Oggi grazie alla tecnologia si è arrivati a costruire dispositivi artificiali che interagiscono col corpo umano fino al punto di costituire un unico sistema. Ne sono esempio gli esoscheletri. Si presentano come sistemi permanenti di assistenza, impiegati sul lavoro e nella riabilitazione in caso di ictus e di altre disabilità, per potenziare alcune funzioni come il mantenimento dell’equilibrio o la forza muscolare. È interessante partire dal Giappone dove l’invecchiamento della popolazione e la scarsità di personale giovane hanno determinato (accanto ai robot già impiegati da decenni: la società giapponese è la più robotizzata) l’introduzione degli esoscheletri nel mondo del lavoro, in particolare nell’edilizia. Questi dispositivi non si sostituiscono all’uomo come farebbe un robot programmato allo scopo, ma aggiungono forza al lavoro fisico nel sollevare, per esempio, pesi eccessivi. Un esoscheletro di questo tipo, denominato Muscle Suit, simula il comportamento dell’apparato muscolo-tendineo con una riduzione di peso degli oggetti sollevati di 30 Kg. La tuta, come un vero e proprio abito, avvolge i quattro arti e, per mezzo di un sistema idraulico aziona i muscoli artificiali aggiungendo una forza supplementare per il sollevamento di carichi di grossa entità. Altri modelli assomigliano ad uno zaino da portare alle spalle.

Gli anziani in Giappone continuano a svolgere lavori manuali grazie al supporto di un esoscheletro (da Futuro Prossimo)

In Giappone si è arrivati alla conclusione che per mantenere la forza lavoro in una società che invecchia e per non mettere in crisi il sistema previdenziale, si rende necessario il prolungamento dell’attività lavorativa oltre l’età pensionabile, con il supporto della tecnologia. In Italia intanto si discute, molto spesso con toni accesi, e si legifera su un versante opposto, il pensionamento anticipato.
Pur riconoscendo come sacrosanto il diritto al riposo pensionistico dopo una vita di lavoro spesso usurante o poco gratificante, l’uso degli esoscheletri permetterebbe all’anziano (ma siamo sicuri che a 65 anni siamo già nella categoria dei vecchi?) di proseguire il lavoro. Potrebbe essere un’ulteriore possibilità di stimolo per il cervello e i muscoli, secondo le moderne scoperte delle Neuroscienze. Lavorare oltre l’età pensionabile, mantenere il ruolo, mettendo a disposizione degli altri la propria esperienza, aiutare economicamente i nipoti che ancora sono in cerca di occupazione, sono altrettanti buoni motivi per andare avanti. Anche se il nostro impiego non consiste nel sollevare o spostare pesi come nell’edilizia, ma andare in ufficio o al nostro studio, l’esoscheletro ci darebbe più equilibrio e forza alle gambe, qualora non fossimo più in condizioni ottimali. Con il trascorrere degli anni, soprattutto nei sedentari, può aumentare l’instabilità posturale e il rischio di cadute con gravi conseguenze, come la frattura del femore.
Stiamo forse ipotizzando una società costituita da anziani in continuo movimento? Non dimentichiamo che nelle società più avanzate si è verificato un aumento considerevole del numero degli anziani, grazie alla disponibilità di mezzi efficaci per combattere molte malattie che riducono l’aspettativa di vita. Un fenomeno altrettanto importante della nostra epoca in Occidente è il calo delle nascite e, quindi, della futura forza lavoro, indispensabile al mantenimento del livello pensionistico di chi, per età, il lavoro lo lascia. D’altro canto sono sempre più numerosi i cosiddetti “vecchi giovani” attivi, impegnati nel volontariato o in quello che hanno sempre fatto, artigiani o liberi professionisti.
È innegabile, tuttavia, che la tarda età comporta una maggiore frequenza di disabilità. Gli esoscheletri sono progettati per risolvere un gran numero di lesioni motorie che vanno dall’ictus alle lesioni cerebrali traumatiche o di origine degenerativa che compromettono i movimenti. I primi “esemplari”, in grado di prevenire le cadute nelle persone anziane, sono stati sviluppati dai ricercatori dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dell’Ecole Polytechnique Federale di Losanna e testati sui pazienti del Centro di Riabilitazione Don Gnocchi di Firenze. L’evoluzione degli esoscheletri finirà per trasformare la sedia a rotelle in un pezzo da museo?

Immagine di copertina: foto di Steve Bidmead

Nato a Reggio Calabria, fiorentino di adozione, neuropsichiatra e geriatra. Laureato in Medicina presso l'università di Messina, dopo l’esperienza di medico condotto in Aspromonte, si è trasferito a Firenze presso l’Istituto di Gerontologia e Geriatria diretto dal professor Francesco Maria Antonini. Specializzato in Gerontologia e Geriatria, Malattie Nervose e Mentali, presso l'Ospedale I Fraticini di Firenze si è occupato del settore psicogeriatrico. È stato docente di psicogeriatria all'Università di Firenze. Ha collaborato al "Corriere della Sera" con una rubrica dedicata alla Geriatria.

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