1 La carenza di presidi sanitari indispensabili ai tempi del Covid-19 è ormai nota, così come l’impegno concreto di molte aziende nel mondo a dare il proprio contributo. È il caso del gruppo LVMH (Louis Vuitton Moet Hennessy) che sta riconvertendo la propria produzione dai profumi ai disinfettanti. Lo stesso sta facendo L’Oréal. Anche il gruppo spagnolo Inditex (proprietario di Zara) sta mettendo a disposizione le proprie fabbriche e strutture logistiche per la produzione di materiali utili al personale sanitario e ai pazienti. Di cosa, nel concreto, c’è bisogno per riconvertire un business? Sicuramente di personale flessibile e con competenze trasversali. Poi di materie prime e materiali differenti da quelli comunemente utilizzati. LVMH e L’Oréal già disponevano di contenitori e ingredienti utili alla produzione di disinfettanti. Diverso è per aziende come Inditex che si trovano di fronte alla necessità di procurarsi tessuti adeguati all’utilizzo in ambito sanitario. In Italia, tra le varie iniziative c’è quella di Confindustria Moda e CNA Federmoda che hanno chiesto a tutte le proprie consociate di riconvertire la produzione per la fornitura di TNT (tessuto non tessuto) necessario per mascherine e presidi di protezione. Hanno risposto in 200 e beneficeranno degli incentivi messi a disposizione dal Decreto Cura Italia (art.5).

2 General Motors, Ford e Tesla obbligate ad interrompere le loro attività produttive ordinarie, si dicono pronte a riconvertire il loro business nella produzione di ventilatori polmonari e altri macchinari utili all’emergenza, rispondendo così all’appello del Presidente americano Trump. Collaborazioni simili si stanno costruendo in tutta Europa e anche in Italia. Ferrari ed il Gruppo FCA stanno vagliando la possibilità di produrre a Maranello componenti per ventilatori, in collaborazione con la Magneti Marelli e la Siare Engineering specializzata nel settore.

3 Con il coronavirus che tiene la popolazione blindata nelle case, aumenta la domanda di consegne a domicilio anche per beni essenziali. A trarne beneficio sono i protagonisti mondiali di e-commerce, primo fra tutti Amazon che promette di assumere 100mila persone negli USA in aggiunta alle 800mila già impiegate in tutto il mondo. Il colosso che ha chiuso il 2019 con un fatturato di circa 280 miliardi di dollari, si impegna ad incrementare negli USA il salario orario di 2 dollari (oggi il salario medio è di 15$ l’ora); incrementi simili sono previsti anche per le sedi europee. Nonostante la crescente domanda, anche Amazon ha risentito della flessione registrata dalle Borse nelle ultime settimane. A pagarne le conseguenze sono anche i “paperoni” mondiali tra cui Jeff Bezos (CEO di Amazon) che dall’inizio dell’emergenza Covid ha perso oltre 18 miliardi di dollari del suo patrimonio. Tramite la piattaforma PrimeVideo (su cui si trovano film e serie televisive), anche Amazon ha aderito alla richiesta della Commissione Europea di diminuire la qualità dello streaming per non sovraccaricare il traffico internet già a dura prova. Alle stesse restrizioni hanno aderito Nextflix e YouTube. Dopo aver fermato il settore cinematografico, il coronavirus mina anche le piattaforme di streaming che hanno sospeso tutte le riprese di film e serie che erano in corso in Stati Uniti e Canada.

4 Periodo buio anche per il comparto aereo, uno dei settori che ha risentito maggiormente delle restrizioni messe in atto nell’emergenza Covid-19. Si tratta della peggiore crisi dopo quella dell’11 settembre. Mentre nelle fasi iniziali le compagnie aeree americane hanno ridotto i voli, bloccato le prenotazioni e rimandato le attività formative per i piloti, in Europa gli aerei hanno continuato a volare per diverse settimane con “voli fantasma”: aerei semi-vuoti che emettevano un’ingente quantità di gas nocivi nell’atmosfera senza trasportare passeggeri. Gli aiuti di stato sembrano essere l’unica ricetta possibile per assorbire le conseguenze negative della crisi. Le compagnie aeree americane hanno richiesto al Governo 60 milioni di dollari per cercare di salvarsi, mentre il Decreto “Cura Italia” ha stanziato 500 milioni di euro per il comparto aereo nazionale, dando il via alla nazionalizzazione di Alitalia. Impatti severissimi anche per il settore del noleggio auto e del car-sharing: negli USA Uber dichiara una diminuzione delle entrate di circa il 21%. In Italia a lanciare l’allarme è l’ANIASA (associazione di categoria che all’interno di Confindustria rappresenta i servizi di mobilità). Il noleggio a breve termine è in calo del 90% mentre il car-sharing nelle principali città italiane fa registrare flessioni del 60%.

Immagine di apertura: foto di Gerd Altmann

Classe 1988, abruzzese di origine e milanese di adozione, laureata presso l'Università Bocconi di Milano in Economia delle Amministrazioni Pubbliche e delle Istituzioni internazionali, si occupa dal 2013 di consulenza manageriale per una multinazionale del settore. Ha la passione per la lettura, per i viaggi e la Toscana.

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