Firenze 21 Dicembre 2022
In Italia si registra un vero boom di ultracentenari: quest’anno hanno superato quota 20mila. Un numero quadruplicato nell’arco di appena vent’anni (erano poco più di 5 mila nel 2002) ma, considerando soltanto gli ultimi 3 anni, la loro crescita assume le sembianze di un’evoluzione a carattere esponenziale (+43 per cento). In passato, le persone che superavano i cento anni erano davvero poche nei Paesi Occidentali, tanto che si guardava con grande interesse a certe popolazioni indigene dell’America Latina straordinariamente longeve per capire il segreto della loro longevità. Il patrimonio genetico, l’attività fisica, l’ambiente salubre e incontaminato, che cosa contava di più?

Fu questo il senso della spedizione scientifica nella Valle di Vilcabamba (già oggetto di studio di altri ricercatori) organizzata nel 1976 dall’Istituto di Gerontologia e Geriatria dell’università di Firenze, diretto dal professor Francesco Maria Antonini. Vilcabamba era un borgo sperduto nel Sud dell’Ecuador, 1.500 metri sul livello del mare con una perenne primavera e una temperatura costante dai 19 ai 25 gradi con sullo sfondo la scintillante cordigliera delle Ande. Dai primi anni Settanta, grazie alle ricerche del professor Alexander Leaf della Harvard University, Vilcabamba incuriosiva il mondo, e insieme a lei altre due località, ugualmente remote e sconosciute: Hunza, arroccata sulla catena del Caucaso, e Ogimi, nell’isola di Okinawa, in Giappone. Questi luoghi vengono considerati ancora adesso “capoluoghi” della longevità. La nostra spedizione era composta da due cardiologi, un otorinolaringoiatra, uno psicogeriatra (io), un tecnico di laboratorio e un ottimo cuoco per tirare su il il morale del gruppo! Si aggiungevano due giornalisti, uno della carta stampata, l’altro della TV e un cameramen. La località abitata da una popolazione di contadini comprendeva un gruppo di “grandi vecchi” la cui longevità appariva correlata a fattori culturali ed ambientali in quanto l’appartenenza ad etnie diverse, castigliana e indios, ne ridimensionava la componente genetica. Nella nostra avventura disagi e rischi da affrontare durante gli spostamenti per incontrare gli ultracentenari lontani dal centro abitato, erano quotidiani. In una di queste occasioni, alcuni di noi, tra cui il sottoscritto, vennero messi in salvo dalla piena improvvisa di un fiume da alcuni cavalli che ci permisero di scendere dal tetto dell’automezzo con cui viaggiavamo, ormai quasi sommerso.

L’utilità dell’esperienza ecuadoriana è stata quella di conoscere da vicino una realtà, fino a quel momento ritenuta da Guinness dei primati. Solo per indicare alcun nomi e la loro età: Miguel Carpio,112 anni, patriarca del villaggio, Gabriel Eraso,126 anni, Francisco Camacho,129 anni, le cui date di nascita erano state scrupolosamente verificate sui registri battesimali con un lungo ed estenuante lavoro preliminare. La loro autenticità era assicurata.
Lo stato di salute di questi grandi vecchi era eccellente, ad eccezione dei segni di usura dei piedi per l’abitudine ai lunghi percorsi quotidiani su terreni sassosi e con calzature improprie. Sorprendente la partecipazione e il compiacimento di essere oggetto di attenzione, espressione di consapevolezza e di lucidità mentale. E poi la numerosa schiera di ultranovantenni, di una agilità quasi felina, impegnati quotidianamente nel coltivare l’orto per il loro sostentamento, costituito in prevalenza da cereali, legumi, verdure e frutta. I cibi di origine animale, latte e formaggi, erano riservati ai più giovani bisognosi di proteine nobili per la crescita. E poi sempre in cammino nel verde di una natura rigogliosa e accogliente, fino al tramonto. Mentre l’otorinolaringoiatra si occupava della valutazione dell’udito, e i cardiologi delle condizioni circolatorie, allo psichiatra il compito di inquadrare sia le caratteristiche di personalità sia l’efficienza mentale.

Risultati sorprendenti e assimilabili a quelli di soggetti molto più giovani e in buone condizioni di salute. Anche il livello della glicemia e del colesterolo confermavano l’ottimo stato di salute. Nello stesso periodo degli anni Settanta, in Italia la valutazione dell’età era che fino a ottant’anni si era abbastanza vecchi, a novanta quasi dei fenomeni, a cento bisognava gridare al miracolo. Negli anni successivi alla nostra spedizione, il ricordo di quella straordinaria avventura ecuadoriana manteneva l’interesse verso i centenari che prima o poi avremmo incontrato anche in Italia. A Vilcabamba (che oggi ha 5mila abitanti) ormai regna il turismo, centinaia di nordamericani, tedeschi, spagnoli e anche una piccola comunità di una decina di italiani ha fatto si che la “Valle della longevità” sia diventata una meta turistica tra le più ricercate nel suo genere. Ristorantini e localini alla moda, hotel in ogni angolo, agenzie turistiche con proposte di ogni genere.

Intanto, anche in Italia aumentavano gli ultracentenari, che io ho cominciato ad incontrare a partire dagli anni Novanta. Ne ricordo alcuni: una donna di 107 anni, vedova dall’età di 51 anni, morta a 111. Sei figli di cui solo tre viventi. Viveva a Firenze con una figlia ottantacinquenne. Aveva lavorato come lavandaia e poi come donna delle pulizie in ospedale e in un ufficio postale. Aveva una salute eccellente con un unico problema: un’artrosi bilaterale alle ginocchia che limitava la deambulazione a piccoli tratti. Invitata ad un convegno a Firenze nel Salone dei Cinquecento sul tema “Invecchiamento e creatività”, alla presenza del grande architetto Giovanni Michelucci, la nostra centenaria, per nulla intimidita dall’attenzione e dagli applausi del pubblico, con la spontaneità di una persona semplice disse: «È il più bel giorno della mia vita: essere in mezzo a tutta questa bella gente!». Disinvolta e sicura tenne testa alle domande dell’intervistatore del secondo canale della Rai. L’altra ultracentenaria delle mia casistica fiorentina, 112 anni, assisteva seduta accanto al letto della figlia 84enne, affetta da una grave forma di malattia di Parkinson. E poi una donna di 105 anni che, in un paesino vicino a Firenze, andava da sola all’ufficio postale per ritirare la pensione e “incontrare la gente”. In TV preferiva i film polizieschi. Infine un uomo di 101 anni, di Prato, che in estate era felice di andare al mare «per vedere le gambe delle donne».
Piccola casistica personale di ultracentenari, un’anticipazione del futuro che ci attende?
Immagine di apertura: centenari di Vilcabamba in Ecuador fotografati da Antonello Zappadu