Barga (Lucca) 27 Giugno 2023

Con la mostra Bruno Cordati. Il tempo della guerra e il tempo della vita, inaugurata il 27 maggio, la Fondazione Ricci continua la sua missione d’inserimento dell’arte della Valle del Serchio nella stagione artistica del Novecento, proseguendo nella valorizzazione del patrimonio culturale e storico di Barga e del suo territorio.

Barga (Lucca) con le Apuane sullo sfondo in un’immagine del 1962 (foto di Paolo Riani)

In questa cittadina della Garfagnana, in provincia di Lucca, riconosciuta come uno dei borghi più belli d’Italia, Cordati nacque nel 1890 e lì visse, tranne brevi soggiorni a Budapest, a Parigi e quattro anni in Bulgaria, fino alla sua scomparsa nel 1979. Ma la storia dell’artista si intreccia con quella di chi scrive, visto che io a Barga sono nato. Mio nonno Amedeo emigrò, come tanti, negli Stati Uniti nel 1887 su una nave a vapore, la Kaiser Wilhelm II, lavorò duramente, ebbe successo e costruì insieme ai fratelli una catena di ristoranti, i famosi Pieroni’s di Boston. Nel 1925 ritornò a Barga e si fece costruire una casa. Voleva che fosse la più bella e che avesse una torre. Affidò a Bruno Cordati, allora giovane artista, il fregio sotto la gronda e le belle decorazioni che ornavano le stanze all’interno: una a grappoli d’uva, un’altra con ninfee bianche appoggiate sulla superficie dell’acqua luccicante. Nella sua camera da letto c’era una ghirlanda di glicini e una riga sottile d’oro scandiva le pareti azzurre. Era una casa dai soffitti alti ed ornati, il cui ricordo è ancora vivo, e non per caso rimane il luogo dove molto spesso sono ambientati i miei sogni.

Bruno Cordati “Riposo”, olio su tela, cm 57X75 (Collezione Famiglia Pieroni)

Quando la casa fu finita il nonno comprò da Cordati tre quadri per la sala, attualmente esposti nella mostra appena inaugurata: Dall’altana, Riposo e Dorme sulle scale. Sono sempre stati lì, al centro della parete lunga di quella stanza dove andavo a studiare nell’estate perché fresca e silenziosa. Dall’altana (vedi immagine di copertina) mi è sempre piaciuto. C’è la luce chiara, l’aria pulita della mia Barga e le due ragazze sono serene, innocenti, dolci, dipinte con mano leggera, con tenerezza, con un po’ di quella armonia che animava l’universo dell’artista. Mio padre, un pilota militare da caccia nella Regia Aeronautica, nel 1944 era tornato a casa in attesa che la guerra finisse; non aveva più senso volare. Allora impiegava il suo tempo a dipingere nella torre di quella casa, dove la luce, che entrava da Nord, spingeva sulle tele i chiaroscuri rubati alle falde della Pania e degli Appennini lontani. Leggeva i libri proibiti della hard generation: Steinbeck, Dos Passos, Kerouac, Hemingway. Conosceva Cordati e di tanto in tanto lo andava a trovare nello studio della vecchia Barga e mi portava con sé.

Bruno Cordati “Dorme sulle scale”, olio su tela, cm 57X75 (Collezione Famiglia Pieroni)

Avevo sei o sette anni. Il mio naso arrivava appena all’altezza del tavolo dei colori, ma ho un ricordo vivo di quelle visite, affascinato dall’atmosfera dello studio, fra cavalletti sparsi, pennelli, colori, immagini, luce e svolazzi di stoffa. C’era una sedia disposta contro un fondale drappeggiato per chi posava come modello per un ritratto. Lo studio aveva un odore piacevole, del ginepro misto al burro di cacao della tempera grassa e dell’acqua ragia. Una volta Cordati ci fece vedere un quadro dove in un angolo aveva dipinto due figure nere, forse due foche, con occhi gialli e lunghi baffi, completamente estranee al soggetto del quadro. «Ho provato a essere surrealista – spiegò – ; è un esperimento». Il babbo era incerto. «Non ti piace vero? A te piace più questo?» aggiunse Cordati indicando un altro quadro, l’Attesa, che raffigurava la sera di uomini stanchi attorno a un tavolo. Era una pittura molto realistica, forse di qualche anno prima. Ricordo che mio padre scosse la testa e disse: «Quella no. Ma quella, piuttosto» indicando le figure sfumate nella magica luce del mattino di Giochi di ragazze. Cordati sorrise. Fui d’accordo anche io.

Bruno Cordati, “L’attesa”, 1925-1930 ca, olio su tela, cm 140X160 Collezione privata

Nel febbraio dell’anno 2000, mezzo secolo dopo, vivevo a New York dove dirigevo l’Istituto Italiano di Cultura. In occasione della visita di una delegazione della Provincia di Lucca riuscii ad avere proprio quel quadro che esposi con molto successo e molta nostalgia nella parete d’onore dell’Istituto. Estraggo dal catalogo, a cura di Anna Maria Zampolini, Marzia Ratti e Cristiana Ricci, le note che seguono: «La cronologia si orienta prevalentemente intorno alle opere fra gli anni Venti e Trenta e arriva fino agli anni Quaranta, continuando a osservare l’evoluzione del genere del ritratto da parte dell’autore».

Bruno Cordati, “Autoritratto giovanile”, 1912-1915 ca,, olio su tela, cm 59X51 (Collezione Cordati- Rosaia)

Bellissimi fra gli altri un autoritratto giovanile (1912-15) e il ritratto della moglie Tilde, degli anni Venti. La pittura di Cordati rispecchia l’evoluzione artistica del Novecento, passando da un figurativo raffinato ad un avvicinamento, nel dopoguerra, all’arte informale.
Nell’ultima sezione della mostra sono esposte le opere tra gli anni Sessanta e Settanta, a dimostrazione del percorso non solo artistico, ma di vita di un pittore che fece della sperimentazione una sfida quotidiana con se stesso per il suo modo di intendere la pittura in chiave esistenziale. C’è poi una sezione dedicata al “Talento di Bruno Cordati” come decoratore. Un’attività che lo accompagnò per un tratto del suo lungo percorso, ma rimasta poco conosciuta fino al 2021 quando è stata approfondita nell’analisi, curata da Cristiana Ricci, delle decorazioni esterne e interne dei molti villini costruiti a Barga, tra gli anni Venti e Trenta del Novecento, da emigranti che ritornavano al paese dove erano nati dopo una vita fatta di lavoro e fatic. Queste decorazioni di interni, pur nel loro contesto privato e quindi in ambiti limitati, assumono una vera valenza artistica.

Immagine di apertura: Bruno Cordati, Dall’altana, olio su tela (Collezione famiglia Pieroni)

  • le foto del servizio sono di Caterina Salvi Westbrook
Toscano di origine, architetto e urbanista, ha vissuto nel mondo lasciando segni un po’ dappertutto. Ha progettato e costruito edifici a Tokyo, New York, Boston, Los Angeles, Mosca, Riyadh e naturalmente in Italia. Professore associato alla Columbia University, School of Architecture a New York (1970/1974) e professore di composizione architettonica presso la facoltà di Ingegneria dell’Università di Pisa (2004/2015). Senatore della Repubblica (1994/1997). Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a New York (2000/2003) è anche scrittore, fotografo e autore di diversi libri di architettura e di viaggi.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.