Pavia 27 Aprile 2024
Venezia celebra quest’anno i settecento anni dalla morte di Marco Polo (1254-1324), il più iconico viaggiatore italiano che raggiunse, nel XIII secolo, la provincia cinese del Catai attraverso la “via della seta”, trasformando il suo viaggio in un best seller mondiale intitolato Il Milione.
Rustichello da Pisa, autore di romanzi cavallereschi, ne trascrisse il testo sotto dettatura mentre i due si trovavano nelle carceri di San Giorgio a Genova. Ma perché il libro venne chiamato così? Sembra che questo nome sia coinciso con il soprannome del Polo (messer Marco Milioni) che, come scrisse il geografo del Cinquecento Giovanni Battista Ramusio, “di quei paesi riferiva tutto a milioni”, sottintendendo l’abbondanza di incontri, merci, scoperte e quant’altro da rendere la via della seta un mito giunto intatto fino ai giorni nostri. Nel libro tra l’altro viene descritta l’economia della provincia cinese, famosa per la produzione della seta, e a render noti questi percorsi lungo i quali per secoli è transitato un enorme numero di mercanti e viaggiatori, ha contribuito senza dubbio Il Milione, resoconto dell’incontro epocale tra Europa e Oriente.
Varie sono le caratteristiche della seta, un tessuto particolarmente pregiato, che ha spinto tante popolazioni ad importarlo dal paese del “Sol Levante” e che viene ancora oggi apprezzata. In particolare per la sua elevata resistenza, superiore a quella del nylon e del cotone, l’ottima flessibilità, la grande leggerezza e l’assenza di reazioni allergiche in chi la indossa.
Pur trattandosi di qualità importanti e indiscusse, oggi grazie all’utilizzo di tecnologie innovative, a volte interiorizzate nelle stesse fibre, certi tessuti possono vantare applicazioni in settori che sconfinano dalle funzioni estetiche tipiche del campo dell’abbigliamento per migrare inaspettatamente nel campo della medicina o della robotica.
Per saperne di più abbiamo chiesto a Irene Bonadies, ricercatrice dell’Istituto per i polimeri, compositi e biomateriali del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Napoli, come si procede per arrivare a questi risultati che per molti appaiono avvenieristici. «Partendo da tessuti di cotone opportunamente modificati – spiega la ricercatrice – sono stati realizzati sensori in grado di rilevare simultaneamente alcuni segnali esterni, quali le sollecitazioni meccaniche o i mutamenti di temperatura, o di rispondere a stimoli esterni in modi differenti».
In sostanza, indumenti che monitorano parametri vitali come le alte temperature, la eccessiva sudorazione, il battito cardiaco, in relazione all’attività sportiva o a lavori usuranti come la fusione dei metalli o lavori di asfaltatura stradale; tutte attività che potrebbero indurre uno stress fisico potenzialmente pericoloso. «La cosiddetta ‘elettronica indossabile’– continua la ricercatrice – potrebbe accompagnarci in un futuro molto prossimo. Anche come applicazione alle òrtesi, cioè a quei dispositivi medici, tutori, apparecchiature ortopediche e simili, utilizzate in ortopedia, ortodonzia o traumatologia, ad esempio, nel trattamento di persone amputate che necessitano del passaggio di correnti elettriche moderate per azionare protesi semoventi».
Inoltre i sensori che controllano la corretta postura, come quelli indossabili, richiedono un’alta sensibilità alle piccole deformazioni, stabilità all’usura, all’umidità e al lavaggio, e garantire allo stesso tempo traspirabilità e flessibilità. «Per la loro realizzazione – afferma Irene Bonadies – gli studi condotti presso il nostro Istituto sono incentrati sull’uso del grafene (un singolo strato di atomi di carbonio arrangiati in un reticolo esagonale, ndr) In particolare si utilizza un additivo funzionale, l’ossido di grafene, che viene prima depositato sulle fibre mediante la tecnica di immersione e poi trasformato chimicamente nel derivato più conduttivo, l’ossido di grafene ridotto».
Il tessuto così modificato ha mostrato una buona conducibilità termica, traspirabilità e durabilità anche dopo vari cicli di lavaggio, caratteristiche che garantiscono a chi lo utilizza comfort e gestione della termoregolazione, rendendolo così potenzialmente utilizzabile anche per applicazioni biomedicali, come la terapia termica. Perché il grafene è speciale? Nessun altro materiale offre contemporaneamente caratteristiche così elevate di conducibilità elettrica, conducibilità termica e resistenza meccanica combinate addirittura con flessibilità e trasparenza. La sua resistenza meccanica è 200 volte quella dell’acciaio, la conducibilità elettrica il 60 per cento in più del rame, la conducibilità termica 15 volte quella del rame. Non a caso la sua scoperta ha valso il Premio Nobel per la Fisica 2010 ad Andrej Gejm e Kostantin Novosëlov dell’università di Manchester.
Tra i tessuti tecnologici stanno acquisendo una importanza sempre maggiore quelli biomedicali. «In questo ambito – continua la ricercatrice – si ricorre a diversi trattamenti per conferire loro proprietà batteriostatiche/battericide, grazie alla presenza di rame o argento nel rivestimento. Interessanti sono anche i tessuti ottenuti mediante tecniche alternative alle tradizionali come l’elettrofilatura. Si riescono così a realizzare tessuti-non-tessuti, o con fibre allineate, aventi un diametro nanometrico (ovvero di un miliardiesimo di metro, ndr). La dimensione infenitesimale, abbinata a specifiche proprietà chimiche e funzionali di additivi aggiunti a questi, raggiunge obiettivi insperati come la repellenza agli insetti o il risanamento delle ferite cutanee».
Questo è lo stato dell’arte della ricerca al momento attuale. Ma quali potrebbero essere le possibilità di una loro reale presenza sul mercato? «Al momento – conclude Irene Bonadies – i nostri lavori sono ancora in fase di laboratorio. Tessuti conduttivi, antibatterici, esistono già come prodotti commerciali ma usando altre tecnologie, mentre tessuti meccanoluminescenti (il guanto che con il movimento si illumina) non si trovano ancora in commercio. La stessa cosa vale per i sensori indossabili, nei quali è proprio il tessuto conduttivo stesso ad agire (quindi, non c’è bisogno di aggiungere alcun altro dispositivo all’indumento)».
Sono già in commercio invece numerose applicazioni del grafene (si utilizza sul tessuto come getto di inchiostro) nelle giacche da lavoro, rese così più resistenti, nelle racchette da tennis, nei caschi, nelle scarpe da ginnastica, nelle biciclette da corsa dove il grafene si applica alle ruote, migliorandone le prestazioni.
È comunque un futuro che noi già conosciamo, almeno nella fantasia, fin da ragazzini, non vi pare? Rammentate il vulcaniano signor Spock, il capitano James Kirk e il dottor Leonard McCoy dell’astronave intergalattica Enterprise? Indossavano abiti sottili ma resistentissimi. Che li proteggevano dagli sbalzi termici tipici dello spazio infinito e le loro ferite magicamente si rimarginavano…ma questa è un’altra storia…..
Immagine di apertura: fonte: meccanicanews