Firenze 26 Febbraio 2022
L’ambiente è buio, misterioso, predispone all’attesa. Una volta entrati, si cominciano a vedere fonti di luce. Avvicinandosi appaiono le forme e i colori: sono i 100 quadri de I Pittori della luce da Caravaggio a Paolini del Seicento-Settecento lucchese, a cura di Vittorio Sgarbi. La mostra, inaugurata nel dicembre scorso, è promossa dalla Regione Toscana, dal Comune di Lucca insieme alla Fondazione della Cassa di Risparmio di Lucca, dalla Camera di Commercio e Lucca Promos e sarà aperta fino al 2 ottobre.

Il luogo espositivo, dentro le mura della città, è inconsueto: il maneggio detto della Cavallerizza Ducale in Piazzale Verdi, edificato tra il 1821 e il 1823 dopo la fine del governo di Elisa Baciocchi (sorella di Napoleone, da lui fatta governatrice della Toscana) e all’inizio di quello assegnato a Maria Luisa di Borbone con la Restaurazione, dagli architetti di corte Lazzarini prima e Nottolini poi. Fu creato per insegnare equitazione agli studenti del Real Collegio e del Corpo militare dei Paggi. Molto scenografiche sono anche le gigantografie di alcuni dei dipinti, esposte esteriormente su parte del fabbricato. Altra peculiarità della mostra è l’applicazione sulla parete nera di belle sculture giganti di Cesare Inzerillo e Marilena Manzella, illuminate parzialmente, in modo da dare vita ad ulteriori lampi di luce che fanno emergere a dismisura alcuni dettagli dai dipinti vicini. Così una pera troppo matura, una viola, un manto, un candelabro enormi affiancano i capolavori di Caravaggio, Rubens, Pietro Paolini, Pietro Ricchi e molti altri. Inoltre la musica di Lello Analfino accompagna piacevolmente il visitatore.

Le opere esposte provengono da musei e collezioni private italiani e stranieri. I soggetti non sono quelli del Seicento/Settecento, come si potrebbe dedurre dalle date di creazione, ma appartengono ad ogni secolo in cui sia stato presente e focalizzato l’uomo e la scena naturalistica. «Dopo tutto questo buio, a Lucca torna la luce» ha detto Vittorio Sgarbi che ha curato con Sara Pallavicini anche il catalogo ufficiale della mostra, edito da Contemplazioni.

Chiamata Luminismo, o, anche Caravaggismo, questa corrente pittorica deve la sua nascita e i suoi seguaci alle innovazioni pittoriche di Angelo Merisi, detto Caravaggio. Tutto cominciò quando, dall’interno di una stanza buia ma con la porta socchiusa, il pittore fu attratto dalla luce violenta che penetrava dentro da uno spiraglio, e lui tradusse in pittura le forti sensazioni che provava osservandola. Era una luce reale ma che sembrava irreale, artefatta. Le opere di Caravaggio esposte sono Il ragazzo che monda un frutto, detto anche Mondafrutto, opera giovanile, dipinto a Siracusa mentre fuggiva dal carcere di Malta, Il seppellimento di Santa Lucia e Il cavadenti che sono invece lavori della maturità. Il pittore esercitò una grande influenza, e non solo in Italia, sulla pittura a lui successiva: in Francia (Louis Le Nain, Georges de La Tour), nei Paesi Bassi (Matthias Stomer, Pieter Paul Rubens), in Spagna (Jusepe de Ribera). A Caravaggio sono stati dedicati studi, libri, illustrazioni, mostre e molto altro, senza peraltro riuscire a spiegare ciò che è possibile capire soltanto guardando i suoi dipinti perché le emozioni che ne scaturiscono creano un dialogo intimo fra l’opera e l’osservatore. Anche perché Caravaggio, come dice Sgarbi, è stato il primo pittore a dipingere la realtà, per quanto cruda e spiacevole fosse: il male che predomina sul bene, cioè il male assoluto. L’artista rappresentava la parte meno poetica della realtà, trasformandola tuttavia in poesia pura. Umano, vero, a volte sgradevole, ma sempre sublime.

È un po’ tutto questo insieme che il pittore del Seicento lucchese Pietro Paolini (1630/1681) capì e assorbì da lui. Ma è la sua interpretazione della luce con i suoi bagliori caldi e attraenti che ne determina il fascino: egli riprese le novità pittoriche facendole sue e ne ripropose la luce dai toni caldi, con soggetti ed ambientazioni popolari. Fu uno dei più grandi seguaci di tutte le novità della pittura iniziate dalle opere di Caravaggio, ingiustamente sottovalutato e poco conosciuto; in realtà sicuramente degno di stare accanto a lui nella mostra con 30 sue opere, di cui il Cantore è una delle più significative. «Il lucchese Pietro Paolini, spesso trascurato, è invece straordinario nell’interpretare sensibilità ed atmosfere» sottolinea Sgarbi. L’artista ebbe una grande produzione, ma intorno al 1640 fondò un’Accademia, per cui trascurò l’attività di pittore e si dedicò all’insegnamento introducendo nell’ambiente lucchese le più importanti tematiche estetiche della nuova scuola naturalistica. Nelle varie sale del percorso espositivo, dove sono esposti per lo più pittori toscani, possiamo ammirare anche Pietro Ricchi, detto Il Lucchese (1606/1675), uno dei più prestigiosi seguaci del naturalismo caravaggesco e Orazio Gentileschi (1563/1639) di cui è esposta una Madonna con bambino ai primi passi.

La scelta cromatica valorizza la luce, la luminosità è caravaggesca, ma la sua mano è meno violenta, più dolce nelle tonalità cromatiche. Pieter Paul Rubens (1577 – 1640) è a Roma nel 1609, quando dipinge la sua Adorazione dei Pastori fatta per la Chiesa dei Filippini di Fermo. Come Paolini e Ricchi, il grande pittore fiammingo non aveva mai incontrato Caravaggio, ma lo conosceva attraverso le sue opere; d’altra parte i due artisti avevano la stessa visione della realtà e lo stesso modo di usare la luce come effetto speciale che dà vita ed energia ai personaggi.

Dal bambino si diffonde la luce sui personaggi circostanti, li fa emergere dal buio e questo ricorda le natività notturne di Gerrit Van Honthorst (detto Gherardo delle Notti) esposte agli Uffizi. Jusepe de Ribera (1591–1652) detto Lo Spagnoletto, viveva a Napoli nel 1616 quando la città era sotto la dominazione spagnola. Lì subì il fascino della luce delle opere di Caravaggio e così anche lui seguì il suo esempio. A differenza di Ribera, un altro luminista, Valentin De Boulogne ( 1591/ 1632), che lavorava a Roma, seguì la corrente pittorica di Caravaggio, ma introducendo nella sua pittura riflessi perlacei innovativi. Alla mostra ci possiamo godere anche le opere di Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino, autore di un notevole Angelo custode, Giovanni Francesco Guerrieri con il suo bellissimo Ercole e Onfale del 1617-1618. Questi pittori, insieme a molti altri, inondano di luce suggestiva quegli stessi spazi neri e cupi della mostra che all’inizio potevano essere creduti oscuri e tenebrosi.
Immagine di apertura: le gigantografie di alcuni dipinti della mostra I pittori delle luce, disposte lungo le pareti esterne del maneggio della Cavallerizza Ducale a Lucca
Grazie Daniela! Mai come in questi momenti abbiamo bisogno di luce!
Intrigante, cara Daniela.
Il buio ed il raggio di luce che fa apparire oggetti e persone, come un miraggio.
Mi piace considerarlo la celebrazione dell’effimero: la meraviglia, la messinscena.
Effetto del bisogno della scoperta.
Naturalmente solo la pittura è capace di realizzarlo senza fonti di luce esterne, ma ti provoco a cercare anche
nell’architettura questo affascinante bisogno dell’uomo.
…….L oculus del Pantheon da cui il raggio del sole penetra all’interno e gira con il passare della ore……..