Immagini del centro storico di Venezia acquisite dal Satellite Sentinel-2 della Missione Copernicus il 20 febbraio (A) e il 19 marzo (B), ovvero prima e dopo le limitazioni alla mobilità. Si vede chiaramente la scomparsa delle scie di traffico dovute alle imbarcazioni (fonte: CNR)

Milano 23 Giugno 2020

Mai così azzurra e limpida. Così è apparsa ai satelliti l’acqua della Laguna di Venezia in pieno lockdown. Secondo il Consiglio Nazionale delle Ricerche, che ha analizzato le immagini satellitari e studiato i fattori che agiscono sul delicato ecosistema della città, nel periodo di chiusura la torbidità si è quasi azzerata; le acque di Venezia sono tornate trasparenti. Un cambiamento sorprendente, dovuto, secondo il CNR, alla diminuzione del moto ondoso provocato dal traffico nei canali, alle basse precipitazioni e alla drastica riduzione degli scarichi urbani generati dalla calca dei turisti che invade la città. Certo, le considerazioni finali dello studio sono che “L’elevata trasparenza è considerata dai ricercatori una condizione temporanea legata a fattori naturali stagionali e agli effetti delle restrizioni per il contenimento dell’epidemia da Covid-19”. Ma questa quasi simbolica purificazione dell’acqua potrebbe rappresentare il punto di ripartenza per uno dei gioielli del nostro Paese e del mondo. Proprio per promuovere questo spirito di rilancio, in pieno lockdown è stato presentato il “#RimbalzaItalia, misure per contrastare l’emergenza e ripartire con un nuovo slancio nella Città Metropolitana di Venezia”: un manifesto programmatico redatto da diversi esponenti politici veneti insieme a moltissime associazioni di categoria veneziane, il cui intento è non solo e non tanto presentare proposte per il supporto post emergenza sanitaria, quanto tracciare un progetto per trasformare la Laguna in una smart city. Un distretto polifunzionale e piattaforma di innovazione in cui coniugare ambiente, tecnologia, cultura, commercio, residenzialità ed eventi; una sorta di modello/laboratorio internazionale dei cambiamenti climatici e della valorizzazione del patrimonio artistico e culturale. Primo punto: specifiche misure per il sostegno e la tutela del lavoro a vocazione turistica internazionale e di tutto l’indotto collegato, di cui Venezia rappresenta l’esempio emblematico. Tra le proposte, estensione della cassa integrazione e indennità mensile di 600 euro alle attività economiche del territorio veneziano direttamente riconducibili alla filiera turistica, anche di natura artigianale e industriale.

Il lampione rosa, simbolo di Venezia, realizzato dalla fonderia Valese, unica superstite nella lavorazione dell’ottone e del bronzo

Una sorta di Silicon Valley del turismo, insomma … ma qui viene il punto. Al di là delle iniziative post emergenza purificatrice, qual è la situazione del tessuto artigiano e industriale della città? Venezia, tanto unica quanto complessa e tormentata, ha le carte per ricostruire, ripartire e tornare ad essere un fiorente centro cosmopolita? Abbiamo ascoltato alcune voci storiche veneziane per farne una fotografia insieme a chi la vive da sempre; degli artigiani artisti, in alcuni casi ultimi rimasti a portare avanti e tramandare professioni tipiche della laguna, che rappresentano sia la memoria storica di una cultura millenaria che eccellenze produttive uniche al mondo.

Ornamenti per gondole creati dalla Fonderia Valese

Saverio Pastor che ha fondato nel 2000 El Felze, l’Associazione dei mestieri che contribuiscono alla costruzione della gondola, compresi i minimi dettagli, dice: «Da quando abbiamo creato l’Associazione, circa il 30 per cento delle imprese ha chiuso. Partiamo quindi da un contesto di pregresso depauperamento del tessuto manifatturiero, in cui tutte quelle attività tipiche del vivere e del lavorare in laguna si stanno perdendo. Questo perché ormai a Venezia non si vive ma si soggiorna. La cosa più importante da cui ripartire? Fare pace con l’acqua. Da qualche decennio l’acqua è diventata un fastidio; non si è ancora capito che è l’elemento più importante di questa città ed è ciò che la rende magica, al di là delle sue bellezze artistiche. Ci vorrebbe una politica che riportasse residenti in città, e con loro le attività connesse, e che mettesse al centro dell’attenzione l’acqua come aspetto fondamentale ripensando a una mobilità più sostenibile: scafi adeguati, velocità rispettose, riduzione del transito, razionalizzazione degli spostamenti, promozione dei mezzi tradizionali e un’architettura urbana pensata per l’acqua».

Testine in ottone create dalla fonderia Valese. Il procedimento  è ancora quello “a staffa” con il metallo liquido incandescente colato negli stampi

Tra gli ultimi a tramandare professioni millenarie veneziane ci sono anche la Fonderia Artistica Valese che continua la lavorazione del bronzo e dell’ottone e gli antichi laboratori di tessitura Luigi Bevilacqua. «La mia fonderia è rimasta l’unica in città – dice il proprietario, Carlo Semenzato – .  Anch’io faccio parte dell’Associazione El Felze che racchiude, tra gli altri, l’ultimo artigiano che ancora lavora a mano la foglia d’oro, il cosiddetto battiloro. Oggi stiamo combattendo perché Venezia è diventata una monocultura fondata solo sul turismo. Siamo riusciti a ripartire solo grazie ad alcuni ordini dall’estero, da grossi studi americani di architettura che apprezzano molto i nostri prodotti, ma il flusso dei turisti che vengono a conoscere la città è indispensabile per intercettare i clienti. Ci servirebbe che venisse incentivato il turismo di qualità, fatto di persone che abbiano voglia di camminare ed esplorare la città per scoprire i suoi segreti, la sua cultura, così da comprarne i prodotti e promuoverli nel mondo».

Gli antichi telai della Tessitura Bevilacqua, ancora quelli originali del  Settecento

Tra questi prodotti ci sono anche i tessuti pregiati Bevilacqua. «La nostra arte affonda le radici in cinque secoli di storia, siamo la prima azienda iscritta alla camera di commercio di Venezia – spiega Alberto Bevilacqua – . Operiamo con telai originali del Settecento e usiamo le stesse tecniche di allora, quando in Laguna si contavano ben 6000 telai, l’industria tessile da sola dava lavoro a migliaia di persone e si veniva qui da tutto il mondo per acquistare i velluti e le sete veneziane, gli stessi che noi produciamo oggi. Siamo gli ultimi testimoni di questa attività economica che ha reso grande la città, non esistono altre realtà al mondo che abbiano sia le competenze che i macchinari originali».

Le stoffe della Tessitura Bevilacqua; velluti, damaschi, broccati e il prezioso velluto soprarizzo, realizzato ancora a mano

Che cosa servirebbe per valorizzare tutto questo? «Il turismo di élite, in grado di interessarsi e apprezzare le eccellenze, che però è solo una parte di quello che arriva. Noi per fortuna riceviamo attenzione da parte di grandi aziende, soprattutto dell’alta moda, che vanno alla ricerca di manufatti unici ed esclusivi per superare il concetto della massificazione».

La scultrice e pittrice veneziana Gigi Bon: crede fermamente nella rinascita della sua città

Proprio contro la massificazione della cultura della Laguna si esprime l’arte di Gigi Bon, scultrice veneziana che vive da sempre nel cuore della città. «Nessuno riesce veramente a capire che Venezia è un universo a parte – dice – ; non ha traffico, ha una mobilità completamente differente da qualsiasi altra metropoli, offre uno stile di vita diverso. Noi veneziani ci muoviamo a piedi, qui esiste una socialità che nessun altro posto può dare. Quando esco al mattino per andare in studio incontro letteralmente il mondo; è una sorta di New York millenaria in cui tutti vogliono venire, non solo per le sue bellezze ma anche per il modo di vivere. Per questo potrebbe diventare una città ideale. Ma non si può fare grande Venezia solo con sovvenzioni e progetti immediati, ci vuole una visione di lungo periodo».

Lo studio dell’artista nel cuore di Venezia con le sue creazioni

Anche per Gigi Bon c’è bisogno di fare pace con l’acqua: «Il fenomeno ricorrente dell’acqua alta ha segnato l’inizio dello spopolamento cittadino. Le persone hanno cominciato a perdere fiducia e molte attività hanno chiuso per la paura delle inondazioni che negano l’idea di futuro. L’ultima, a novembre, per la mia attività è stata un disastro, una perdita irreparabile. Attorno al mio studio c’erano ben quattro botteghe di bravissimi artigiani, ebanisti, doratori, artisti di maschere, che hanno tutti chiuso per la paura delle inondazioni. Per fortuna sopravvive ancora un tesoro di conoscenze che non possiamo perdere, che andrebbe preservato e protetto. Gli artigiani veneziani andrebbero supportati economicamente e messi nelle condizioni di poter avere casa, famiglia e laboratorio in laguna».

Immagine di apertura: gondole ferme in Laguna (foto di Roberto Bellasio)

Le immagini del servizio sono una gentile concessione di Tessitura Bevilacqua, Fonderia Valese e della scultrice Gigi Bon

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