Milano 28 Novembre 2022

Non si scrive spesso di montaggio, delle sue tecniche, della sua storia e dell’importanza che ha avuto l’Italia anche in questo settore. Ha rimediato a questo vuoto una bella mostra appena conclusa al Palazzo Ruspoli di Nemi, nell’area dei Castelli Romani, a cura dell’Associazione culturale Chelu e Mare, dedicata al sodalizio fra Federico Fellini e il montatore dei suoi film più significativi: Leo Catozzo, figlio del musicista, poeta e compositore Luigi (Nino) Cattozzo, sovrintendente al Teatro La Fenice di Venezia e segretario della direzione artistica al Teatro La Scala di Milano.

Il prototipo (a sinistra) e un modello in serie (a destra) della “pressa Cabiria” ideata e realizzata da Leo Catozzo nel 1957

Un figlio d’arte dunque, cui si devono innovazioni importanti. Negli anni Quaranta e Cinquanta per realizzare le giunte delle pellicole cinematografiche, in fase di montaggio, veniva utilizzato l’acetone. Leo Catozzo era allergico a quel solvente; dovette trovare un’alternativa ricorrendo, per eseguire le giunte, al nastro adesivo perforato con un punzone a leva. La nuova pressa, riducendo i tempi di montaggio, risolse il problema della perdita di uno o due fotogrammi per ogni giunta ed eliminò la fase di raschiatura dell’emulsione e l’acetone. Leo Catozzo lo costruì di notte, a casa, nel periodo in cui stava montando Le notti di Cabiria con protagonista Giulietta Masina, la grande attrice moglie del regista riminese. L’inventore denominò la giuntatrice, appunto, pressa Cabiria. Fu un successo. Spinto dalle richieste e anche dai piccoli furti dei colleghi, Leo brevettò l’idea e apri una piccola officina per la produzione in serie. In pochi anni la CIR (Catozzo Incollatrici Rapide) con sede a Santa Severa, nei pressi di Roma, divenne un vero e proprio stabilimento industriale conquistando il mercato mondiale della tecnologia del montaggio.
Federico Fellini tempo dopo sottolineò: «La pressa Catozzo ha permesso al montaggio di diventare più creativo di quanto non fosse prima… consente al cineasta di avere ripensamenti in fase di montaggio prima impensabili. È un’invenzione importante nella storia del cinema».

Leo Catozzo in uno schizzo di Federico Fellini

Nato ad Adria (Rovigo) nel 1912, Catozzo fu il braccio destro di Federico Fellini per i film indimenticabili del periodo tra la metà degli anni Cinquanta e la metà degli anni Sessanta, La strada, Le notti di Cabiria, la Dolce Vita, 8 e 1/2, mettendo ordine, in fase di montaggio, al disordine creativo del grande cineasta. Leo – chiamato da Fellini Leuccio e Leuccino, a seconda dell’umore – era legato al regista riminese da profonda amicizia. Fuori dal set con le rispettive famiglie si andava in vacanza e alle Terme. In precedenza, durante la guerra aveva collaborato come sceneggiatore con Mario Mattoli, entrando così in contatto con la casa di produzione Ponti-De Laurentiis, marchio al quale sarebbe rimasto legato per quasi tutta la sua carriera offrendo un contributo importante a Mario Soldati, Alberto Lattuada, Pietro Germi, e René Clément, instaurando con questi cineasti un rapporto creativo che fece di lui un prezioso collaboratore alla regia. Nel 1956 vinse il Premio cinematografico dei produttori americani per il montaggio del film Guerra e pace diretto da King Vidor. Dopo gli anni Sessanta, Leo si dedicò da un lato alla CIR, destinata a diventare un vero e proprio stabilimento industriale per la fabbricazione in serie delle incollatrici rapide; e dall’altro all’antica passione per la musica (laureato in legge si era diplomato in violoncello al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia). Nel giro di pochi anni la sua invenzione, della quale produsse modelli sempre più maneggevoli, leggeri e raffinati, conquistò il mercato mondiale della tecnologia del montaggio.

Audrey Hepburn (Natasha Rostova) e Vittorio Gassman (Anatol’ Kuragin) in una scena di “Guerra e pace” del 1956: film per cui Catozzo vinse il premio dei produttori americani per il montaggio

Il poliedrico imprenditore, premio Oscar speciale alla tecnica nel 1990 (Technical Achievement Award), morì nel 1997 a Santa Severa. La sua innovazione, con l’avvento della digitalizzazione, entrò in ombra con la stessa rapidità con cui si era imposta in tutto il mondo. Tuttavia, le celebrazioni del centenario della nascita di Federico Fellini nel 2020 con il rilancio dell’epopea cinematografica hanno fatto riemergere il nome dell’inventore della pressa Cabiria. E Silvia Nonnato nel 2020 ha dedicato al montatore il libro La Dolce Vita di Fellini e Catozzo.
Gli eredi di Leo, il figlio Alberto e i famigliari, hanno proseguito l’attività industriale della CIR S.r.l. adeguandola alle tecnologie moderne. Negli ultimi anni la ditta si è specializzata nella produzione di macchine restauratrici di vecchi film per le cineteche e per l’industria cinematografica. Le officine Catozzo per il restauro degli originali – rovinati dal tempo, dalla cattiva conservazione e, a volte, dalla tecnologia maldestra – hanno puntato su sistemi che permettono di riprodurre con precisione e velocità le copie restaurate.

La CIR (Catozzo Incollatrici Rapide) a Santa Severa, nei pressi di Roma, in una immagine degli anni Sessanta

La censura preventiva – sanzionata dalla legge Andreotti del 1949 allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, seguita dalla legge del 1962 – tagliò molti metri di pellicola di film memorabili come Umberto D, di Vittorio De Sica. Grazie alla conservazione di una parte del materiale scartato è stato possibile un recupero successivo, anche se parziale, di alcune pellicole. Fellini usava girare fino a 40 ciak per ogni film, un quantitativo di pellicola enorme. Il materiale superfluo non sempre andava al macero. Alberto Catozzo, figlio di Leo, ricorda il recupero di una scena scartata del Casanova dal notevole valore fotografico girata da Fellini a Cinecittà e ambientata in modo magistrale e verosimile nel Canal Grande di Venezia….

Immagine di apertura: Una foto delle riprese della Dolce Vita, con una dedica di Federico Fellini a Leo Catozzo, qui Leuccio

  • Le foto del servizio sono una gentile concessione della famiglia Catozzo
Nato a Cosenza nel 1957, milanese di adozione, laureato in Giurisprudenza, giornalista pubblicista, da diversi anni archivista e bibliotecario al “Corriere della Sera". In precedenza ha lavorato all’ufficio legale delle case editrici Fabbri, Bompiani e Sonzogno. Direttore artistico del caffé Letterario "Portnoy" di Milano dal 1991 al 1995, ha pubblicato le raccolte di poesia "Noi e i ragazzi del Portnoy" (Eliodor 2007) e "Pandosia" (Manni 2009), in prosa "Cantiere Expo"( 2015) e "La leggenda del santo correttore" (2019) entrambi per Bibliotheca Albatros. Melomane e amante della musica classica grazie al nonno materno, pianista dilettante, ama l’arte e viaggiare.

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