Milano 27 Luglio 2022
Claudia e Francesco si incontrano sui banchi di scuola del liceo. Lui schivo e insicuro è subito attratto dalla singolarità fisica (capelli rossi, pelle lunare, occhi diversi l’uno dall’altro) e comportamentale (solitaria, stravagante, abbigliamento maschile) di lei.
La ragazza inizialmente sembra non accorgersi dell’interesse del suo compagno, ma un evento familiare che coinvolge entrambi provocherà il loro scontro/incontro, che porterà alla nascita di un’amicizia molto particolare, caratterizzata da vari tipi di amore: amicale, fraterno, passionale, complice: diventeranno fratelli, amanti, confidenti, complici, sempre liberi nelle loro esperienze di ogni tipo.

Claudia e Francesco sono i due protagonisti di Spatriati, libro vincitore del 76° premio Strega. Pubblicato da Einaudi, è un’opera di Mario Desiati, classe 1977, laurea in Legge, scrittore e giornalista nato a Martina Franca (Brindisi), trasferitosi a Roma. E proprio da Martina (Franca), una “perla” della Valle d’Itria, nell’altopiano delle Murge, prende le mosse il romanzo. Claudia più insofferente verso il chiuso ambiente provinciale si allontana subito da Martina, il paese pugliese in cui vivono, sia per studiare (Londra, Milano), sia per lavorare (Berlino) e stimola Francesco a seguirla. Francesco, meno intraprendente, più stanziale, rimane a Martina e inizia fra loro un rapporto fatto di telefonate in cui Claudia gli racconta tutto di sé, dei suoi amori falliti e dei suoi errori. Poi, la svolta: Francesco abbandona la sua attività lavorativa e decide di raggiungerla a Berlino.
Una scelta non casuale, anche se non confessata: il fascino della capitale tedesca sembra imperituro, strettamente connesso a un suo passato indelebile. Come non ricordare la parentesi turbolenta e libertina della Repubblica di Weimar tra i due conflitti mondiali? O la Berlino Ovest di David Bowie e Iggy Pop, rifugio sicuro per artisti, squatter, libertari, e…spatriati di ogni genere?
In effetti Claudia e Francesco cercheranno, in piena libertà, di trovare se stessi, di individuare la loro identità sia professionale, sia personale e sessuale. Appartengono alla categoria degli “spatriati”, degli incerti, dei dubbiosi, degli indefiniti, degli irregolari, che aborrono le convenzioni e le strutture sociali precostituite. E dove, se non a Berlino?Stenteranno però a trovare un equilibrio.

Il romanzo fotografa la situazione complessa dei giovani attuali, “fluidi”, che nutrono dubbi e incertezze sul loro futuro e la loro identità e che vogliono sentirsi liberi e aperti ad ogni tipo di esperienza. E che, come dice l’autore in un’intervista recente a il Corriere della Sera «Cercano fortuna fuori dal loro ambito familiare, fuggono all’estero e possono fallire. Quelli che per scelta, o destino, non accettano i modelli sociali vincenti della nostra società; eppure, non per questo rappresentano una generazione persa».
L’autore si sente molto vicino a loro e sembra quasi dire: «So come siete come vi sentite, ci sono passato anch’io». Trasmette quindi un messaggio di solidarietà, ma nient’altro; non dà speranze, non dispensa consigli. Le storie e le situazioni di Claudia e Francesco, infatti, non si risolvono. Lui sempre da “spatriato” torna a Martina e al suo cattolicesimo rituale, alla sua quotidianità provinciale; lei fugge ancora una volta.
Il libro è diviso in sei capitoli più un epilogo tutti preceduti da una spiegazione che ne introduce il clima. I primi tre, ambientati in Puglia, hanno titoli dialettali e gli altri tre titoli tedeschi perché si svolgono a Berlino; questo a sottolineare i due luoghi più importanti per la vita e la crescita dei protagonisti e ancor di più la loro incertezza e la loro dicotomia.
La scrittura risulta piana, lineare, piacevole soprattutto nella prima parte, che caratterizza la provincia pugliese con il suo perbenismo, i suoi moralismi, i suoi rituali religiosi, appunto; le descrizioni dei paesaggi della Valle d’Itria diventano quasi poetiche e rispecchiano l’amore dello scrittore per la propria terra.

Nella seconda parte la narrazione è meno convincente. Le dettagliate descrizioni di Berlino, dei vari club dove si pratica sesso libero e circola droga sembrano eccessive, dettate da voglia di stupire, di trasgredire, di rispecchiare una parte del mondo giovanile di oggi e magari di puntare (furbescamente o meno) ad una riduzione televisiva, o filmica.
Anche nella libera e sfrenata Berlino, comunque, non mancano i ricordi e i parallelismi con situazioni e immagini di Martina, da cui traspaiono magia e nostalgia. E un attaccamento alla terra d’origine, da cui il protagonista non riesce a staccarsi. Così come l’autore, che rende omaggio con citazioni, dettate dalla comune passione per la lettura di Francesco e Claudia, agli scrittori pugliesi (Vittorio Bodini, Biagia Marniti, Maria Corti…) considerati “ispiratori del suo immaginario”.

Un libro che alla fine lascia perplessi, nonostante l’assegnazione del premio Strega. Il ritratto di una generazione sembra monco: è assente ogni riferimento e aggancio al contesto sociale più generale proprio di questa generazione. Il sospetto di rincorrere – con passione sincera, senza dubbio – le estasi e i tormenti molto trendy è forte. E l’indefinitezza e le incertezze di Claudio e Francesco diventano un tarlo per le certezze del lettore.
Immagine di apertura: le statue in bronzo Tre ragazze e un ragazzo, sulle sponde del fiume Sprea di fronte al Duomo di Berlino, realizzate dallo scultore Wilfried Fitzenreiter nel 1988 (foto di diaan11)