasparenza e rapidità (proprio quello che viene contestato, ndr), fornendo tutte le informazioni in tempo utile e aiutando con tutti i mezzi i Paesi che ne avevano bisogno». Il Presidente cinese non si è scostato di un millimetro dall’immagine che, dopo gli errori iniziali e il trambusto, ha ridisegnato con grande determinazione, ossia quella di grande soccorritore del mondo con la ciliegina sulla torta dell’annuncio di questi giorni di un dono di due miliardi di dollari all’Oms per combattere il coronavirus. Con la promessa: «Se Pechino dovesse trovare un vaccino, verrà messo a disposizione gratuitamente come bene pubblico mondiale».

Donald Tump accusa la Cina di aver occultato la pandemia e di aver creato il Covid 19 in laboratorio, nonostante che il virologo più famoso d’America, consulente della Casa Bianca, Anthony Fauci abbia sconfessato quest’ipotesi (foto di Gerd Altmann)

Donald Trump, alla vigilia dell’Assemblea, ha minacciato di tagliare definitivamente tutti i fondi all’Organizzazione e ha scritto una lettera di accuse: «L’OMS ha dichiarato lo scoppio di un’emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale soltanto il 30 gennaio, ossia più di un mese dopo che il virus era stato rilevato per la prima volta». Ma Trump stesso in seguito non ha dichiarato l’emergenza nazionale fino a settimane dopo, nonostante fosse a conoscenza del virus. Il New York Times scrive: «Il Presidente si è scagliato contro l’OMS per settimane, mentre la crisi politica e di salute pubblica in patria si intensificava, dicendo che l’Organizzazione è responsabile di molti decessi perché non è riuscito a contestare la versione degli eventi del presidente cinese Xi Jinping sull’origine del virus e sulla sua diffusione iniziale». Nel frattempo, Bill Gates, in contrapposizione a Trump, aumenta le sue donazioni all’OMS e qualcuno già dice che il miliardario è un altro “consigliere” di peso delle politiche dell’organizzazione.
Richard Horton in un editoriale appena uscito su Lancet, la rivista scientifica che dirige, è molto chiaro: «La salute globale ha bisogno di una OMS forte e di un forte Governo degli Stati Uniti a sostegno di questa istituzione. Il presidente Trump vuole danneggiare un’agenzia il cui unico scopo è proteggere la salute e il benessere dei popoli del mondo. Il suo è un crimine contro l’umanità. È un consapevole e disumano attacco contro la popolazione civile globale. Egli dovrebbe ripristinare immediatamente i finanziamenti dell’OMS e offrire all’agenzia il suo pieno e incondizionato sostegno».
La scarsa trasparenza però non è un problema nuovo per l’OMS che ha negli Stati Uniti il suo maggiore sponsor con 400 milioni di dollari l’anno (la Cina contribuisce con 70 milioni). Per capire le frecciate della Casa Bianca, è necessario tornare al maggio 2017 quando nella sede ONU di New York si doveva scegliere il nuovo direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. La Cina, allora, fece convogliare il voto di 50 Paesi africani stretti alleati verso il nome di Tedros Adhanom Ghebreyesus, microbiologo esperto di malaria, ex Ministro della Sanità etiope, su cui pesano i sospetti di aver insabbiato durante il suo mandato ben tre epidemie. Tedros venne comunque eletto perché piaceva a Pechino. Per l’Etiopia, la Cina rappresenta un partner fondamentale coinvolto nella costruzione di infrastrutture (strade, dighe, ferrovie) e in strategie politiche. Inoltre, Pechino ha aperto la sua base militare a Gibuti e l’ha collegata con una ferrovia ad Addis Abeba. Senza dimenticare che l’Etiopia è il secondo Stato più popoloso dell’Africa e rappresenta un importante mercato di sbocco per le merci cinesi. Poteva l’ex ministro degli esteri etiope Tedros, ora capo dell’OMS, non tenere conto di tutto questo e dell’appoggio ricevuto da Pechino per la sua elezione nella vicenda del Covid 19?

Immagine di apertura: il logo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha sede a Ginevra (foto di Miguel Patrinán)

Scomparso improvvisamente nel 2022, era giornalista e scrittore. Nato a Roma nel 1954, si occupava di informazione medico-scientifica e sanitaria dal 1976. Ha legato gran parte della sua carriera al "Corriere della Sera". Negli ultimi anni dirigeva URBES, primo magazine italiano che si occupa di salute nelle città. Insieme a Umberto Veronesi, ha scritto "Una carezza per guarire" (Sperling & Kupfer 2004), "Le donne vogliono sapere" (Sperling & Kupfer 2006), "L’eredità di Eva" (Sperling & Kupfer 2014), "Verso la scelta vegetariana" (Giunti 2011), "I segreti di lunga vita" (Giunti 2013), "Ascoltare è la prima cura" (Sperling & Kupfer 2016). Suoi anche "L’Artusi vegetariano "(TAM editore, 2016) e "L’orto di Michelle" (Universo Editoriale, 2017) scritto con Federico Serra. L'ultimo, “Il genio in cucina” (Giunti editore, 2019)

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