Milano 21dicembre 2023
Siamo a pochi giorni dal Natale, le luci illuminano le nostre strade ma migliaia di bambini, nel buio del Medio Oriente, da anni vedono solo bombe, distruzioni e lutti. Come lenire la loro sofferenza? Impresa non facile, ci sta provando Operazione Pace, un progetto che rientra nell’iniziativa di cooperazione e sviluppo promossa dall’Associazione Francesco Realmonte di Milano in Medio Oriente. Nel progetto sono coinvolti operatori, volontari dell’Associazione e ricercatori dell’Unità di ricerca sulla Resilienza dell’Università Cattolica di Milano per tentare di dare un aiuto che la tragica situazione degli ultimi mesi ha reso ancora più urgente.
L’obiettivo è quello di portare una voce di speranza, pur nella consapevolezza che ci vorranno anni prima che una riconciliazione sia possibile. Per parlare ai bambini di pace è stata scelta la Siria dove oltre dodici anni di conflitto hanno causato centinaia di migliaia di morti, sfollamenti di massa e distruzione di infrastrutture civili. Tutto ciò ha avuto un impatto drammatico sul benessere fisico, mentale, emotivo e psicosociale dei minori. Per questo, e per contribuire, seppur limitatamente, alla diffusione di una cultura della pace, nell’ambito del progetto sono stati scelti contesti scolastici e promosse attività educative, partendo dalle nuove generazioni, in linea con lo spirito Unesco che nel 1945, nell’immediato dopoguerra, ebbe a dichiarare: «Poiché le guerre nascono nella mente degli uomini, è nello spirito degli uomini che devono essere poste le difese della pace».
A tal fine, da qualche mese nella scuola di Nebek el-Qalamun Kinderganten a ottanta chilometri d Damasco, con la sponsorizzazione dalla Comunità monastica di Deir Mar Musa e ad Aleppo presso il centro 123 Hope, Love, Life for Peace creato da Soumaya Hallak, è stato promosso il progetto Operazione Pace mettendo a disposizione silent books, libri illustrati senza parole, come terapia per affrontare i conflitti quotidiani, capirne il senso, trovare soluzioni pacifiche.
Talvolta si pensa di proteggere i più piccoli tagliandoli fuori da questi argomenti. Invece aiutare il bambino a comprendere le realtà conflittuali può alleviare il peso con cui percepisce la situazione. È ciò che accade a Nebek e ad Aleppo con libri di sole immagini, appositamente studiate, nelle quali il bambino si può identificare per parlare di pace. Attraverso lo snodarsi delle illustrazioni vengono favorite nuove consapevolezze, processi di inclusione e coesione sociale e la scoperta di nuovi valori. I silent books sono strumenti educativi capaci di offrire al bambino uno spazio sicuro, quello dell’immaginazione, dove trovare strategie per affrontare paure e preoccupazioni, un “altrove” dove è possibile scoprire e condividere pensieri, ed avviare processi di resilienza e riconciliazione.
Attraverso le storie non si inventano nuove realtà ma si prefigurano differenti prospettive, nuovi punti di vista, soprattutto quello della pace.
Ma cosa s’intende per pace? Non è solo assenza di guerra, ma confronto armonico tra persone. È una riconciliazione, una ricostruzione del tessuto umano o sociale quando questo è lacerato da conflitti, differenze e separazioni.
Un esempio di racconto che abbiamo utilizzato nei silent book con l’aiuto e la supervisione dell’ Unità di ricerca sulla Resilienza dell’Università Cattolica, è quello dell’Arcobaleno. Ci sono quattro personaggi: il topolino rosa, l’uccellino giallo, il pinguino blu e il serpente verde, che atterrano in un mondo sgargiante di colori. Per festeggiare, si mettono a giocare a nascondino. Il topolino rosa si nasconde tra i petali di un giardino tutto rosa. Il pulcino giallo si acquatta in un campo tra le bionde spighe del grano. Il pinguino blu si infila tra i filari di un vigneto dai grappoli blu succosi.
Il serpente verde decide di acciambellarsi in un orto sotto le foglie dell’insalata. Sono talmente contenti che nessuno dei quattro cerca gli altri tre, finché non viene la sera. Allora si accorgono che a ciascuno manca qualcosa. Il topolino rosa, stanco di annusare fiori, ha il pancino vuoto. L’uccellino giallo, stufo di beccare il grano, desidera lisciarsi le penne tra i fiori. Il pinguino blu dopo aver succhiato l’uva, ora vuole masticare una manciata di grano. Il serpente verde si è fatto una scorpacciata di insalata e ora ha una gran sete. A questo punto, complice il buio, vanno ciascuno nel nascondiglio dell’altro e di nascosto staccano quello che a ciascuno di loro mancava. Quando si alza il sole, i quattro amici si accorgono improvvisamente dei petali strappati, delle spighe svuotate, dei grappoli spremuti e dell’insalata rubata. Allora lanciandosi con rabbia sul terreno dell’altro, lo fanno a pezzi. Solo quando si fermano, vedono che non c’è più un giardino, un campo di grano, un vigneto e un orto, ma tanti coriandoli colorati che luccicano al sole. Per ricostruire il mondo bellissimo che avevano rovinato, provano a mettere in fila tutti quei coriandoli in un grosso puzzle color arcobaleno. E quel disegno, ancora oggi, è la nostra bandiera della pace.
La guerra in Siria con immagini molto forti di morte, violenza e distruzione ha coinvolto mente e cuore tutti, generando timori, dubbi e interrogativi: da cosa nascono le guerre e i conflitti? come si possono superare? chi decide di fare la guerra? come si arriva a fare la pace?
Il racconto aiuta a trovare delle risposte: quando i quattro amici diventano nemici di fronte a situazioni indesiderate, gelosie e competizioni, tutte le piacevolezze vengono annientate. Di fronte a tanta distruzione, alla fine però sarà solo il contributo di tutti, faticoso ma possibile, a ripristinare qualcosa di bello da condividere. Ecco che proprio come i quattro amici hanno saputo fare, si scopre l’importanza di affrontare le difficoltà e le incomprensioni che spesso caratterizzano il nostro agito nel quotidiano in modalità diverse dalla rabbia, dalla chiusura e dall’isolamento. Si riconosce l’importanza della straordinaria forza della collaborazione e della cooperazione all’interno del gruppo, che permette di creare qualcosa di valore. La pace appunto.
Immagine di apertura: il disegno di un bambino siriano che vive in un campo profughi in Libano (foto di Cristina Castelli)