Milano 27 Maggio 2023

La massima è nata a Wall Street ma nel corso degli anni è diventata famosa anche in tutte le altre Borse del mondo. «Sell in may and go away» (vendi in maggio e vai lontano) è in pratica un invito a chi opera sui mercati azionari ad alleggerire le proprie posizioni nel mese di maggio, ritenuto il peggiore dell’anno per investire. Esiste anche una versione nostrana: «Vendi a maggio e fai un bel viaggio», che a dire il vero sembra quasi lo slogan di un’agenzia turistica.

Sull’origine e sulle motivazioni di questo invito circolano varie ipotesi. Una di queste parte dal presupposto che a maggio si chiude la stagione delle cedole, cioè il periodo in cui le società quotate pagano il dividendo annuale. Chi possiede le azioni sarebbe quindi incentivato a vendere in tutto o in parte il proprio portafoglio azionario subito dopo avere incassato la relativa quota di utili distribuiti. Magari con l’intento di tornare ad acquistare dopo l’estate, alla ripresa delle normali attività economiche. Ma c’è anche una teoria che potremmo definire “complottista”, secondo la quale a consigliare di vendere sarebbero alcuni ignoti investitori (ma sarebbe più corretto definirli speculatori) dotati di maggiore capacità economica, con il solo scopo di far scendere temporaneamente le quotazioni e potere così comprare a prezzi più bassi. E infine c’è l’esercito degli scettici, che non crede ai proverbi e alle credenze sulla stagionalità degli andamenti dei mercati.

Davvero il mese di maggio, come recita un vecchio detto, è il meno adatto per investire in azioni? A conti fatti non sembra essere così (foto di C Saba Nagy)

Fatto sta, però, che ogni anno a maggio operatori piccoli e grandi riscoprono il vecchio detto, magari circoscrivendolo a una sola parte del mese, come la prima o l’ultima settimana, a seconda della propria convenienza. Ma quanto c’è di vero nella leggenda che vorrebbe il mese di maggio poco adatto all’investimento in azioni? Un’analisi storica che vada troppo indietro nel tempo sarebbe molto difficile da realizzare, a causa dei numerosi cambiamenti intervenuti nella composizione degli indici e ai fattori contingenti che li hanno caratterizzati. Limitando l’analisi a quanto è accaduto nell’ultimo decennio e nelle principali Borse mondiali, i numeri smentiscono la teoria che indica in maggio il mese delle vendite.

Uno studio recente ha messo a confronto l’andamento dal 2012 a oggi (in pratica l’ultimo decennio) dei più noti indici azionari europei (il Dax tedesco, il Cac 40 francese, l’Ukx di Londra e l’italiano Ftse-Mib) e i due principali di Wall Street, vale a dire lo Standard&Poor’s (che rileva ben 500 società quotate) e il Nasdaq, composto da un paniere di sole società tecnologiche e ad alto potenziale di crescita. La comparazione è stata fatta sul periodo maggio-settembre, motivando la scelta con la considerazione che i mesi estivi (giugno, luglio e agosto) sono poco significativi a causa della riduzione stagionale degli scambi.

Ebbene, utilizzando questi parametri emerge una clamorosa sconfessione del luogo comune ormai radicato che vorrebbe maggio il mese delle vendite in Borsa. Nel caso di Francoforte, in otto casi su undici il bilancio del periodo è risultato positivo. Più o meno identico è il risultato di Parigi e Milano (sette a quattro in entrambi i casi), mentre Londra è la piazza finanziaria più equilibrata: in sei casi l’indice nel periodo è migliorato e in cinque è peggiorato. Fin qui l’Europa. Dove invece la differenza è schiacciante è a Wall Street, proprio la Borsa dove è nato il pregiudizio sulle vendite di maggio. Sia nel caso dell’S&P 500, sia in quello del Nasdaq, infatti, si contano nove bilanci positivi contro soltanto due negativi. Se invece si prende in esame l’andamento dello scorso anno, tutto cambia. La performance maggio-settembre 2022 è decisamente negativa ovunque: Francoforte ha ceduto il 15,1%, Parigi il 13,1%, Londra l’8,8% e Milano il 16,1%. Quanto agli Usa, nello stesso periodo il calo è stato dell’11,9% per l’S&P 500 e del 12,9% per il Nasdaq. Chi dunque fa riferimento al solo anno scorso può dire a ragione che a maggio è iniziata la discesa delle Borse.

Il FtseMib all’inizio di maggio valeva 26.630 punti e a metà mese ha registrato un leggero aumento, sconfessando l’idea che maggio non sia adatto per investire (foto di di Gerd Altmann)

E l’anno in corso? In questo caso prendiamo in esame, a mo’ di esempio, soltanto il FtseMib, il cui paniere è composto dalle 40 principali società quotate a Piazza Affari. All’inizio del mese corrente l’indice valeva 26.630 punti e nella prima metà del mese di maggio ha registrato un leggero aumento, arrivando a quota 27.347 punti. Nella terza settimana di maggio non ci sono state particolari variazioni (dai 27.245 punti di lunedì 15 ai 27.520 di venerdì 19). Nelle sedute successive l’indice ha registrato tre ribassi consecutivi, ma la quotazione di giovedì 25 maggio è rimasta comunque sugli stessi livelli di inizio mese. Negli ultimi dieci anni, infine, esaminando soltanto il mese di maggio, i segni negativi sono la maggioranza. L’indice ha perso terreno nel 2011, 2012 e 2019. In positivo gli altri sette anni. A ulteriore riprova che a dar retta ai proverbi si sbaglia quasi sempre.

 

Immagine di apertura: foto di Gerd Altmann

Nato a Rivanazzano Terme (Pavia) è giornalista professionista dal 1977. Per quasi trent'anni alla redazione Economia del "Corriere della Sera", è tuttora titolare della rubrica quotidiana sulla Borsa Valori. Prima di approdare nel 1986 a via Solferino, è stato Caporedattore a "Il Mondo" e in precedenza ha lavorato al "Sole24ore" e alla "Gazzetta del Popolo" di Torino. Tra i suoi libri, "Guida facile alla Borsa", Sperling & Kupfer (tre edizioni, l'ultima nel 2000) e "Meno Agnelli, più Fiat, cronaca di un cambiamento", Daniela Piazza Editore, 2010.Nel 2019 per Mind Edizioni è uscito il suo ultimo libro, "Difendi i tuoi soldi. Capire prima di investire".

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