Milano 27 Marzo 2023

Se c’è un’attività basata quasi esclusivamente sulla fiducia, questa è sicuramente quella bancaria. Ecco perché i recenti fallimenti di due istituti di credito americani e la crisi del Credit Suisse hanno destato allarme anche da noi. L’argomento ha tenuto banco sulla stampa finanziaria e non, con i pessimisti che hanno evocato il tracollo della Lehman Brothers del 2008 e gli ottimisti che hanno subito sottolineato come i due episodi siano circoscritti ai due Paesi interessati e quindi assolutamente estranei al sistema bancario europeo. Chi ha ragione? Da come si sono sviluppate le due vicende nei giorni immediatamente successivi, la risposta sembra favorire i secondi. Per ora non c’è stato un effetto Leheman. Gli interventi delle autorità di controllo (e dei governi) negli Stati Uniti e in Svizzera hanno scongiurato ogni pericolo di contagio. Le Borse, dopo una reazione iniziale comprensibilmente negativa, hanno ben presto archiviato la crisi come un normale incidente di percorso. In realtà le conseguenze ci saranno, soprattutto sul fronte elvetico. E sono di due tipi: reputazionale e legale.

Euro e franco svizzero a confronto: il recente crollo del Credit Suisse ha fatto perdere credibilità al sistema bancario svizzero (fonte: gazzettasvizzera.org)

L’immagine del sistema bancario svizzero ha certamente subìto un duro colpo. Ci vorranno anni per cancellare dalla memoria collettiva un evento che, se sul piano tecnico è stato risolto in tempi rapidi, per quanto riguarda il buon nome delle istituzioni creditizie della Confederazione lascia una cicatrice destinata a rimanere a lungo. La proverbiale solidità del sistema bancario svizzero è stata per la prima volta intaccata, anche se non ci sono state ricadute dirette sulla massa dei risparmiatori, se non indirettamente dal momento che l’azzeramento delle obbligazioni subordinate (più rischiose di quelle ordinarie) della banca ormai assorbita dall’Ubs, sua principale concorrente, peserà nei portafogli di fondi d’investimento e fondi pensione. Per dare una misura del danno complessivo, basta ricordare che, come ha rilevato Bloomberg, le obbligazioni coinvolte ammontano a circa 275 miliardi di dollari. Chi le aveva in portafoglio sarà costretto a svalutarle. Comprese le principali banche di tutto il mondo che, a seconda dell’entità della loro esposizione, risulteranno indebolite nella loro struttura patrimoniale. È questa l’unica vera ricaduta sul sistema bancario globale, arginata peraltro dalle riserve dei singoli istituti e dalle promesse delle principali banche centrali di intervenire, se necessario, con robuste iniezioni di liquidità.

La banca di Winterthur nel Cantone di Zurigo in un’immagine del 1862. Nel 1912 diventerà Unione di Banche Svizzere, da cui l’acronimo UBS

Altra cosa, invece, è la procedura seguita per il salvataggio, che ha sollevato molte critiche e perplessità, soprattutto da parte di Fed e Bce, le banche centrali di Stati Uniti ed Europa. Sotto accusa è la priorità data ai detentori di azioni dell’ex Credit Suisse rispetto ai possessori delle obbligazioni cosiddette At1 (le subordinate di primo livello). In questo modo gli azionisti – e in particolare la Saudi National Bank, che possedeva la maggioranza relativa dell’istituto – hanno sopportato un danno minore, dal momento che hanno ottenuto in cambio – attraverso una valutazione sicuramente penalizzante, ma in ogni caso meglio del totale azzeramento – azioni della nuova controllante Ubs.
È la prima volta che accade nella storia dei dissesti bancari. Normalmente, a pagare sono prima di tutto gli azionisti e solo in seconda battuta gli obbligazionisti, mentre i depositanti sono garantiti fino a 100 mila euro nell’Unione Europea e fino a 250 mila dollari negli Usa. In qualche modo, come hanno fatto notare molti osservatori, le autorità svizzere hanno violato per due volte le loro stesse regole: la prima volta quando hanno imposto la vendita forzata dello storico istituto di credito alla rivale Ubs senza passare attraverso il voto degli azionisti di quest’ultima; la seconda nel momento in cui hanno deciso di privilegiare gli azionisti rispetto agli obbligazionisti. Per contrastare questa procedura si sono già messi in moto i più importanti studi di avvocati d’affari svizzeri ed europei, che hanno preannunciato l’apertura di cause legali con richieste di danni. Si preannuncia dunque una lunga battaglia nelle aule dei tribunali, di cui non è possibile al momento prevedere la conclusione.
Quanto ai possibili riflessi sul nostro Paese, al di là delle rassicurazioni fornite dagli organi di controllo, qualche rischio esiste.

L’ingresso della sede di UBS in Paradeplatz a Zurigo

Per esempio se, nell’ambito della diversificazione degli asset, una o più banche italiane dovesse aver messo in portafoglio le obbligazioni subordinate del Credit Swiss. In questo caso l’investimento andrà totalmente in fumo, con la conseguente perdita da registrare a bilancio. Tutto dipenderà dalla consistenza delle riserve di ciascuna banca, che le autorità monetarie monitorano costantemente.
Che il problema esista lo dimostra l’andamento in Borsa delle azioni bancarie. Il comparto a Piazza Affari nelle ultime settimane ha segnato qualche flessione. Ma per il momento, pur avendo accusato il colpo, le quotazioni reggono. Da parte sua il governatore di Bankitalia Ignazio Visco si è dimostrato rassicurante: «I problemi del Credito Svizzero – ha detto – non sfuggivano ai radar. In Europa abbiamo tutti gli strumenti per fronteggiare la crisi e non rileviamo nelle nostre banche problemi di capitalizzazione e di liquidità».

Immagine di apertura: la sede centrale del Credit Suisse a Zurigo in Paradeplatz (foto di Roland zh)

Nato a Rivanazzano Terme (Pavia) è giornalista professionista dal 1977. Per quasi trent'anni alla redazione Economia del "Corriere della Sera", è tuttora titolare della rubrica quotidiana sulla Borsa Valori. Prima di approdare nel 1986 a via Solferino, è stato Caporedattore a "Il Mondo" e in precedenza ha lavorato al "Sole24ore" e alla "Gazzetta del Popolo" di Torino. Tra i suoi libri, "Guida facile alla Borsa", Sperling & Kupfer (tre edizioni, l'ultima nel 2000) e "Meno Agnelli, più Fiat, cronaca di un cambiamento", Daniela Piazza Editore, 2010.Nel 2019 per Mind Edizioni è uscito il suo ultimo libro, "Difendi i tuoi soldi. Capire prima di investire".

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