Milano 19 Dicembre 2020

Una società quotata in Borsa decide di aumentare il capitale, poniamo di 200 milioni di euro. Nelle pagine finanziarie dei quotidiani la notizia viene correttamente riportata con tutti i particolari del caso: modalità, tempi, magari anche il perché e le finalità dell’operazione. I titoli degli articoli, però, non sono tutti uguali. Primo esempio: “200 milioni di soldi freschi nelle casse della società X”. Secondo esempio: “La società X chiede 200 milioni al mercato”. Terzo esempio: “Cresce di 200 milioni il capitale della società X”. Tre titoli diversissimi tra loro per dire nella sostanza la stessa cosa. Ma con un impatto enormemente differente sui lettori.
Nel primo caso il messaggio veicolato è indubbiamente ottimistico: quei “soldi freschi” in arrivo danno immediatamente l’idea di qualcosa di positivo per l’azienda e per i suoi azionisti, i quali si sentiranno maggiormente disponibili a mettere mano al portafoglio per sottoscrivere le nuove azioni. Nel secondo caso l’input è diametralmente opposto. Quella di chi “chiede soldi” non è certo un’immagine rassicurante. Di conseguenza, chi questi quattrini li deve sborsare avrà quanto meno qualche dubbio sull’opportunità di farlo. Il terzo e ultimo caso si potrebbe definire “neutro”: il titolo è certamente meno fantasioso, ma almeno è ineccepibile sul piano della correttezza.
Certo, gli addetti ai lavori non saranno per nulla influenzati dalla titolazione. Ma quanti lettori potrebbero esserlo? Il successo di un’operazione di ricapitalizzazione può davvero dipendere da come essa viene annunciata dai media? E ancora: quante altre notizie potrebbero essere proposte, anche in buona fede, in modo fuorviante?

L’informazione economica è spesso “manipolata”; dal giornalista che la trasmette attraverso i media, o dalla fonte stessa di quella notizia, un’azienda, ad esempio (foto di Nappy)

Al di là dell’esempio fatto, una qualsiasi notizia economica può essere in realtà “manipolata” – nel senso letterale del termine, senza alcuna valenza negativa – nell’ambito di un disegno più globale. Se si tratta di carta stampata, sarà la titolazione a produrre l’effetto principale; se il mezzo usato per la divulgazione sarà la radio o la televisione, l’esito sarà ancora diverso. Per non parlare del terreno totalmente inesplorato dei blogger e dei cosiddetti influencer. La capacità di suggestione di un messaggio, specie se accompagnato da suoni e immagini, arriva talvolta a livelli impensabili.
Dobbiamo allora dedurre che la comunicazione, o meglio il modo di comunicare, condiziona l’economia e quindi i mercati? Non sempre, ma in molti casi la risposta è sì. L’esempio lo conferma. E questa constatazione alimenta il dibattito sul ruolo dei mezzi di comunicazione di massa e sulla loro influenza nei confronti della pubblica opinione. Un’influenza spesso “mascherata”. Un po’ come accade per quel tipo di pubblicità che gli studiosi del linguaggio definiscono “subliminale”, che agisce cioè sull’inconscio delle persone. Il classico esempio è quello del pacchetto di sigarette o della bottiglia di whisky lasciato intravvedere nella scena di un film, ma con la marca ben in vista: allo spettatore quella marca resterà impressa nella mente e quando dovrà comprare le sigarette o il whisky sarà portato a sceglierla quasi automaticamente.

Insomma, la comunicazione, più o meno abilmente orientata, può avere una forte influenza sull’economia. Il problema non riguarda soltanto la modalità con cui una notizia viene “gestita” da un tecnico dell’informazione come può essere considerato un giornalista (il titolista del quotidiano, per stare all’esempio dal quale siamo partiti). Spesso è addirittura chi “produce” le notizie (quindi non il giornalista, ma l’azienda che le genera) a far sì che esse vengano propagandate in un modo piuttosto che in un altro al solo scopo di ottenere una determinata reazione. Tutte le tecniche di acquisizione del consenso partono da questo presupposto.
La gestione dell’informazione, dunque, richiede equilibrio, professionalità, buon senso. E non solo in economia e finanza (si pensi alle notizie sull’andamento del coronavirus). Mai nascondere i fatti, ma conoscere l’effetto dirompente che spesso le notizie hanno sul pubblico se non sono riferite con correttezza e senso di responsabilità. La raccomandazione vale per tutti gli intermediari dell’informazione: dai giornalisti agli anchor-man, dai blogger ai divulgatoti di ogni genere. Quanto al pubblico dei risparmiatori, sarebbe necessaria un’educazione specifica alla lettura….

Immagine di apertura: foto di Suzy Hazel Wood

Nato a Rivanazzano Terme (Pavia) è giornalista professionista dal 1977. Per quasi trent'anni alla redazione Economia del "Corriere della Sera", è tuttora titolare della rubrica quotidiana sulla Borsa Valori. Prima di approdare nel 1986 a via Solferino, è stato Caporedattore a "Il Mondo" e in precedenza ha lavorato al "Sole24ore" e alla "Gazzetta del Popolo" di Torino. Tra i suoi libri, "Guida facile alla Borsa", Sperling & Kupfer (tre edizioni, l'ultima nel 2000) e "Meno Agnelli, più Fiat, cronaca di un cambiamento", Daniela Piazza Editore, 2010.Nel 2019 per Mind Edizioni è uscito il suo ultimo libro, "Difendi i tuoi soldi. Capire prima di investire".

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