Torino 27 Aprile 2024
Da Napoli a Torino, da Capodimonte alla Venaria Reale: la famosa residenza borbonica di Napoli presta fino al 15 settembre parte dei suoi tesori alla sabauda Venaria.

Nasce così la mostra Capodimonte da Reggia a Museo che espone opere e dipinti provenienti dalla Collezioni Farnese e Borbone: capolavori di Caravaggio, Tiziano, Masaccio, del Parmigianino fino a Andy Warhol. Sotto la spinta culturale di re Carlo di Borbone (1716-1788), Napoli divenne una città cosmopolita, capitale del Regno delle Due Sicilie. La città partenopea fu segnata da un intenso sviluppo architettonico ed urbanistico, che ne modificò per sempre l’aspetto. Progettata da re Carlo nel 1738, la Reggia di Capodimonte aveva una duplice funzione: residenza di caccia e sede per ospitare la Collezione Farnese, visitabile dai più privilegiati con orari di apertura prestabiliti, rendendo così Palazzo Reale di Capodimonte il primo museo di Napoli. La Collezione custodita nella Reggia è stata ampliata nei secoli, prima dai Borbone, in un secondo momento dai Savoia, e, infine, dallo Stato Italiano. Nel 1957 fu istituito il Museo Nazionale di Capodimonte, che gestisce sia la Reggia sia il parco, allora reso pubblico.

Re Carlo di Borbone ereditò la Collezione Farnese nel 1731 dalla mamma Elisabetta Farnese, Regina di Spagna ed ultima esponente della dinastia. Le origini dei Farnese sono riconducibili ad una famiglia della piccola nobiltà tosco-laziale. Il merito della loro ascesa fu di Alessandro Farnese, che nel 1534 venne eletto Papa con il nome di Paolo III. Nel 1537 nominò Pier Luigi, uno dei quattro figli illegittimi, duca di Castro e successivamente duca di Parma e Piacenza, dando così iniziò al dominio dei Farnese sul piccolo ducato. Il primogenito del duca di Parma, Pier Luigi Farnese, venne chiamato Alessandro, come il nonno, il quale gli conferì la nomina di cardinale quando aveva appena 14 anni, assegnandogli cariche di grande prestigio. Soprannominato il «Gran cardinale» il giovane Farnese divenne presto uno dei protagonisti della vita culturale romana circondandosi di una corte di intellettuali e artisti, tra cui Tiziano, che a metà del Cinquecento era considerato il migliore ritrattista, conteso dagli uomini più importanti del suo tempo. La mostra presenta alcune fra le sue commissioni più celebri, tra cui la Danae di Tiziano (vedi immagine di apertura) e la Cassetta Farnese, capolavoro di oreficeria manierista. Per i Farnese l’arte e il collezionismo rappresentarono uno strumento importante di legittimazione del loro potere.

Il percorso espositivo si apre con la “Sala degli Artisti Napoletani” per la Corte Sabauda, ricca di prestiti da parte dei Musei Reali di Torino. Tralasciando differenze culturali e politiche, le relazioni fra le due capitali furono intense. Basti pensare ai numerosi artisti napoletani attivi a Torino per i Savoia che dimostrano lo stretto legame tra la produzione artistica delle due città nel Settecento.
Significativa è La cacciata di Eliodoro dal tempio del caposcuola Francesco Solimena, tela omonima all’affresco presente sulla controfacciata del chiesa del Gesù Nuovo a Napoli. L’opera risalente al 1723 e destinata al Castello di Rivoli, fu ricollocata nel Palazzo Reale di Torino, nella cosiddetta “Camera del Solimena”, insieme a dipinti di autori diversi, tra cui il Trasporto dell’Arca di Sebastiano Conca. A Torino operò anche Corrado Giaquinto noto per aver lavorato presso la Villa della Regina e la cappella Regia nella chiesa di Santa Teresa.

Nelle sale successive si entra nel vivo del nucleo della collezione della dinastia dei Farnese. L’attenzione è posta sull’ascesa al potere della famiglia e sulle commissioni. Tra i capolavori esposti spiccano un ritratto di Tiziano risalente al 1545 che raffigura Papa Paolo III con i nipoti Alessandro e Ottavio, la celeberrima Trasfigurazione di Giovanni Bellini e la Flagellazione di Caravaggio. L’esposizione prosegue con le opere dei principali artisti emiliani del Cinquecento, ai quali i Farnese si rivolsero per legittimare il proprio potere.

Le opere a partire dal 1545 risalgono a un periodo di aspra contesa tra papato e impero. Degna di nota è la celebre opera Antea del Parmigianino: una giovane donna elegante che sfoggia una pelliccia di zibellino che ricade sul guanto, pettinata con cura in modo tale da scoprire il perfetto ovale del volto. La stessa grazia si ravvisa nella Santa Chiara di Girolamo Mazzola Bedoli allievo del Parmigianino, che ritrae un’aristocratica parmense. La mostra prosegue con le opere del Caravaggio, che soggiornò a Napoli due volte tra 1606 e 1610. L’irrompere del pittore lombardo sulla scena è ben mostrato dalla Flagellazione, realizzata nel 1607 per la cappella della famiglia de Franchis nella chiesa di San Domenico Maggiore. Oltre a Caravaggio, uno dei grandi protagonisti del Seicento napoletano fu lo spagnolo Ribera, che si trasferì a Napoli nel 1616. Il Maestro spagnolo sviluppò un interesse per la grande lezione di Tiziano segnando in maniera indelebile tutti i pittori napoletani della sua e delle generazioni successive. Carlo di Borbone, tra le varie iniziative per elevare Napoli a capitale Europea, promosse l’apertura di diverse manifatture protette, tra cui la Real Fabbrica della Porcellana di Capodimonte nel parco della Reggia, celebre per la produzione di oggetti in stile rococò.

Successivamente suo figlio Ferdinando IV fondò a Portici la Real Fabbrica Ferdinandea poi trasferita nei cortili del Palazzo Reale di Napoli.
La rassegna si chiude con uno sguardo al contemporaneo con l’iconico Vesuvius, realizzato da Andy Warhol nel 1985 che rappresenta il Vesuvio, simbolo del paesaggio napoletano nonché la sua minaccia più grande.
Immagine di apertura: Tiziano, Danae, 1545, olio su tela, Museo di Capodimonte, uno dei capolavori prestati alla Venaria di Torino fino al 15 settembre