Milano 27 Novembre 2021

Lo scorso anno, in piena pandemia e con il traffico aereo ridotto, all’aeroporto di Londra la Polizia sequestrò sei valigie sospette, che una passeggera aveva spedito come bagaglio. Ottenute le autorizzazioni di rito, gli agenti le aprirono e il contenuto li lasciò di stucco: c’erano solo ed esclusivamente banconote. In tutto quasi due milioni di sterline, pari a 2,3 milioni di euro. Ovviamente il denaro venne immediatamente requisito, in attesa di spiegazioni da parte dell’intestataria del bagaglio. L’episodio, riportato dall’Economist, ha rappresentato il sequestro di contante più consistente dell’anno nel Regno Unito.

In tutto il mondo si registra un aumento della circolazione delle banconote, nonostante che i pagamenti avvengano sempre di più con carta di credito. il fenomeno non ha una spiegazione univoca (foto Pixabay)

Ma al di là della curiosità statistica, il caso del denaro in valigia offrì lo spunto ai redattori del prestigioso settimanale inglese per svolgere un’inchiesta giornalistica sulla circolazione del denaro contante. Anzi, su un fenomeno che molti economisti avevano già definito come “il paradosso delle banconote”, vale a dire la sempre maggiore diffusione in tutto il mondo delle banconote in circolazione, nonostante la diminuzione dei pagamenti in contanti dovuta all’uso delle carte di credito. Ebbene, le indagini fatte e le dichiarazioni di economisti ed esperti sullo spinoso argomento non hanno portato ad una risposta certa e univoca. Insomma, il paradosso è rimasto insoluto ed è destinato a rimanerlo ancora a lungo. Sono emerse però varie informazioni, supportate da dati statistici. Per esempio, la Bce (la Banca centrale europea) ha certificato che nel 2020 i pagamenti in euro senza l’uso del contante sono cresciuti dell’8,7%, ma la gran parte delle transazioni (tra il 70 e l’80% del totale) ha continuato ad essere perfezionata con lo scambio di banconote.

La circolazione del contante viene in gran parte riferita ad affari illeciti, o comunque a pagamenti in nero, ma non è una spiegazione sufficiente (foto di Dom J)

Come si spiega, dunque, tanto attaccamento al denaro fisico, cioè alle banconote? Le risposte sono molte, tutte altrettanto valide ma senza che alcuna di esse prevalga sulle altre. La più “gettonata” (ed anche la più scontata) è quella che lega strettamente l’uso del contante alle attività illecite, come i pagamenti “in nero” o addirittura utilizzando denaro proveniente da furti, rapine, strozzinaggio e ricatti. Se così fosse, gli sforzi dei governi e delle banche centrali dovrebbero essere concentrati nella lotta al crimine e, soprattutto, con un’azione concertata a livello mondiale, molto difficile da realizzare. Quello che si può fare è cercare di limitare il fenomeno, magari attraverso la riduzione delle banconote di grosso taglio. In proposito la Bce ha già interrotto la produzione dei biglietti da 500 euro. Ne sono però rimasti in circolazione almeno 400 milioni di pezzi, che si aggiungono a quelli da 200 euro, che sono circa 750 milioni. Va inoltre osservato che, nell’ipotesi che Usa ed Europa dovessero eliminare le “pezzature” di queste dimensioni, le organizzazioni criminali internazionali abbandonerebbero immediatamente dollari ed euro per concentrare i loro traffici su altre monete. Magari utilizzando le criptovalute, in particolare quelle, come il Bitcoin, che sfuggono al controllo delle banche centrali.

Le banconote sono anche considerate una riserva di valore, da tenere in casa senza il costo aggiuntivo della gestione del conto bancario (foto di Disha Sheta)

Sono state tuttavia individuate altre motivazioni che potrebbero dare una risposta al paradosso delle banconote. Quella che più convince è la caratteristica che le principali monete – dall’euro al dollaro, cui si potrebbe aggiungere il franco svizzero – rappresentano né più né meno che una riserva di valore. La gente, insomma, è indotta a tesaurizzare le banconote, tenendole in casa o nelle cassette di sicurezza, semplicemente perché, depositandole su un conto corrente, non produrrebbero alcun rendimento e in più si sosterrebbero le spese per la gestione dello stesso conto. L’unico rischio è che dopo molto tempo (decenni se non secoli) potrebbero essere messe fuori corso.

Infine, non si può dimenticare che tra gli scopi delle banche centrali c’è anche quello di garantire la disponibilità di contante alle istituzioni finanziarie (anche soltanto per rifornire i distributori automatici). E le stesse istituzioni manterranno viva la domanda fino a quando ci saranno richieste da parte della loro clientela.

Immagine di apertura: foto di Tima Miroshnichenko

Nato a Rivanazzano Terme (Pavia) è giornalista professionista dal 1977. Per quasi trent'anni alla redazione Economia del "Corriere della Sera", è tuttora titolare della rubrica quotidiana sulla Borsa Valori. Prima di approdare nel 1986 a via Solferino, è stato Caporedattore a "Il Mondo" e in precedenza ha lavorato al "Sole24ore" e alla "Gazzetta del Popolo" di Torino. Tra i suoi libri, "Guida facile alla Borsa", Sperling & Kupfer (tre edizioni, l'ultima nel 2000) e "Meno Agnelli, più Fiat, cronaca di un cambiamento", Daniela Piazza Editore, 2010.Nel 2019 per Mind Edizioni è uscito il suo ultimo libro, "Difendi i tuoi soldi. Capire prima di investire".

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