Bari 27 Gennaio 2023

Qual è quella ruina che nel fianco di qua da Trento l’Adice percosse, o per tremoto o per sostegno manco, che da cima del monte, onde si mosse… Con questi mirabili versi, Dante Alighieri descrive, nel Canto XII dell’Inferno, una grande frana: I Lavini di Marco, una valanga di detrito che deviò la valle del Fiume Adige, nei pressi di Rovereto.
L’Italia è Paese di santi, navigatori, poeti, ma anche, purtroppo, di frane che ne fanno un paese diffusamente e perniciosamente fragile: infatti, è quello più interessato da frane in Europa. Censimenti compiuti nel 2021 dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) hanno evidenziato che nell’intero territorio italiano sono presenti ben 625.000 frane che interessano una superficie montuosa e collinare di 24.000 Km2, pari all’incirca all’8 % del territorio nazionale.

Le piogge torrenziali, le cosiddette “bombe d’acqua” sono sempre più frequenti nel nostro Paese e accelerano i processi franosi (foto di Joe)

Ma negli ultimi anni, soprattutto a causa dei sempre più frequenti eventi di pioggia, la superficie nazionale potenzialmente soggetta a frane e alluvioni è aumentata in modo significativo: nel 2021, rispetto al 2017, l’incremento di territorio colpito da frane o da alluvioni ha sfiorato rispettivamente il 4% e il 19% (fonte ISPRA). Le frane principali sono qualche centinaio l’anno: in particolare, ne sono state censite 122 nel 2019 e 220 nel 2020. Un rapporto dell’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del Consiglio Nazionale delle Ricerche, evidenzia che nel primo semestre del 2019 si sono registrate 8 frane che hanno generato 3 vittime, 6 feriti e qualche centinaio di senzatetto. Nel periodo 2014 – 2018 si sono verificati 119 eventi da frana che hanno causato 43 vittime, almeno 111 feriti e quasi 8.000 evacuati e senza tetto. Questi fenomeni hanno interessato 538 località di 415 Comuni di venti Regioni, specialmente la Liguria, la Campania, la Toscana e la Sicilia. Dal 2010, i morti e feriti per frane sono per lo più automobilisti investiti da crolli o colate rapide di fango e detrito lungo la viabilità stradale o escursionisti colpiti da crolli in montagna.
Ed è ancora nella nostra memoria l’evento meteorico disastroso delle Marche a cavallo tra il 15 e il 16 settembre 2022 nei territori di Ancona, Pesaro e Urbino e che ha provocato numerose vittime umane, 50 feriti, 150 persone sfollate e danni per 2 miliardi di Euro.

L’alluvione nelle Marche del 16 settembre 2022: vaste zone allagate a Senigallia dopo l’esondazione del fiume Misa (Foto Gabriele Moroni/LaPresse)

Le intense precipitazioni, che nella serata del 15 settembre hanno fatto registrare picchi piovosi eccezionali, anche di 90 millimetri all’ora, fino a punte di oltre 400 millimetri nella zona di Cantiano e Chiaserna, ai piedi del rilievo del Monte Catria, hanno scatenato allagamenti e inondazioni di diversi corsi d’acqua, ed in particolare del fiume Misa, che, attraversando la città di Senigallia, ha provocato ingenti danni.
Con costi enormi: secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, dal 1980 al 2020, gli eventi estremi di frana e di alluvioni hanno provocato danni per 51 miliardi di euro, un triste primato europeo tenendo conto che la Germania e la Francia nello stesso periodo si fermano, rispettivamente, a 36 e 35 miliardi di euro. E il Database internazionale del Center for Research and Epidemiology of Disasters rivela che nel periodo 1900-2022 l’Italia è stata al secondo posto al mondo per danno totale da frane.
Negli ultimi anni sono sempre più frequenti piogge intense e concentrate; tra queste le cosiddette bombe d’acqua, i temporali autogeneranti, potenti sistemi temporaleschi che si autoalimentano con l’umidità prodotta dal mare e traggono energia distruttiva dalle correnti calde ed umide che in Italia spirano da Sud nel Mar Mediterraneo. Questi particolari eventi piovosi hanno come conseguenza la genesi di piene rapide ed improvvise, sempre più frequenti lungo i principali sistemi fluviali italiani e l’innesco e la formazione di frane di diverso tipo e dimensione. Un particolare tipo di frana causato da questi eventi piovosi è la colata detritica: movimenti molto rapidi di materiale a grana grossa e ad elevato contenuto d’acqua, che inglobano blocchi e spezzoni di strato e tutto ciò che la colata incontra lungo il suo percorso.

La parte finale della frana di Casimicciola a Ischia del 26 novembre scorso (fonte: Open)

Gli ultimi rilievi e censimenti svelano che oltre il 28% delle frane italiane sono fenomeni a cinematismo rapido, tra i quali un posto importantissimo è riservato alle colate rapide di fango e di detrito, caratterizzate da gran velocità – fino ad alcuni metri al secondo – e da elevata distruttività, spesso con gravi conseguenze in termini di perdite di vite umane. Come dimostrano gli eventi luttuosi della Versilia nel 1996, di Sarno e di Quindici nel 1998, di Messina nel 2009, delle Cinque Terre e della Lunigiana (2011), della Alta Val d’Isarco (2012) e delle aree marchigiane nel 2022 di cui si è già detto.
La frana di Casamicciola (Isola di Ischia) del 26 novembre 2022 è riconducibile ad una grande colata detritica che ha travolto e distrutto buona parte del territorio del centro abitato.
Il territorio di Ischia è per motivazioni geomorfologiche e climatiche, particolarmente predisposto al dissesto idrogeologico, aggravato non di rado dall’ incuria del territorio, da improvvide attività dell’uomo e dal noto abusivismo edilizio; queste ultime circostanze creano e/o amplificano la precaria instabilità che caratterizza il già fragile territorio isolano.
Le colline, e il Monte Epomeo in particolare, che con i suoi 789 metri di altezza è il maggior rilievo dell’isola, sono modellati in soffici terreni vulcanici sciolti o poco coerenti caratterizzati da scadenti caratteristiche fisiche e meccaniche, significativamente predisposti all’infiltrazione di acque, non solo piovane. Caratteristiche che rendono particolarmente frequenti le frane, spesso con inusitata violenza. La franosità dell’Isola di Ischia è storicamente nota: ricerche condotte dall’Ismar – CNR, hanno evidenziato sui versanti meridionali del Monte Epomeo una frana che verosimilmente avvenne tra il 1000 e il 400 a.C., tra l’epoca protostorica e l’età ellenistica. Nel XX secolo spesso l’isola di Ischia è stata teatro di frane che hanno causato danni e importanti perdite di vite umane: quella del 24 ottobre 1910 che, travolgendo alcune località di Casamicciola Terme, causò la morte di tredici persone e le più recenti frane del marzo 1987 e del novembre 2009 che provocarono entrambe una vittima umana.

L’alluvione e la frana che colpirono Casamicciola il 24 ottobre del 1910 facendo 13 morti (fonte: ischia.org)

La colata detritica del 26 novembre 2022 si è prodotta ed evoluta con spaventosa rapidità lungo il versante settentrionale del Monte Epomeo, seguendo almeno in parte il percorso della colata detritica del 2009. La colata, innescatasi a seguito delle abbondanti piogge del 25 – 26 novembre 2022 (ben 126 millimetri di pioggia in sole 6 ore, quantità mai raggiunta negli ultimi vent’anni), si è generata a seguito dell’innesco contemporaneo di tante piccole frane che tutte insieme, incanalandosi lungo le strette forre presenti sul versante del Monte Epomeo, hanno creato un unico e potente fiume molto denso di detriti che, sradicando e inglobando grossi blocchi tufacei, ha avuto un notevole effetto distruttivo con un gran numero di vittime umane e ingenti danni all’abitato.
Purtroppo eventi come quello di Casamicciola sono destinati ad essere sempre più frequenti se non si mette in atto un piano nazionale di mitigazione del rischio. È necessario intervenire tempestivamente finanziando piani di difesa idrogeologica, eliminando la piaga dell’abusivismo edilizio e non consentendo più condoni, dei quali Ischia è un esempio emblematico. Particolarmente importanti sono gli investimenti pubblici mirati non solo al ripristino di situazioni già compromesse, ma soprattutto all’implementazione di interventi di prevenzione del rischio di frana (stime recenti indicano un fabbisogno di 40 miliardi di euro, 2,5 miliardi all’anno per 15 anni, per mettere in sicurezza il nostro territorio).
Un grosso contributo alla risoluzione di questi annosi problemi sarebbe dato anche dalla crescita fra la popolazione della consapevolezza che l’Italia è un Paese ad alto rischio, consapevolezza che si ottiene organizzando e mettendo in atto piani di comunicazione e di percezione del rischio di frana, programmi di educazione civica e di conoscenza dei fenomeni, campagne di sensibilizzazione della popolazione simile alla meritevole iniziativa della Protezione Civile Io non rischio, una campagna di comunicazione nazionale sulle buone pratiche di protezione civile in occasione dello svolgersi di un rischio naturale, con particolare riferimento ai terremoti.

Immagine di apertura: immagine stilizzata di una frana (foto di gtaranu)

Nato a Cosenza, laureato in Scienze Geologiche presso l’Università La Sapienza di Roma è Professore Ordinario di Geologia Applicata nella Scuola di Ingegneria dell'Università degli Studi della Basilicata, dove insegna Geologia Applicata. Autore di circa 190 lavori scientifici sulle tematiche di valutazione e di tutela del rischio idrogeologico e ambientale, è stato Editor di alcuni volumi riguardanti tematiche di rischio geologico.

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