Firenze 27 Giugno 2023

Dopo tante polemiche, è finalmente arrivata la nomina del Commissario Straordinario alla ricostruzione per l’Emilia-Romagna: sarà il generale Francesco Paolo Figliulo, 62 anni, nato a Potenza, già scelto da Mario Draghi per guidare la campagna vaccinale anti-Covid 2021-2022. Ce n’era un gran bisogno visto che non hanno ancora avuto risposta le reiterate richieste dei sindaci dei comuni interessati dall’alluvione, che negli ultimi giorni avevano causato qualche attrito e qualche polemica fra gli enti locali e il governo.

La aree alluvionate in Romagna (in rosso) viste dal satellite

L’altra questione da risolvere è quella dei fondi da sbloccare, considerata altrettanto urgente per poter gestire la fase successiva all’emergenza. La Regione Emilia Romagna guidata da Stefano Bonaccini, sentiti i sindaci e le aziende coinvolte nelle alluvioni dello scorso maggio, ha stimato in quasi 9 miliardi le risorse necessarie per la ripartenza. Teniamo presente che ci sono 21mila aziende agricole bloccate dal fango e che ad un mese di distanza dall’alluvione centri abitati, frazioni, singole case e aziende agricole sono ancora isolate, cioè non raggiungibili in auto, in una Regione che è terza in Italia per consumo di suolo e la prima per cementificazione delle aree alluvionali.  Ma come sarebbe corretto procedere nella ricostruzione? Ne abbiamo parlato con uno dei massimi esperti che abbiamo in Italia, il professor Paolo Pileri, che insegna pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano, da anni in prima linea nel denunciare i danni e i pericoli del consumo di suolo e della cementificazione selvaggia nel nostro Paese che non riguarda purtroppo solo la regione adesso più colpita. Basti ricordare che in Liguria il suolo consumato in aree a rischio idraulico è il triplo che in Emilia. Il problema è generale, perciò,  e merita un ripensamento globale delle scelte costruttive degli ultimi cinquant’anni e uno studio accurato del territorio.

Paolo Pileri, milanese, ingegnere, è professore ordinario di pianificazione urbanistica e ambientale al Politecnico di Milano. E’ autore di oltre 450 pubblicazioni

Professor Pileri, la tragedia della recente alluvione in Emilia Romagna poteva essere evitata se si fosse costruito in modo diverso?

«Più che costruire in modo diverso, la questione è: perché hanno costruito in aree alluvionabili? E, per rincarare la dose, e perché così tanto? La sola provincia di Ravenna ha consumato oltre il 17% del suolo regionale nel solo 2021, ovvero +114 ettari cementificati in un solo anno. Seconda solo alla provincia di Modena. Ravenna è la seconda città italiana per consumo di suolo dopo Roma (+69 ettari nel solo 2021). E quasi tutti questi ettari sono stati urbanizzati in aree alluvionabili. Con dati del genere in un contesto territoriale fragile con un clima che è cambiato, è chiaro che chi ha governato quei territori ha generato condizioni che non hanno fatto altro che peggiorare di molto gli effetti negativi di quanto successo».

Quali sono stati a suo avviso gli errori principali?

«Come ho detto, sono stati l’aver schiacciato l’acceleratore della cementificazione in modo assolutamente eccessivo, complice una legge urbanistica regionale che, va detto, ha dimostrato tutta la sua incapacità a fermare il consumo di suolo. Ricordo che la Regione Emilia Romagna è la terza regione in Italia per suolo cementificato. E lo è da anni. Ciò dimostra che la sua normativa non ha avuto alcuna capacità di contenimento dell’urbanizzazione, vuoi per le deroghe, vuoi per i millantati interessi pubblici che derogano ai limiti, vuoi perché i limiti imposti hanno fatto cilecca. Ricordo che laddove si impermeabilizza suolo, la quantità di acqua meteorica non trattenuta dai suoli aumenta in superficie di almeno sei volte. Almeno. E con essa aumenta la forza dirompente della massa d’acqua che scorre in superficie e quindi aumentano i danni».

il crollo del ponte della Motta a Molinella (Bologna)

Che cosa è emerso dai recenti sopralluoghi fatti? Sappiamo che lei è stato coinvolto…..

« Ho visitato le aree collinari dove ho trovato un disastro mai visto prima. Più o meno ogni 100 metri c’era una frana. Centinaia di case in pericolo. Un disastro che urla a noi tutti quanto abbiamo trascurato la manutenzione ordinaria del territorio. Non solo: abbiamo un territorio fragile, reso ancora più fragile da un’urbanistica miope e soprattutto spezzettata in troppi comuni e comunelli che non hanno strumenti culturali, tecnici e finanziari per affrontare questioni più grandi di loro che rispondono a scale di riferimento ecologiche e climatiche che nulla hanno in comune con  la frammentazione amministrativa che ci paralizza».

Come vede la ricostruzione, c’è la prospettiva che sia migliorativa o è solo una speranza?

«Per come è stata annunciata e per quanto letto sui giornali, non la vedo per nulla migliorativa. Innanzitutto perché neppure per un attimo i vari responsabili politici hanno fatto ammenda degli errori commessi da loro stessi e poi perché il suolo ha bisogno di essere liberato dal cemento e non di cemento ricostruito sopra. Abbiamo bisogno di commissari alla “decostruzione” e non alla ricostruzione. Rimettere le cose a posto come prima significa solo rimettersi nelle condizioni di fragilità precedenti con l’aggravio di una enorme spesa pubblica e senza aver colto in questa sciagura la capacità di cambiare. Altra cosa: occorre togliere dai piani le previsione di futura urbanizzazione che non hanno più senso in questo contesto fragile e alluvionabile. Occorre abbandonare i progetti faraonici regionali di nuove strade e logistiche previsti in queste aree. Se tutto ciò non si farà, continueremo a generare fallimenti su fallimenti, spese su spese, vittime su vittime».

Sant’Agata sul Santerno (Ravenna) sommersa dall’alluvione nel maggio scorso (foto di Sentruper)

Quali potrebbero essere i costi della ricostruzione e sono sostenibili?

«Difficile stimarli. Dicono 5 miliardi. Alcuni anni fa feci dei conti (pubblicati sui miei libri) dove stimai che la sola urbanizzazione del Paese avrebbe bisogno di almeno 7 miliardi all’anno per gestire l’acqua che non viene più trattenuta dai suoli per via della cementificazione. Ma i nostri governi preferiscono subire i danni e spendere 5 miliardi per interventi straordinari ed emergenziali piuttosto che fare manutenzione ordinaria in tutto il Paese con quasi la medesima cifra. Se non è miopia urbanistico-politica questa, non saprei cos’altro è».

Immagine di apertura: una strada di Ravenna nel momento di massima emergenza (foto di Maria Febbo)

Fiorentina, laureata in Scienze Politiche all’università del capoluogo toscano, ha collaborato fin da giovanissima con alcune testate giornalistiche della sua città. Giornalista pubblicista dal 2006, ha lavorato presso l’emittente televisiva Video Firenze - Toscana Channel, poi all’ufficio stampa della Casa Editrice Giunti fino al 2017. Oggi è giornalista freelance e si occupa di uffici stampa e comunicazione. Vive a Marradi, nel Mugello. Nel 2022 ha pubblicato, insieme al collega Franco Mariani "Lelio Lagorio, un socialista tricolore", per le Edizioni dell'Assemblea della Regione Toscana

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