Bari 27 Ottobre 2023

Nelle ultime settimane, i Campi Flegrei, il supervulcano attivo situato ad Ovest di Napoli, stanno vivendo momenti di tensione a causa di continui ed intensi sciami sismici conseguenti alla recrudescenza del fenomeno bradisismico. Nel solo mese di settembre, la Rete Sismica Permanente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha registrato ben 1108 eventi sismici. Il 27 settembre, alle 3,35, una scossa di magnitudo 4,2 ha interessato l’intera area calderica, generando momenti di panico tra la popolazione. Questa scossa rappresenta l’evento di maggior magnitudo dal 2005, anno in cui è iniziata l’attuale fase di crisi bradisismica, e degli ultimi quarant’anni.

La caldera dei Monti Flegrei (fonte: Istituto Nazionle di Vulcanologia)

Gli sciami sismici, caratterizzati a volte da scosse di significativa energia liberata, continuano senza soluzione di continuità: l’ultima scossa di magnitudo 3,6 si è prodotta il 16 ottobre alle 12,36. Mentre stavo scrivendo questo contributo, le principali agenzie di stampa hanno lanciato la notizia che tra le 6,00 e le 6,07 del 19 ottobre, ben 12 scosse – le più forti hanno raggiunto la magnitudo 2.2 – in soli 7 minuti hanno colpito l’area circostante Pozzuoli, non provocando alcun danno, fortunatamente.
Tale sismicità, che interessa storicamente quest’area campana, è generata dal bradisismo costituito dalla lenta deformazione (da qui il nome che deriva dal greco bradýs, “lento” e seismós, “scossa”) del terreno che evolve con diverse modalità nel tempo e nello spazio: si alternano momenti di sollevamento, spesso accompagnati da crisi sismiche, a momenti di abbassamento. Il bradisismo, detto anche “respiro del vulcano” o risorgenza calderica è tipico di aree vulcaniche calderiche simili ai Campi Flegrei: ricordiamo quelle di Rabaul, in Papua Nuova Guinea, di Long Valley, in California, e quelle presenti nello Yellonstone National Park (USA), il più grande supervulcano del mondo, considerato dormiente. Per caldera si intende una grande conca ad imbuto – può raggiungere un diametro di molti chilometri – che si produce per un fenomeno di crollo nel serbatoio magmatico.

Veduta della Solfatara di Pozzuoli: il cratere ha un diametro fra i 610 e i 710 metri e un’estensione di 0,35 chilometri quadrati (fonte: Istituto Nazionale di Vulcanologia)

I Campi Flegrei rappresentano un ampio campo vulcanico attivo almeno da 80mila anni, costituito da un’ampia caldera (estesa almeno 200 chilometri quadri) con più di 20 edifici vulcanici, che si è prodotta e evoluta a seguito di almeno due spaventose eruzioni vulcaniche, avvenute rispettivamente 40.000 anni (nota tra gli specialisti come “eruzione dell’ignimbrite lucana”) e circa 15.000 anni fa (nota come “eruzione del tufo giallo napoletano”, una roccia molto utilizzata come materiale naturale da costruzione e che costituisce il substrato in cui si sviluppa Napoli sotterranea). Secondo studi recenti, una terza eruzione energicamente significativa si sarebbe prodotta circa 29.000 anni fa. All’incirca 4200 anni fa, a circa 3 chilometri da Pozzuoli si è generata la Solfatara, nota in tutto il mondo, dovuta ad una un’eruzione esplosiva freatomagmagtica (che si origina dall’interazione tra magma e acqua). È un edificio vulcanico svasato, il cui cratere ha un diametro compreso tra 610 e 710 metri e ricopre un’area di circa 0.35 chilometri quadrati. Fenomeni tipici della Solfatara sono le fumarole, manifestazioni gassose dovute alla risalita di fluidi idrotermali e alla fuoriuscita di gas. Delle oltre 70 eruzioni esplosive avvenute nei Campi Flegrei, la più recente è di età rinascimentale (1538) e ha generato, tra le altre cose, il cono vulcanico di Monte Nuovo, situato ad ovest di Pozzuoli.

Il Serapeo di Pozzuoli con le colonne dove si rinvengono fila di fori prodotti dai datteri di mare, molluschi capaci di corrodere le rocce calcaree. Si rende così possibile evidenziare i vari livelli del bradisismo nei secoli (fonte: Istituto Nazionale di Vulcanologia)

Il fenomeno del bradisismo flegreo è ben noto: a partire dal IV secolo d.C. fino a tempi vicini a noi, è stato possibile ricostruirne l’andamento grazie ad osservazioni compiute sulle tre colonne marmoree ancora erette del Serapeo di Pozzuoli, riferibili all’età Tardo-Flavia (II sec. d.C.), destinata al macellum, il mercato pubblico. Sono molte le immagini storiche che lo ritraggono ora semi-sommerso dalle acque di mare, ora completamente all’asciutto. Sulle tre colonne di marmo cipollino si rinvengono a più livelli fila di fori prodotti da litodomi (ad esempio i datteri di mare), molluschi marini capaci di corrodere le rocce calcaree che vivono nella fascia compresa tra la bassa e l’alta marea e che, quindi, marcano il livello del mare nel passato. La datazione di queste fila di fori ha consentito la ricostruzione delle oscillazioni del livello del mare nel tempo, dovute all’alternarsi di fasi di sollevamento e di abbassamento del suolo per effetto del bradisismo.

Andamento del sollevamento dell’area dal 2005 ad oggi (fonte: Istituto Nazionale di Vulcanologia)

Dai primi anni del secolo scorso le tecniche di livellazione geodetica e più recentemente i dati satellitari consentono di stimare con assoluta precisione le variazioni del terreno e quindi monitorare il fenomeno del bradisismo.
La caldera flegrea e l’abitato di Pozzuoli, in particolare, sono stati teatro di violente crisi bradisismiche. In particolare, due significative, caratterizzate da migliaia di scosse di varia magnitudo, sono avvenute rispettivamente nei periodi 1970 – 1972 e 1984 – 1985, a seguito delle quali il suolo ha subito un sollevamento complessivo di circa 3,5 metri, generando gravi e diffusi danni agli edifici e un profondo disagio alle popolazioni. In seguito l’area calderica ha subito un generale abbassamento e una stasi simica che si è protratta fino al 2005, quando è iniziata una nuova fase di sollevamento che perdura tuttora.

Uno scatto che mette bene in evidenza la fumarola di anidride solforosa (foto di GiFri)

Nel mese di agosto 2023, nell’area di massima deformazione, il sollevamento ha subito un aumento consistente. Qualche giorno fa, i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Vulcanologia hanno evidenziato che il sollevamento globale dal 2005 ai nostri giorni ha superato di ben 20 centimetri quello massimo registrato nella crisi bradisismica del 1984, evidenziando, se ce fosse ancora bisogno, l’eccezionalità e la gravità della crisi che sta vivendo l’area flegrea. In questi ultimi giorni la velocità di sollevamento sta diminuendo con valori di 15 millimetri al mese. Questa fase di rallentamento, sebbene positivo, non deve far pensare alla fine della crisi: il bradisismo continua e continuerà, come è storicamente provato. Pertanto è necessario conviverci, con il pericolo di eruzioni vulcaniche in uno dei più grandi complessi vulcanici attivi del mondo. Si rendono, perciò, necessari interventi di mitigazione del rischio e di salvaguardia dell’ambiente antropico. Azioni quali: un accurato piano di evacuazione delle popolazioni da attivare a seguito della recrudescenza dei fenomeni bradisismici e di eventuali eruzioni vulcaniche; studi dettagliati del territorio e della vulnerabilità sismica degli edifici, da aggiornare periodicamente; potenziamento dei piani di monitoraggio sismico dell’intera area flegrea e delle aree circostanti; il rafforzamento e il rispetto delle misure previste nel Piano di Protezione Civile delle aree flegree, con un possibile allargamento della zona rossa; in ultimo, ma importante, un piano di comunicazione finalizzato a far conoscere i diversi rischi nelle aree flegree e le relative azioni di salvaguardia previste nei piani della Protezione Civile.

Immagine di apertura: la Solfatara di Pozzuoli (foto di Nerbert Nagel)

Nato a Cosenza, laureato in Scienze Geologiche presso l’Università La Sapienza di Roma è Professore Ordinario di Geologia Applicata nella Scuola di Ingegneria dell'Università degli Studi della Basilicata, dove insegna Geologia Applicata. Autore di circa 190 lavori scientifici sulle tematiche di valutazione e di tutela del rischio idrogeologico e ambientale, è stato Editor di alcuni volumi riguardanti tematiche di rischio geologico.

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